Il diaconato in Italia n° 167
(marzo/aprile 2011)
FOCUS
Per una pastorale formativa
di Franco Giulio Brambilla
La prospettiva formativa e pedagogica è il punto di vista specifico e la scelta storica di questo decennio che si è appena aperto per costruire l'identità e l'unità della coscienza. Qui il discorso si fa esplicitamente pastorale, ma diventa anche insidioso, di fronte alle concezioni più diffuse del rapporto di trasmissione delle forme buone della vita e della possibilità di dare "forma cristiana" a questi cammini. Le due concezioni più diffuse del rapporto formativo suggeriscono, da un lato, una pedagogia ottimistica che svilupperebbe semplicemente ciò che è già virtualmente iscritto nella vita delle persone, in particolare di chi deve crescere, senza trasmettere nulla, perché si tratterebbe di una pedagogia impositiva; e, dall'altro, domina una pedagogia intesa come trasmissione di saperi e linguaggi che consentano di socializzarsi nel gruppo di appartenenza o nel circo della comunicazione sociale, senza dimensione critica e autocritica.
In ambedue i modi di vedere nel processo formativo viene a mancare la relazione ad altri, in particolare la testimonianza autorevole presente nelle forme di trasmissione della vita e della fede. Il modello paternalista di molta pedagogia dell'Ottocento ha creato un secolo XX senza padri e senza figure guida, sconsigliando un rapporto pedagogico di testimonianza. Occorre, invece, una pedagogia (famiglia, scuola, comunità, associazioni, ecc.) che trasmette forme di vita buona liberando il soggetto dentro una relazione ricca e plurale, in cui si donano valori, comportamenti, saperi, decisioni e si abilita la persona riceverli, ad assumerli personalmente, a farne esperienza stabile e vitale, a condividerli responsabilmente con altri.
È possibile una forma di trasmissione senza un'originaria connotazione etica e religiosa? Che cosa significa questo per i cinque ambiti di Verona? Come si possono immaginare nella comunità cristiana i percorsi di introduzione alla vita e alla fede? Come parola, liturgia e carità (e tutti i luoghi/strumenti in cui si realizzano) devono corrispondere al fondamentale compito educativo così inteso? Infine, tutto ciò propone chiaramente il ripensamento delle azioni, dei progetti, delle iniziative e dei soggetti pastorali della Chiesa in modo integrato e corale non solo tra di loro, ma anche con le forze educative presenti sul territorio. Pastorale "integrata" e/o pastorale "d'insieme" indicano l'urgenza del momento, non tanto perché insieme è bello, ma perché l'azione comune e convergente consente di costruire cammini identitari forti e aperti. Per questa fondamentale "motivazione antropologica" - per non meno di questa - occorre la convergenza sugli elementi essenziali dell'agire pastorale.
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