Don Altana e il diaconato



Il diaconato in Italia n° 164/165
(settembre/dicembre 2010)

MEMORIA

Don Altana e il diaconato
di Vittorio Cenini


Al vertice un cammino di Chiesa
Il rapporto di don Alberto con il diaconato si colloca al vertice di uno straordinario cammino profetico della Chiesa di Reggio, di cui egli è partecipe alla luce del carisma dei Servi della Chiesa, e che trova solenne ed esplicita conferma nell'evento del Concilio ecumenico Vaticano II.
Non è esagerazione affermare che un paio di generazioni di cristiani della Chiesa di Reggio e Guastalla hanno avuto la fortuna di vedere dispiegarsi sotto i loro occhi le grandi opere di Dio, per mano di "profeti e dottori" che hanno prodotto frutti abbondantissimi di opere di carità, di iniziative missionarie ad gentes, incarnate nella fondazione di ben cinque famiglie religiose (senza contare altri sei o sette gruppi di consacrati), fino a far spuntare il frutto del diaconato, che in don Alberto Altana ha trovato l'interprete appassionato e il fondatore della "Comunità del diaconato in Italia" e della rivista Il diaconato in Italia. E non può essere un puro caso che sia stato Don Giuseppe Dossetti a formulare per i Padri Conciliari, il famoso quesito che aprì la strada al ripristino del diaconato permanente: «Piace ai Padri… che debba essere considerata l'opportunità di instaurare il diaconato come grado distinto e permanente del sacro ministero, secondo l'utilità della Chiesa nelle diverse regioni?». Si tratta, tra l'altro, di profeti in strettissima relazione spirituale reciproca. Padre Daniele da Torricella, cappuccino apostolo della carità è stato il padre spirituale di madre Giovanna Ferrari, di don Dino Torreggiani e di don Mario Prandi. Una storia ben analizzata da Sandro Chesi.
L'impegno di don Alberto, nel proporre il rinnovamento della Chiesa, in conformità a Cristo che si è fatto servo e povero per scelta, ha origine nel carisma dei Servi e trova conferma nella ecclesiologia del Concilio. Il Vaticano II ha messo in evidenza la figura teologica della Chiesa sposa di Cristo, a lui congiunta come suo corpo per essere purificata e santificata: e la dinamica della santificazione vale per tutti, e crea una nuova scala gerarchica, non dipendente dalla funzione, ma dalla santità. È la coscienza di una Chiesa comunione nello Spirito, che coniuga eucaristia e vita e, proprio in virtù del vissuto eucaristico, si fa ascolto, condivisione, perdono e servizio, interpellando ogni cristiano: hai mai lavato i piedi a qualcuno?
I Servi della Chiesa si trovavano da sempre sulla linea di tale coscienza ecclesiale. E quando il Concilio le diede amplissima formulazione, l'importanza dell'evento non sfuggì a don Alberto: «Gesù ci ha fatto, senza alcun nostro merito la grazia di trovarci inconsapevolmente e come tanti altri nella Chiesa, in una linea che il Concilio ha confermato». Cos= scrive nell'aprile 1966 su Il Vincolo1: «Il figlio dell'uomo non è venuto per essere servito, ma per servire (Mc 10,45). Questa frase, con i suoi paralleli sinottici, è l'espressione scritturistica più frequentemente ripetuta nei documenti conciliari. […] È la conferma del nostro appellativo di Servi. È soprattutto la linea di superamento di quello che può considerarsi il più pericoloso rovesciamento dei valori che possa verificarsi nel popolo cristiano: l'apostolato come un privilegio, come un vantaggio per chi lo fa».
«Mi pare che la verità fondamentale che in qualche modo concentra tutti gli insegnamenti del Concilio sia questa: la Chiesa è sacramento di salvezza che trae la sua virtù salvifica dal mistero pasquale di Cristo»2.

