Vocazione e profezia



Il diaconato in Italia n° 167
(marzo/aprile 2011)

RIQUADRI

FORMAZIONE
Vocazione e profezia
di Filippo Morlacchi


La Chiesa può vantare una tradizione educativa davvero luminosa ed esemplare. La liturgia prevede addirittura formulari speciali per i "santi educatori", quasi a ricordare che il campo dell'educazione è uno spazio caratteristico per la maturazione della santità. Tra i santi educatori, molti sono stati i sacerdoti; ma - mi chiedo - è mai possibile immaginare un sacerdote che non sia anche un educatore? Infatti «l'educazione è il complesso degli atti mediante i quali i genitori rendono ragione al figlio della promessa che essi gli hanno fatto mettendolo al mondo» (G. Angelini, Il figlio. Una benedizione, un compito, Vita e Pensiero, Milano 1991, p. 188); ebbene, il sacerdote, che mediante il battesimo genera alla vita nuova, non sarà forse tenuto a rendere ragione della promessa di vita eterna e della "grande speranza" che egli stesso consegna ai battezzati insieme alla grazia sacramentale? La paternità spirituale comporta necessariamente una forma di impegno educativo, anzi è in sé stessa atto educativo in quanto "relazione generativa".
Il sacerdote non educa solamente quando si dedica al concreto lavoro catechetico, necessario per introdurre alla fede i bambini o i ragazzi, o quando organizza un campo estivo insieme agli animatori: tutto il suo servizio sacerdotale è, in fondo, un gesto educante perché è dedizione generativa, «finché sia formato Cristo» (Gal 4,19) nel cuore dei fratelli.
La crisi "pedagogica" è, in fondo, crisi di paternità e di relazioni generative. Da dove cominciare, allora, per educare nell'attuale situazione di sconcerto e di crisi della paternità? Il primo passo da fare per essere educatori efficaci, cioè persone capaci di generare e alimentare la vita, potrebbe essere quello di coltivare un sano rapporto con la vita nel suo insieme. Ma come potranno farlo, se non tenendo accesa innanzi tutto la fiamma che arde in loro? Coltivare amorosamente l'interiorità è il primo, imprescindibile dovere di ogni educatore cristiano e di ogni sacerdote. «Ti prometto una cosa, Dio, soltanto una piccola cosa: cercherò ... di aiutarti affinché tu non venga distrutto dentro di me. [...] L'unica cosa che possiamo salvare di questi tempi, e anche l'unica che veramente conti, è un piccolo pezzo di te in noi stessi, mio Dio. E forse possiamo anche contribuire a disseppellirti dai cuori devastati di altri uomini» (E. Hillesum, Diario 1941-1943, Milano, Adelphi 1985, p. 170). Le parole tragiche e luminose di una giovane ebrea, vittima della furia nazista ma innamorata della vita anche nella situazione estrema del lager, aiutano a restituire fiducia anche al nostro presente, apparentemente così grigio, e ci spronano ad alimentare con diligente amore e senza alibi pretestuosi la nostra fiamma interiore.




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