Nuova evangelizzazione e corresponsabilità



Il diaconato in Italia n° 168
(maggio/giugno 2011)

CONTRIBUTO


Nuova evangelizzazione e corresponsabilità
di Giovanni Chifari


Le radici piantate
Una croce piantata nel solco della storia, seme pronto a germogliare per frutti di resurrezione e di pace. Crocevia di un percorso che mediante le Scritture ci vede camminare nelle vie del Signore e seguire i suoi sentieri (cf. Is 2,3), riconoscendolo come verità fatta persona che attraverso l'amore, rinnova la storia dei popoli e delle nazioni. È questo lo scenario dove si colloca la prima ricorrenza del termine "Nuova evangelizzazione" (=N.E.), pronunciato da Giovanni Paolo II in Polonia durante la prima visita apostolica. Il contesto è relativo alla cittadina Nowa Huta, simbolo di un progetto urbanistico ed industriale che doveva escludere anche iconicamente ogni riferimento a Dio. Intenzione resa vana dalla resistenza di un popolo che volle erigere una croce, quale segno della propria fede, evento sintetizzato dal Santo Padre con queste parole:
«Là dove si innalza la croce sorge il segno che v'è giunta ormai la Buona Novella della salvezza dell'uomo mediante l'Amore. Là dove s'innalza la croce, v'è il segno che è iniziata l'evangelizzazione... Con essa abbiamo ricevuto un segno, che cioè alla soglia del nuovo millennio - in questi nuovi tempi, in queste nuove condizioni di vita - torna ad essere annunziato il Vangelo. È iniziata una nuova evangelizzazione, quasi si trattasse di un secondo annuncio, anche se in realtà è sempre lo stesso. La croce sta alta sul mondo che volge»1.
Dobbiamo chiederci quanto queste parole riescano a legare la memoria degli eventi del passato con la profezia del tempo presente, nel quale lo Spirito continua a parlare alle Chiese (cf. Ap 2,7). Ma anche chiederci: cos'è cambiato? Cosa c'è di nuovo? Quale intelligenza spirituale del nostro tempo? Quale apporto del diacono permanente?
Quella croce innalzata vuole essere pertanto un segno, non una prova. Non significa invocare il vedere per credere, rinunciando alla fatica dell'ascolto e ai tempi dell'attesa, ma ritornare al contrario al primato dell'ascolto, come via per vedere, alla Parola per riconoscere l'opera di Dio; volgendo lo sguardo sul Crocifisso risorto che continua ad esercitare una forza di attrazione presso tutte le genti, lasciandoci consolare dalla sue Parola: «Il mondo non mi vedrà più e voi invece mi vedrete» (Gv 14,19).
Il "distacco da Dio", la "crisi della fede" e la scristianizzazione delle società antiche destinatarie del messaggio cristiano, rientrano certamente fra quelle «situazioni del tutto nuove» che secondo il Concilio avrebbero richiesto una rinnovata azione missionaria della Chiesa (cf. AG 6). Difficoltà palesi già nella prassi di richiesta dei sacramenti, specie del battesimo, molto richiesto ma poco compreso (cf. EN 52.56). L'osservazione dell'indebolimento progressivo e costante dell'evangelizzazione classica, «segno di una crisi di fede» (cf. RM 2), può essere tuttavia opportunità per riscoprire «un'evangelizzazione nuova nel suo ardore come primo servizio che la Chiesa può rendere a ciascun uomo e all'intera umanità» (cf. RM 11). Itinerario che richiede analisi e verifica dell'autocoscienza ecclesiale, di un'identità, servizio e missione, alla quale si chiede di mostrare il volto di Dio, il suo amore e la sua volontà di salvezza. Che si tratti di un tema di primo piano nella riflessione ecclesiale, lo dimostra la recente iniziativa del Pontefice Benedetto XVI, che con la lettera Ubicumque et Semper, in forma di motu proprio2, ha istituito un nuovo Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova evangelizzazione, al fine di studiare, approfondire e discernere come far udire ancora oggi la Parola del Signore, «lasciandosi rigenerare dall'azione dello Spirito, per una nuova pentecoste, nella grazia del Signore risorto».
Scelta che dovrà preparare alla XIII Assemblea Generale ordinaria del Sinodo dei Vescovi, che dal 7 al 28 ottobre del 2012, approfondirà il tema La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana. A tal proposito, il Consiglio Ordinario della Segreteria Generale per il Sinodo dei Vescovi, ha redatto dei Lineamenta (=L), inviati alle Chiese orientali cattoliche sui iuris e alle Conferenze Episcopali, perché si possa favorire la riflessione e la ricerca delle singole Chiese, predisponendo delle note che ogni vescovo potrà inviare entro il 1 novembre del 2011, che poi dovrebbero confluire nell'instrumentum laboris che guiderà e accompagnerà l'Assise sinodale.