Servizio e diaconato in Dino Torregiani
Don Dino maturò la convinzione che era necessario promuovere la rinascita del diaconato come ministero permanente. Le sue intuizioni profetiche su questo punto hanno preceduto le decisioni del Concilio. È probabile, inoltre, che l'opera decisiva di don Dossetti per condurre l'Assemblea conciliare alle deliberazioni sul diaconato, sia dovuta, almeno in parte, ad un influsso delle convinzioni di don Dino. Fin dal 1963, in data precedente alla famosa votazione sul diaconato, avvenuta il 30 ottobre di quell'anno, don Dino aveva prodotto riflessioni, scritte su un quaderno, dal titolo Studi e spunti sul diaconato, in cui tra l'altro afferma: «La carità cristiana negli ultimi secoli è stata svuotata del suo Spirito soprannaturale anche presso i popoli cattolici, e ridotta a sterile assistenza sociale, per la mancanza di consacrati al servizio della carità ai poveri. Soltanto il richiamo al servizio della carità dei diaconi rianimerà di spirito eucaristico la carità, sì che il dono dei fratelli all'altare sia portato nelle mani dei poveri e la grazia del Corpo Mistico diffusa in tutti. […] I diaconi […] prepareranno i cuori a ricevere la verità del Santo Vangelo»3.
Nell'estate del 19644, nella rivista Settimana del clero, don Dino pubblicava un ampio studio a puntate dal titolo Il problema della rinascita del diaconato; e sempre sulla medesima rivista, il 27 febbraio 1966, dava l'annuncio che a Baggiovara di Modena, il 18 aprile successivo si sarebbe aperta la prima Scuola di formazione dei diaconi. La tesi di fondo affermata in questi scritti è di grande importanza: don Dino sostiene che l'esigenza del diaconato nella Chiesa non è legata alla scarsità del clero, e che anzi la presenza dei diaconi è diretta a favorire una migliore comprensione di ciò che è essenziale nel ministero sacerdotale. Infatti l'intuizione del diaconato permanente, per don Dino, scaturisce dall'originalità del servizio cristiano che è diaconia di Cristo e trova nel sacramento del diaconato l'espressione ministeriale appropriata. Don Alberto vive con don Dino il servizio cristiano, quindi fa proprie fin dall'origine le intuizioni del fondatore e le sviluppa ampiamente nei suoi scritti. Egli colse ed elaborò il duplice legame inscindibile: da un lato tra vocazione comune al servizio cristiano e diaconato, quale segno sacramentale di tale vocazione; dall'altro tra l'edificazione di una Chiesa povera e missionaria e diaconato, in virtù della grazia sacramentale specifica.
Su entrambi i versanti il diaconato si manifestava come fattore ed espressione del rinnovamento della Chiesa. Questo slogan non solo sottolineava l'interdipendenza tra i due termini, ma metteva in evidenza il ruolo di intermediazione del diacono. Ciò coincideva perfettamente con le indicazioni di Paolo VI nel Motu Proprio Ad pascendum (1967), là dove il papa spiega che il diaconato fu ripristinato «come ordine intermedio tra i gradi superiori della gerarchia e il resto del popolo di Dio, perché fosse in qualche modo interprete delle necessità e dei desideri delle comunità cristiane, animatore del servizio, ossia della diaconia della chiesa presso le comunità cristiane locali, segno o sacramento dello stesso Cristo Signore, il quale non venne per essere servito, ma per servire (Mt 20,28)». Il legame inscindibile aveva così trovato nel Magistero la sua conferma più autorevole.

