Enzo Bianchi
ASCOLTATE IL FIGLIO AMATO!
Il vangelo festivo (Anno B)
Edizioni San Paolo, 2008
• Isaia 43,18-19.21-22.24-25 • 2 Corinzi 1,18-22 • Marco 2,1-12
IL POTERE DI PERDONARE
La predicazione e l'attività guaritrice di Gesù sembrano conoscere, agli inizi del suo ministero pubblico, un grande successo: «tutti lo cercano» (cfr. Mc 1,37), parlano con ammirazione di lui; ma Gesù si nasconde e si muove quasi in incognito, rifuggendo ogni esaltazione e ogni ricerca di acclamazione popolare. Aveva detto al lebbroso guarito: «Guarda di non dire niente a nessuno!» (Mc 1,44), ma costui era corso a divulgare il fatto (cfr. Mc 1,45): a dispetto della sua volontà, la fama di Gesù sembra crescere inarrestabile... Così, quando Gesù ritorna a Cafarnao, nella casa da lui condivisa con i discepoli, una folla enorme accorre per vederlo e ascoltarlo: «si radunarono tante persone, da non esserci più posto neanche davanti alla porta».
Ma anche in questa circostanza Gesù fa spazio all'incontro con un uomo segnato dalla malattia, un paralitico. La menomazione fisica di questa persona sarebbe tale da impedirgli di avvicinarsi a Gesù, ma altri quattro uomini lo accompagnano e lo aiutano: per consentirgli di incontrare quel rabbi e profeta di Galilea, scoperchiano il tetto della casa e lo calano dall'alto. Ed ecco che Gesù, pur circondato dalla folla e intento ad annunciare la parola di Dio, vede quel gesto di solidarietà, quel gesto umano carico di amore compiuto dagli amici nei confronti del paralitico. In questo atto così semplice Gesù discerne il loro desiderio di vita piena per un altro e, insieme, la grande fiducia che li muove; senza indugio, dunque, decide di incontrare quel paralitico e di guarirlo.
Nel fare questo, però, egli vuole anche svelare ai suoi interlocutori il senso profondo del suo operare guarigioni. L'agire di Gesù, infatti, non si limita mai a restituire l'integrità fisica al malato, ma è di per sé promessa e dono di vita piena, di vita quale pienezza di comunione con gli uomini e con Dio. Sì, ogni guarigione operata da Gesù è liberazione dalla malattia, dal peccato e, in definitiva, dalla morte. È per manifestare questo che egli afferma: «Figlio, ti sono rimessi i tuoi peccati».
All'udire queste parole, alcuni uomini religiosi presenti, autorevoli interpreti delle Sante Scritture, si indignano e si scandalizzano: a loro giudizio Gesù sta bestemmiando, perché Dio solo può perdonare i peccati (cfr. Es 34,6-7; Is 43,25; 44,22)! Questa è la reazione tipica degli uomini religiosi: essi non ascoltano mai, non vivono nell'attesa di una possibile parola di Dio, perché credono di possederla già tutta e di conoscerne l'applicazione adatta a ogni circostanza; non accettano che le proprie dottrine e i propri schemi siano posti in discussione... Resosi conto della mal celata irritazione di questi scribi, Gesù si rivolge a loro apertamente, con una domanda retorica che, di fatto, li provoca a interrogarsi sulla sua identità, sul suo essere o meno un profeta autentico, un uomo capace di praticare e insegnare la volontà di Dio: «Che cosa è più facile, dire al paralitico: Ti sono rimessi i peccati» - evento che solo gli occhi della fede possono riconoscere - «o dire: Alzati, prendi il tuo lettuccio e cammina?». Segue la rivelazione decisiva: «Perché sappiate che il Figlio dell'uomo ha il potere sulla terra di rimettere i peccati, ti ordino - disse al paralitico - alzati, prendi il tuo lettuccio e va' a casa tua».
Gesù è il Figlio dell'uomo, cioè quella figura messianica inviata da Dio per realizzare compiutamente le sue promesse: se Dio aveva promesso di perdonare i peccati (cfr. Ger 31,34; 33,8; 36,3), ecco che questo avviene puntualmente attraverso Gesù. «Il regno di Dio si è avvicinato», è una forza ormai operante in Gesù, che quando libera dal male, libera anche dal peccato e dal potere del demonio; quando risana il corpo, guarisce anche il cuore. E Gesù ci chiede non solo di credere teoricamente alla remissione dei peccati, ma di vivere tale fede nella nostra quotidianità: credere alla remissione dei peccati, infatti, significa assumere e portare il fratello debole e peccatore, così come ci si fa carico di un fratello malato, e accettare a nostra volta di essere portati da chi ci sta accanto...
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