Immacolata concezione della B.V. Maria




ANNO B - 8 dicembre 2011
Immacolata concezione della B.V. Maria
Gn 3,9-15.20
Ef 1,3-6.11-12
Lc 1,26-38

AFFIDIAMO A MARIA
ANGOSCE E SPERANZE

Chi conosce un po' la storia cristiana sa che molte delle sue pagine sono state scritte dalla riflessione sull'Immacolata concezione di Maria. Prima di arrivare alla promulgazione dogmatica, alla fine del XIX sec., se ne è parlato e discusso per secoli. Al successo di questa rappresentazione di Maria hanno contribuito fattori tra loro molto diversi e a questo si deve la complessità di un'idea e di un simbolo in cui convergono sia bisogni umani profondi sia studiate strategie ecclesiali. Tutto questo ha contribuito a promuovere un'immagine, un culto, una riflessione teologica, una proclamazione dogmatica, un complesso di elementi che sono raffigurazione potente, perché emblematica, del femminile.
Nel momento storico segnato dall'ingresso in scena delle grandi masse popolari era inevitabile che, proprio riguardo a Maria, la disquisizione concettuale abbia dovuto fare i conti con un'esigenza prepotente di tradurre la dottrina in vita, la redenzione in giustizia, la salvezza in salute del corpo, oltre che dell' anima, e che questo avvenisse scegliendo come simbolo di un'umanità inviolata quanto è, per sua stessa natura, violabile, cioè il corpo di una donna.

Significativa al riguardo è la discussione, a parti invertite, tra teologhe cattoliche e teologhe protestanti, perché mette in luce che la raffigurazione dell'Immacolata concezione, nel momento in cui conferma l'impianto patriarcale della tradizione ebraico-cristiana, ne mina però anche le stesse fondamenta. La "dolce Signora" delle apparizioni accredita e rafforza la svolta romantica che, in reazione al trionfo della ragione positivista e rivoluzionaria, attribuisce alla famiglia e alla "cura" il ruolo di difesa della cristianità. Pretendere di ricondurre il patrimonio della riflessione teologica cristiana a sottili trame razionaliste è progetto destinato a fallire: in modo prepotente, Maria s'impone non solo come colei a cui chiedere protezione dai nuovi nemici della cristianità, ma soprattutto come colei che si prende cura dei bisogni e delle sofferenze dei singoli e dei popoli, colei a cui affidare afflizioni e malattie, angosce e speranze.

Nessuno può negare che alla base dell'enorme diffusione della devozione all'Immacolata ci sia un equivoco: mentre la riflessione teologica, che aveva alle spalle una lunga tradizione razionale, arrivava a postulare e articolare una raffinata trama concettuale per garantire che il contenuto del dogma mariano fosse in linea con l'impianto dottrinario cristiano, la devozione popolare, alimentata con forza dalle apparizioni mariane, gettava le sue radici nella convinzione che la forza santificatrice di Maria stava tutta nel suo concepimento verginale.

Qualsiasi sondaggio ci confermerebbe anche oggi che la figura dell'Immacolata non rimanda, come recita la storia della proclamazione dei dogmi, al ruolo di Maria nell'economia della salvezza, che trova nel suo essere stata preservata dal peccato originale il suo necessario riscontro, ma evoca piuttosto il concepimento verginale da parte di Maria. Insieme, storia del pensiero teologico e storia della devozione attestano allora che la figura dell'Immacolata prende senso solo nell'intersezione tra concezione e concepimento. Potremmo dire: tra azione di ricevere la vita e azione di dare la vita, al cuore cioè di ciò che definisce e specifica il femminile. La potenza del simbolo sta nel fatto che questa ambivalenza tra passività dell'essere stata concepita e attività del concepire può essere ricondotta al desiderio che la vita conservi, sempre e comunque, una sua irriducibile inviolabilità.

I testi biblici scelti per la memoria liturgica dell'Immacolata concezione ci confermano che, in Dio, l'inizio e la fine della vita di tutti e di ciascuno sono salvaguardati dalla violazione. L'inno cristologico che apre la lettera agli Efesini ci ricorda che c'è un "prima" della creazione del mondo e che la vita non comincia quindi sotto il segno della violazione, ma sotto quello della predestinazione allo «splendore della sua grazia». Dal canto suo, il racconto della caduta primordiale del libro della Genesi ci aiuta a ricondurre l'esperienza, puntuale quanto complessiva, dell'intreccio tra vita e morte, luce e tenebre, bene e male, a cui nessuno dei viventi può sottrarsi, a una frattura originaria di cui però la madre di tutti i viventi porta su di sé le stigmate, ma anche la promessa della vittoria finale.
Il racconto della visita di Dio attraverso il suo angelo nella casa di Maria e l'annuncio del suo concepimento verginale afferma invece con forza la speranza che nulla è impossibile a Dio, neppure il riscatto della vita umana da ogni forma di violazione.

Di fronte alla "dolce Signora" hanno pregato milioni di persone. Tra loro, moltissime donne che hanno sperimentato che il mistero della generazione della vita e della salvaguardia della specie passa, inevitabilmente, attraverso la violazione del corpo delle donne. Se poi è vero che nel mondo occidentale avviene uno stupro ogni sette secondi, molte di quelle donne, forse, hanno sperimentato che il peccato si accanisce contro il corpo delle donne. A tutte, l'Immacolata racconta un'altra storia, quella possibile a Dio, in cui la grazia precede il peccato ed è più forte del peccato.
VITA PASTORALE N. 10/2011
(commento di Marinella Perroni, docente di N.T.)

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