La comunità del diaconato in Italia
All'inizio fu un piccolo circolo di persone, denominato "Centro diaconale", che diede luogo ad incontri e ritiri a Baggiovara. Il primo convegno nazionale si tenne a Roma nell'agosto del 1970. In quell'occasione fu adottato il nome di "Comunità del diaconato" e fu specificata la sua finalità: Servizio di animazione per le Chiese locali. Venne eletto il primo Consiglio nazionale, al cui vertice emerse Osvaldo Piacentini (61 voti su 106 partecipanti). La Comunità, animata personalmente da don Alberto, si mosse lungo le seguenti linee d'azione: la pubblicazione della rivista (periodico trimestrale), quale "servizio di animazione per le chiese locali"; la risposta a tutti gli inviti delle chiese locali in ordine a riunioni, convegni, incontri (anche di piccoli gruppi), dovunque si tenessero (don Alberto, con una dedizione senza limiti, cioè giocandoci la vita, percorse tutta l'Italia rispondendo a tutte le chiamate). La promozione di convegni nazionali in Assisi ogni due o tre anni; la promozione di convegni regionali e interregionali.
La rivista Il diaconato in Italia fu fondata da don Altana. Il primo numero porta la data dell'aprile 1968. I primi sei numeri sono ciclostilati. Tutti gli altri a stampa, a partire dal n. 7 (gennaio 1970). Un vastissimo patrimonio di pensiero teologico, di documenti della Chiesa universale e delle chiese locali, di Atti dei convegni, di esperienze e di orientamenti pastorali è raccolto nei 156 numeri della Rivista Il diaconato in Italia. Don Alberto ha scommesso molto sulla rivista e vi ha profuso per vent'anni le migliori energie, affrontando pesanti situazioni economiche, scrivendo moltissimo, e coinvolgendo di volta in volta un gran numero di persone. Un ruolo insostituibile la rivista ha svolto nel campo della formazione al diaconato, per aspiranti e candidati, e della formazione permanente per i diaconi già ordinati. Anche oggi, in diverse diocesi, viene richiesta la collezione completa della rivista, soprattutto dai delegati diocesani per il diaconato.
Ma, accanto a questi interventi, apparve urgente negli anni 1969-1972 rendersi presenti presso la CEI per sollecitare e favorire le deliberazioni fondamentali per l'introduzione del diaconato permanente in Italia. I contatti con la CEI furono intensi, tanto che la Comunità del diaconato fu invitata ad intervenire ai lavori della VI assemblea della CEI, svoltasi a Roma dal 4 all'11 aprile 1970. Vi parteciparono don Altana e il sottoscritto, che presero la parola durante i lavori per richiedere il ripristino del diaconato permanente ai Vescovi. Insperatamente l'Assemblea diede mandato di inserire la questione del diaconato nell'odg della successiva VII Assemblea del novembre 1970, nella quale la CEI approvò la restaurazione del diaconato permanente con 214 voti contro 16. I primi documenti, entrati in vigore nel 1972-73, accoglievano in pieno le prospettive elaborate da don Alberto Altana e dalla Comunità del diaconato in Italia. In essi il diaconato non è visto come sostegno quantitativo alle istituzioni ecclesiastiche, ma come una forza di grazia destinata a cambiare le cose: a rendere più profonda la comunione ecclesiale, a ravvivare l'impegno missionario, a promuovere il senso comunitario e lo spirito familiare del popolo di Dio. Il documento della CEI affermava testualmente che la restaurazione del diaconato permanente implica una «scelta ecclesiale e pastorale di rinnovamento».
Fin dalla sua origine la Comunità aderì al Centro Internazionale del Diaconato (CID). Celebri sono rimasti alcuni convegni internazionali, nei quali la comunità del diaconato svolse un ruolo di testimonianza e di animazione di grande rilievo: il Convegno di Pianezza (Torino) nel 1977, e il Convegno di Itaici (Brasile) nel 1987. Degno di nota anche il Convegno di Budapest (1991), l'ultimo che vide la partecipazione di don Alberto. Da quell'anno, la presenza di don Alberto si ridusse fino ad azzerarsi. La Comunità ha vissuto un decennio di grave difficoltà negli anni 1992 - 2001, perché dovette affrontare due problemi legati strettamente alla persona di don Alberto: la prosecuzione della vita della rivista, che in don Alberto aveva perso il responsabile primario, se non unico; l'assetto interno della Comunità, che aveva in don Alberto il suo leader indiscusso.
Entrambe le questioni suscitarono, a livello nazionale, una forte richiesta di allentare il monopolio reggiano della conduzione della Comunità, atteggiamento che non poteva emergere in presenza di don Alberto. La vita associativa attraversò un momento di incertezza, con il rischio anche di terminare il suo cammino, fino al Convegno di Collevalenza, promosso dalla CE I, e svoltosi nell'aprile del 2000. I vescovi presenti al Convegno sollecitarono la Comunità del diaconato a continuare il proprio servizio, tenendo conto del contesto ecclesiale, diverso da quello degli inizi.
Il pensiero di don Alberto e la vita della Comunità del diaconato hanno ancora delle importanti prospettive.