Leggendo il testo
Dopo la vivace prefazione di mons. Nicola Eterovic, Segretario Generale, il testo presenta un'introduzione, che problematizza la questione relativa alla nuova evangelizzazione, per poi svilupparsi in tre capitoli: Tempo della nuova evangelizzazione (cap. 1) - Proclamare il vangelo di Cristo (cap. 2) - Iniziare all'esperienza cristiana (cap. 3), e la conclusione. Ogni sezione è introdotta da un brano biblico, rispettivamente (Rm 10,20; Rm 10,14; Mc 16,15; Mt 28,19-20) e si conclude con un'appendice di domande per la riflessione personale e comunitaria.
I Temi principali: ispirato dall'«assoluta centralità del compito dell'evangelizzazione per la Chiesa di oggi» (L 2), il testo riconosce che «la domanda circa il trasmettere la fede [...] deve divenire domanda su di sé». Autocomprensione ecclesiologica dell'essere Chiesa, che nasce dal riconoscimento di essere «sia frutto che agente di questa evangelizzazione» (L 3). Ammissione incoraggiante che potrebbe tradursi per tutti i suoi membri nella consolante e liberante scoperta di essere solo servi e strumenti di una missione che non ci appartiene, ma che è solo prolungamento dell'unica missione trinitaria nella quale ognuno è come innestato. Tale comprensione tuttavia richiede il discernimento della docile guida della Parola, il cui primato è accolto e segnalato dallo stesso documento, quando afferma che al cuore dell'annuncio vi è Gesù Cristo creduto e testimoniato, incontrato «mediante la Sacra Scrittura e la Tradizione viva della Chiesa, sotto la guida dello Spirito Santo» (L 13, nota 43). Trasmettere la fede significa quindi «trasmettere le Scritture, e massimamente il Vangelo, che permettono di conoscere Gesù, il Signore» (L 2). Un tale discernimento precede dunque la N.E., disponendola in un certo senso come un tempo nel quale sperimentare comunione e fraternità (cf. L 5, nota 14).
Servizio e missione che dovrà ripartire dalla «rilettura della memoria della fede» (L 5, cf. nota 15), in vista di «nuove responsabilità» e «nuove energie» per proclamare il Vangelo. La riflessione sugli scenari sociali, culturali, economici, politici, religiosi (L 5), malgrado presentino un orizzonte difficile e complesso, può essere letto secondo il documento «come un momento di crescita, in cui l'umanità impara a sviluppare nuove forme solidaristiche e nuove vie per condividere lo sviluppo di tutti al bene» (L 6, nota 23).
Una N.E. che il documento presenta come "missione" da abbracciare senza sufficienza e ripiegamento narcisistico, cercando sul piano pastorale di ipotizzare una conversione in senso missionario dell'azione ed anche stessa strutturazione delle comunità cristiane (cf. L 10, nota 32). Annunciare il Vangelo di Cristo, è un servizio (cf. RM 65), ma anche una missione che si estende in ogni ambito della vita dell'uomo, dalla famiglia, la scuola, la cultura, il lavoro, il tempo libero e gli altri settori della vita sociale (L 13). Diverse dunque le possibilità pastorali, che mirano non solo all'evangelizzazione ma anche alla formazione di diversi soggetti in grado a loro volta di farsi evangelizzatori nei loro ambiti di appartenenza (cf. L 13, nota 49).
Una N.E. che intende rilanciare e valorizzare gli strumenti della catechesi e del catecumenato, in particolar modo quello post battesimale che «ricorda costantemente a tutta la Chiesa la funzione dell'iniziazione alla fede. Richiama la responsabilità di tutta la comunità cristiana. Mette al centro di tutto l'itinerario il mistero della Pasqua di Cristo. Fa dell'inculturazione il principio del proprio funzionamento pedagogico; è immaginato come un vero e proprio processo formativo» (L 14, nota 61).
Infine è proposta un'analisi del mandato dell'evangelizzazione, soffermandosi sull'iniziazione cristiana come processo di evangelizzazione, evento che necessita il contributo qualificato di diversi soggetti, e che invita a percorsi di riflessione e ripensamento sull'intera prassi comunicativa. Al centro di questo processo una certa attenzione è data alla questione educativa.

