Crisi, crisi, e poi ancora crisi. Non sentiamo parlare d'altro, non parliamo d'altro. Giustamente, perché in tanti hanno perso la fiducia in un benessere sempre a portata di mano, perché per tutti il futuro è avvolto in una coltre d'incertezza e di dubbio, perché sono diventati troppi ormai, anche nel nostro mondo opulento, quelli a cui restano solo gli occhi per piangere. Gli squali della finanza e gli avvoltoi della speculazione sono i mostri di un immaginario costruito dal martellante incalzare dei media, ma reso oppressivo anche dal quotidiano scambio di esperienze tra amici. Il periodo festivo, poi, fa come da cassa di risonanza di una lamentazione sorda che accompagna l'inizio di un anno gravido di preoccupazione. VITA PASTORALE N. 11/2011
Maria SS. Madre di Dio
Num 6,22-27
Gal 4,4-7
Lc 2,16-21
UN ANNO GRAVIDO
DI PREOCCUPAZIONE
In tempi di crisi, l'anelito religioso cresce proporzionalmente al bisogno di soccorso. Per la tradizione cattolica, erede privilegiata di antichissime memorie legate alla figura della madre, questo significa che il ricorso a colei che dà e conserva la vita diviene ancora più prepotente. Sono tempi in cui le Chiese che confessano il nome di Gesù sono chiamate a intensificare il loro impegno e la loro testimonianza. Nella sollecitudine nei confronti di coloro che della crisi non sanno forse parlare con termini in inglese, ma ne portano quotidianamente le stigmate nella propria carne. Dimenticare, però, l'impegno dell'annuncio sarebbe quanto mai grave: non è vero che i momenti di crisi sono unicamente tempi del fare, anche se è molto vero che predicare, mestiere già di per sé quanto mai arduo, richiede nei tempi di crisi accortezza e sensibilità ancora maggiori.
Parlare di Maria è banco di prova della predicazione ecclesiale ed è meno facile di quanto lascino pensare irrefrenabili fiumi di parole che inondano i circuiti comunicativi religiosi. Troppo spesso di Maria si parla senza pudore né rispetto. Forse perché è donna, e la nostra cultura misura il suo radicale androcentrismo anche su come è capace di parlare delle donne. Chi di noi è più avanti negli anni ha studiato nel catechismo della prima comunione che Dio è l'essere perfettissimo, creatore e signore del cielo e della terra.
Dunque, riconoscere che Maria è la madre di Dio risulta, inevitabilmente, un po' complicato. È vero che la fede non è il risultato di un esercizio di consequenzialità logica, però è anche vero che i contenuti della fede non dovrebbero neppure risolversi in giochi di parole che, alla fin fine, non sono in grado di dire nulla di sensato.
Da questo punto di vista, la storia del pensiero teologico attesta che le affermazioni su Maria rappresentano davvero un ambito privilegiato per verificare la qualità dell'intelligenza della fede.
La liturgia della Parola per la festa della Madre di Dio colpisce allora proprio per la sua riflessiva sobrietà. Delle tante immagini del Dio biblico, la benedizione del libro dei Numeri ce ne offre una particolarmente efficace per la sua straordinaria impotenza. L'essere perfettissimo del catechismo è colui che, attraverso Mosè e Aronne, pronuncia parole di benedizione. È il Dio che custodisce, che fa grazia, che concede pace. Il Dio che non nasconde il suo volto, che si rivolge al suo popolo, il Dio della vicinanza, non della distanza. Per Paolo è essenzialmente il padre che ha ormai spartito tra i figli la sua eredità, perché per lui la pienezza del tempo è definitiva pienezza di grazia. Per Luca, infine, il nome che Dio ha voluto per il suo Messia è "Dio salva" e la sua prima manifestazione è epifania di gioia per dei poveri pastori.
La maternità di Maria, ci suggerisce la liturgia, va dunque capita a partire proprio da qui. Come per tutti gli uomini che vengono al mondo, anche per il Dio-con-noi il corpo di una donna e l'appartenenza a un popolo rappresentano le condizioni necessarie per entrare nella storia. Arrivare a riconoscere in questa "normalità" l'avvento di Dio e la sua signoria sulla storia chiede però lo sforzo di una fede non credulona. Di questa fede che non cede a fantasie mitologiche è testimonianza il racconto lucano della nascita e Maria ne offre una raffigurazione tanto sobria quanto potente. Cos'altro si può fare, infatti, di fronte alla definitiva epifania di Dio nella storia attraverso il suo Messia, se non custodire nel proprio cuore gli eventi e meditarne insistentemente il significato? In fondo, la maternità di Maria stabilisce una sorta di confine oltre il quale non dovrebbe essere possibile andare.
Maria è madre di un Dio che manifesta sé stesso ai poveri ed è madre di un Dio crocifisso. Dall'inizio alla fine, la parabola della sua maternità riproduce il ribaltamento di ogni logica di potere religioso convenzionale, perché Maria, diversamente da ogni madre di faraoni e imperatori, è icona dell'ordinario e non dello straordinario, vive nella marginalità e, dalla mangiatoia alla croce, è testimone di un Dio che ha compiuto la sua scelta definitiva e irrevocabile in favore di ciò che il mondo disprezza. Di questo avvento di Dio nella storia Maria è testimone attenta e guardinga, modello forse per una predicazione preoccupata, oltre che dei contenuti, anche dei toni, per essere capace di far risplendere il volto di Dio perché conceda pace.
(commento di Marinella Perroni, docente di N.T.)
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Maria SS. Madre di Dio
ANNO B - 1° gennaio 2012