Il libro della Genesi, che contiene il racconto del primo peccato, offre l'occasione di letture diverse. Uno degli aspetti di questa colpa originaria fa riferimento al desiderio della conoscenza, che nel cuore dell'uomo è insaziabile. È un vero esploratore dei misteri delle cose questo Adam che si muove nel giardino di Eden ed è su questa sete che gioca il serpente tentatore. La conoscenza è vissuta come una ribellione a Dio: se tu conosci di più, sarai simile a Dio e non ne avrai più bisogno. VITA PASTORALE N. 10/2015
Immacolata concezione della B.V. Maria
Gen 3,9-15.20
Ef 1,3-6.11-12
Lc 1,26-38
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SICURA E PREMUROSA
La pagina della Genesi, che oggi si legge, mostra il risultato più evidente di questa conoscenza rubata, ed è la consapevolezza del limite: Adam si accorge di essere nudo e se ne vergogna. La vergogna produce il desiderio di nascondersi, non fa nascere il desiderio di riconciliarsi con Dio, ma di allontanarsene ancora di più. Le parole della Bibbia, che concludono il racconto portano l'annuncio di una riconciliazione tra l'uomo e Dio, di una ritrovata dignità dell'uomo, della fine della vergogna.
Conoscere senza Dio o contro di lui. È sempre attuale la tentazione di pensare che la presenza di Dio rappresenti un limite alla consapevolezza dell'uomo. Il pensiero che Dio rappresenti un limite alla propria realizzazione è antico come lo è l'uomo e non è segno di chi sa quale modernità di pensiero. La Bibbia suggerisce che si può conoscere come conosce Dio senza sostituirsi a lui, ma per vedere le cose come le vede lui. Se io conosco me stesso con gli occhi di Dio, mi conosco come sua immagine e somiglianza, re e custode del creato; e non come un essere fragile, limitato...
La mia umanità si esalta e non è costretta a nascondersi, come avviene spesso nelle nostre società così evolute. Rinunciando a ogni semplificazione, non si può negare che questo mondo senza Dio, che si vuole costruire, non sia né bello e né giusto; anzi qualche volta ci fa vergognare. Dio, avvisa la prima pagina della Bibbia, non si fa cacciare via e non per essere attaccato alle sue prerogative, ma per esserlo all'umanità.
È il disegno di Dio, che non rinuncia al suo progetto, a essere oggetto dell'inno di Paolo nella lettera agli Efesini. Fin dall'inizio della creazione, il suo disegno per l'uomo è una benedizione. Le parole di Paolo sono un atto di fede, perché lo vedono impegnato nel rintracciare nelle vicende della sua vita, di quella della sua comunità e, infine, di quella di tutta l'umanità, le tracce della benedizione divina. La benedizione è evidente in Gesù e si realizza, per noi, nell'essere figli di Dio. L'uomo che si nasconde davanti al suo creatore, è per volontà di Dio che lo ha creato un figlio e Dio recupera, per mezzo di Gesù, questa relazione, ancora più straordinaria di quella perduta con il peccato di Adamo.
Il peccato è la difficoltà, quando non si tratta di vera impossibilità di ritrovare nella nostra vita le tracce di Dio. Quando questo non è possibile, ci si trova smarriti e senza orizzonti, è questa una maledizione. Maria è per un cristiano il segno della benedizione, è la prima a ritrovarsi sulla strada di Dio, a credere nel suo disegno, a diventare casa per lui e a donarlo al mondo, perché ogni uomo possa ritrovarsi nel disegno di Dio, sentirsi benedetto e imparare a benedire. Paolo disegna bene questa condizione di vita benedetta, quando ne parla come lode e gloria. Una vita gloriosa e benedetta è la vita di chi ritrova le tracce di Dio.
In quel tempo, così inizia la pagina di Luca, tempo di imperatori, di tetrarchi e di governatori, Dio visita una ragazza, in un paese di confine ai confini della regione fra le più insignificanti dell'impero e anche più lontana dalla fede sicura di Gerusalemme. Man mano che il racconto procede, il fuoco si stringe su una storia banale, quella di due ragazzi promessi sposi, il primo a essere nominato è Giuseppe e poi si resta con lo sguardo fisso su Maria. Il redattore conduce l'attenzione dalla storia che conta a questa ragazza, che si sente chiedere come premessa di ogni altra cosa, la gioia, che poi significa prendere coscienza che il Signore è con lei.
Che il Signore sia presente lo racconta a Maria il suo stesso cuore, che conosce il timore della presenza di Dio. Non una presenza di cui deve aver paura, non deve temere la vicinanza di Dio, anzi deve collaborare con lui. E perché la presenza sia per tutti, sarà madre di Gesù. La pagina contiene dubbi, paure, incoraggiamenti e, soprattutto, il segno che la presenza di Dio è vera, che non è una fantasia. Il Vangelo offre due segni soprattutto: il primo è quello della vita, che inizia nel grembo di Elisabetta; il secondo, non meno importante perché conferma la verità delle parole di Gabriele, è la fede gioiosa di Maria, che crede che il Signore sia con lei e per questo accoglie il progetto d'essere madre.
Nella vertigine del racconto, che supera la grande storia per entrare nella piccola casa dove Maria si prepara a essere sposa di Giuseppe, c'è la vertigine della storia di ogni persona, che scopre la presenza di Dio nella sua vita. C'è anche la missione di ogni credente, che è quella di aumentare la presenza di Dio, di renderlo presente in tutto e in tutti. Stupore, paura, coraggio e fede sono presenti nel cuore di ognuno, ma i segni sono per tutti la vita, la gioia e la fede. Maria resta in questo la maestra sicura.
(commento di Luigi Vari, biblista)
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Immacolata concezione della B.V. Maria
ANNO C - 8 dicembre 2015
MARIA, LA MAESTRA