Sul diaconato
In modo diretto il documento sulla N.E. fa riferimento al diaconato, nell'ultima domanda del terzo capitolo, in quella parte del testo dedicata alla «verifica di tutti i luoghi e le azioni di cui la Chiesa dispone per annunciare al mondo il Vangelo». Riportiamo per intero la domanda: «In che modo il ministero del diaconato, ripristinato di recente, ha trovato in questo mandato evangelizzatore uno dei contenuti della sua identità?» (L 22, domanda n. 30). La sottolineatura «ripristinato di recente», mentre da un lato da l'idea di una sorta di rodaggio che riguarda l'esercizio del diaconato, dall'altro delinea il cammino che c'è ancora da fare per una sua piena accettazione e comprensione. Quest'ultima passa certamente dall'analisi e approfondimento dell'identità teologica, sacramentale ed ecclesiale del diaconato permanente.
Il tratto che contraddistingue la «grazia fondamentale specifica» (ON 7) trova nell'ambito della missione e dell'evangelizzazione un luogo di esercizio della propria diaconia. Colpisce scorrendo il documento degli Orientamenti e Norme, che l'identità e il ruolo del diaconato sia a volte accostato al termine "disponibilità", che traduce la partecipazione «al servizio ecclesiale secondo la specificità e la misura dell'Ordine ricevuto» (ON 7). Disponibilità dice, infatti, l'abbandono fiducioso del discepolo e il primato dell'opera di Dio, della quale si è servi e strumenti. Il ministero diaconale sembra pertanto svolgere un ruolo significativo in quel processo di autocomprensione ecclesiale, custodendo e testimoniando la disponibilità della Chiesa alla missione sia ordinaria che ad gentes (cf. ON 8), contribuendo a far crescere la Chiesa, vivendo la propria identità e conformazione a Cristo Servo, come «realtà di comunione, di servizio e di missione» (ON 6).
Sul piano strettamente pastorale, invece, la verifica dei percorsi in atto, il coinvolgimento non sempre auspicato ed anche accolto, rivela la necessità di un cammino di maggiore approfondimento e ricerca di un contributo chiamato a «condurre a un profondo rinnovamento del tessuto cristiano delle comunità ecclesiali mediante la testimonianza della carità» (ON 8). La nota dei Lineamenta per certi aspetti stenta ad accogliere tale cooperazione. L'apporto del diaconato all'esigenza di rinnovamento del tessuto cristiano delle nostre comunità, sebbene avvertito come necessario e decisivo, sembra come evaporato e poco percepito. Una prospettiva che potrebbe consentirne il recupero è forse quella della "corresponsabilità" che la Nota dopo Verona auspica come stile che traduce la consapevolezza dell'identità, responsabilità e servizio di ognuno. Quando il testo dei Lineamenta, deve approfondire il tema delle Chiese locali soggetti delle trasmissione (della N.E.) invece non lo fa, e neanche fa riferimento al diaconato. Ecco il passaggio del testo: «Le azioni pastorali legate alla trasmissione della fede sono diventate un luogo che ha permesso alla Chiesa di strutturarsi dentro i vari contesti sociali locali, mostrando la ricchezza e la varietà dei ruoli e dei ministeri che la compongono e ne animano la vita quotidiana. Attorno al Vescovo si sono visti fiorire il ruolo dei presbiteri, dei genitori, dei religiosi, dei catechisti, delle comunità, ognuno con il proprio compito e la propria competenza [nota 63][....] la scarsità della presenza numerica dei presbiteri rende il risultato della loro azione meno incisivo di quanto si vorrebbe. Lo stato di affaticamento e di logoramento vissuto da tante famiglie indebolisce il ruolo dei genitori.» (L 14).
