Assunzione della Beata Vergine Maria


ANNO A - 15 agosto 2011
Assunzione della Beata Vergine Maria

Ap 11,19a;12,1-6a.10ab
1Cor 15,20-27a
Lc 1,39-56
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Messa vespertina nella vigilia
Messa del giorno


MARIA, L'IMMAGINE
DELL'UMANITÀ NUOVA

Quando incrocia la memoria delle grandi feste, il ritmo dell'anno liturgico subisce una sospensione. Il tempo ordinario cede il passo al tempo della celebrazione di un evento che, nella sua unicità, dice alla Chiesa una parola decisiva. Un evento come quello dell'assunzione di Maria non racconta un fatto, non soggiace cioè alle attestazioni necessarie per essere annoverato come cronaca, ma richiama una serie di indicazioni e di simboli, di parole e di allusioni, che si sono depositate nella tradizione della Chiesa e possono sostenere la fede, aprire alla speranza, confermare nella carità.
Nella celebrazione dell'assunzione di Maria viene in qualche modo riassunto, in termini simbolici, un modo di guardare alla creazione e un modo di vivere nella storia. La liturgia prova a dire tutto questo con una delle pagine iniziali del vangelo di Luca, quella che racconta l'incontro tra due donne gravide, ma anche con l'immagine della donna dell'Apocalisse che sta per partorire. D'altra parte, non ci può essere figura più espressiva di una donna gravida per dire che la fede in Gesù morto e risorto ci spinge nell'ambito delle "primizie", nel mondo della nuova creazione dell'altra storia, quella del Regno.

Tutte le tradizioni religiose conoscono la figura del rapimento al cielo di qualche profeta che non è possibile sia condannato alla consumazione della vicenda umana nel buio di una tomba. Le religioni abitano infatti sulla linea di orizzonte tra cielo e terra. Nel momento in cui si spostano dall'una o dall'altra parte perdono la loro forza e la loro peculiarità. Le ideologie intramondane del secolo appena trascorso si sono rivelate capaci di prendere in ostaggio gli esseri umani, di farne carne da cannone o adoratori del consumo, anche senza servirsi di Dio. Per questo sono state, in fondo, una "profezia straniera" che ci ha resi ancora più capaci di libertà. Di fronte agli uomini e di fronte a Dio. Oggi dobbiamo ammettere che possono essere usati per anestetizzare tanto l'al-di-qua che l'al-di-là e le religioni sono chiamate a cercare parole di libertà proprio su quella linea di confine tra terra e cielo, che a nessuno può essere preclusa.

L'assunzione di Maria è, in fondo, una di queste parole che la tradizione cristiano-cattolica ha pronunciato nel corso della sua storia recente. Una parola ambigua, come tutte le parole, una parola che va decodificata, una parola che può dire più di quello che, di volta in volta, riusciamo a cogliere. Per dirla con un termine di moda, l'episodio dell'incontro tra Maria ed Elisabetta è presentato da Luca come un momento di empowerment, un momento che opera nei protagonisti, cioè nelle due donne, un'acquisizione di forza e di potenza. Lo Spirito, che è il protagonista assoluto della scena, dona alle due donne gravide la forza di riconoscerlo e la potenza di celebrarlo. È un empowerment nello Spirito, una vera e propria pentecoste. In fondo, anche la Chiesa cattolica, nel momento in cui ha dato risalto all'idea dell'assunzione al cielo di Maria indicandola come materia di fede, ha cercato di fare lo stesso. È però necessario ritornare alle storie evangeliche per raddrizzare le storture che, inevitabilmente, la storia infligge alla fede.

Al centro dei racconti dell'infanzia con cui Luca apre il suo vangelo, non c'è Maria, perché l'unico vero protagonista di tutta la storia evangelica è soltanto Gesù. Nell'incontro delle due donne gravide, di cui una, significativamente la più giovane, rende visita all'altra, si incontrano e si abbracciano donne-madri e bambini-profeti attraverso i quali è Dio stesso che rende visita al suo popolo. Il tema della visita è molto presente nella tradizione biblica: il vero ospite è Dio che agisce nella storia in modo tale da trasformare alcuni momenti in tempi della sua visita.
La linea d'orizzonte tra cielo e terra non viene passata solo dagli uomini, spinti dall'esigenza di un oltre che vada dal basso verso l'alto. Viene attraversata anche da Dio stesso che, grazie al suo Spirito, suscita nella storia momenti di profezia. L'ingresso del Messia nella storia del popolo profetico di Israele è uno di quei momenti. In esso, il fatto più naturale, una gravidanza, si trasforma nell'empowerment dello Spirito che può far irrompere nella storia degli uomini la forza di Dio e che rende due donne capaci di innalzare a Dio la benedizione. Quanto di più marginale e ancora insignificante, due donne e due bambini ancora nel grembo delle madri, diviene profezia e benedizione.

La seconda parte della pagina evangelica passa dalla narrazione alla lode. Il Magnificat è canto della Chiesa prima ancora che di Maria. O, forse potremmo dire, è canto di Maria perché è canto di quella parte di umanità che è stata chiamata a confidare solo nella potenza di Dio. Quanto Maria dice e fa, altro non è che l'affermazione che ciò che Dio ha detto e fatto ha reso possibile attraversare quella linea di confine. Perfino in modo irreversibile e definitivo. La donna gravida che sta per partorire è immagine di questa umanità nuova che viene alla luce nel momento in cui la linea di confine tra terra e cielo non è linea di separazione: e colei che ha dato alla luce il Messia ricorda che nessun passaggio avviene senza lotta perché nulla nasce senza doglie.

VITA PASTORALE N. 7/2011
(commento di Marinella Perroni, docente di N.T.)



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