L'eredità di don Altana
1. La connessione tra diaconato e rinnovamento della Chiesa mantiene la sua validità, perché rimane sostanzialmente sterile un diaconato che si sviluppi numericamente solo per mantenere l'assetto delle strutture esistenti, senza che si rivitalizzino i nessi tra Eucaristia e vita, tra diaconia di Cristo e carità. Occorre dar corso a quella scelta che la Comunità del diaconato suggerì nell'ambito della decima Assemblea della CEI (11-16 Giugno 1973): «A nostro avviso ci si trova di fronte ad un'alternativa di ampie proporzioni: promuovere un rinnovamento solo di carattere culturale e metodo logico oppure investire le comunità locali di un nuovo atteggiamento di vita cristiana, in cui si dà spazio ai carismi, alla grazia dei ministeri, alla carità personalmente vissuta. Gesù stesso ha suggerito la strada della credibilità del messaggio: "Prego che siano una cosa sola perché il mondo creda" (Gv 17,21 )».
2. Mantenere e potenziare due aspetti della presenza della Comunità: luogo in cui si incontrano fedeli laici, religiosi e chierici che vivono la riscoperta del diaconato come evento profetico, che interpella in profondità la vita della Chiesa. Mediante questo aspetto di partecipazione universale si consolida il legame tra diaconato e vita della Chiesa in quanto luogo nel quale convergono e si promuovono testimonianze di ministero diaconale vissuto in novità di vita: un diaconato che valorizzi la vita familiare dall'interno, dimostrando che il più grande è colui che serve i più piccoli e i più deboli in famiglia; e che educhi i giovani alla corresponsabilità. Questa testimonianza ministeriale in famiglia è oggi più che mai necessaria per sostenere l'analoga testimonianza di tutti i battezzati nelle loro famiglie. Famiglie aperte all'ospitalità, all'incontro col diverso, alla sobrietà di vita, a lavare i piedi ai poveri. Un ministero diaconale che nella Chiesa e nella società, privilegi nettamente il vissuto di carità e di servizio ai poveri, servizio che si fa annuncio eucaristico dell'amore di Cristo.
3. La Rivista è chiamata a riprendere questo ruolo propositivo, soprattutto per quanto riguarda la famiglia, la presenza della donna nella Chiesa, la sobrietà, la condivisione di vita con i poveri ed i sofferenti. Con uno sguardo particolare alle questioni riguardanti la candidatura e la formazione al diaconato.




Note:

1 A. Altana, Scritti dal 1951 al 1979, apparsi su Il Vincolo e raccolti in fascicolo ciclostilato, Ed. Brommo, Guastalla, 1986, p. 42 ss.
2 Ib., p. 32 ss.
3 Paredes de Nava, 3 ottobre 1963. A Paredes de Nava, in provincia di Palencia, si trova la sede centrale dei Servi della Chiesa in Spagna.
4 Dal numero 31 al n. 34, dal 2 al 23 agosto.





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