Se la «ricchezza e la varietà di ruoli e ministeri» che compongono la Chiesa, includono certamente il riferimento al diaconato, perché esso non è presente in quelle figure delle quali si dice che "fioriscono" intorno al Vescovo per compiti e competenze? Allo stesso modo la figura del diacono è dimenticata quando si parla della formazione e del sostegno dei soggetti dediti all'evangelizzazione e all'educazione al n. 22. Inoltre la questione riguardante la «scarsità della presenza numerica dei presbiteri», non potrebbe trovare nella valorizzazione del ministero diaconale una forma di aiuto e "mutuo scambio" fra le Chiese, come auspica anche per altre questioni il documento CEI, Per un Paese solidale (n.15)? Certamente non per avanzare pretese sostitutive delle prerogative dei presbiteri, ma nella consapevolezza di poter svolgere un ruolo nel riunire le comunità attraverso la diaconia della Parola nella sua triplice scansione, kerigmatica, profetica e didascalica.
La nota dei Lineamenta segnala inoltre la necessità che nel processo evangelizzatore la Chiesa «trovi energie per rimotivare quei soggetti e quelle comunità che mostrano segni di stanchezza e di rassegnazione» (L 18), ritenendo ciò necessario per garantire «il volto futuro delle nostre comunità» (ivi). C'è bisogno dunque di mediatori, e anche qui, i diaconi hanno qualcosa da dire e Qualcuno da testimoniare. Diaconi come coloro che «fedeli alla terra»3, e "aperti al cielo" annunciano un volto di Chiesa che è tale "solo se esiste per gli altri". «La Chiesa deve partecipare agli impegni mondani della vita della comunità umana, non dominando ma aiutando e servendo. Deve dire a tutti gli uomini che cosa significa essere per gli altri [...] essa dovrà parlare di misura, autenticità, fiducia, fedeltà, costanza, pazienza, disciplina, umiltà, sobrietà, modestia [...] la sua parola riceve rilievo e forza non dai concetti, ma dall'esempio» (D. Bonhoeffer, Resistenza e Resa, p. 463-464). Sarebbe utile dialogare e confrontarsi su questi temi, proprio perché il testo è ancora uno strumento preparatorio, perché magari il successivo Instrumentum Laboris per l'Assemblea del 2012 possa accogliere queste integrazioni e varianti.


Note:
1 Giovanni Paolo II, Omelia tenuta durante la s. Messa nel Santuario di S. Croce, Mogila 9 giugno 1979, in AAS 71 (1979) 865.
2 Benedetto XVI, Lettera in forma di Motu Proprio Ubicumque et Semper, che istituisce il pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione, 21 setto 2010.
3 D. Bonhoeffer, Fedeltà al mondo. Meditazioni, Queriniana, Brescia 2004, p. 19. Cf LG 35.




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