Ancorati all'eterno

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da Ogni momento è un dono
riflessioni sul vivere nel presente

di Chiara Lubich



Ancorati all'eterno


Come farsi santi?
Solidali con tutti
Opere che durano
Il vero senso del tempo
Dove più mai può tramontare il sole
Coi piedi per terra
La casa che si edifica di qua
Come fosse l'ultima



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Come farsi santi?

Accade spesso che le anime siano attratte dall'idea della santità. E forse è proprio la grazia di Dio che le lavora, suscitando un simile desiderio.
La considerazione della preziosità d'un santo, l'influenza della sua personalità nel suo secolo, la rivoluzione ampia e continua che egli apporta nel mondo, sono spesso combustibili primi alla fiamma di questo anelito.
Ma alle volte l'anima, che ne è così dolcemente tormentata, si trova di fronte ai santi come di fronte ad un valico insuperabile o ad un muro impossibile a sfondarsi.
«Come si fa a farsi santi?» - ci si domanda. «Quale la misura, il sistema, le pratiche, la via?».
«S'io sapessi che basta la penitenza, mi flagellerei da mane a sera. Se conoscessi che occorre l'orazione, pregherei notte e giorno. Se fosse sufficiente la predicazione, vorrei percorrere città e paesi, senza darmi tregua, per dir a tutti la parola di Dio... ma io non so, non conosco la strada».
Ogni santo ha una sua fisionomia, ed essi si distinguono l'un dall'altro come i più vari fiori d'un giardino…

Ma forse una via c'è: buona per tutti.
Forse non occorre cercare la propria strada, non tracciarsi un disegno, non sognare programmi, ma inabissarci nel momento che passa e adempiere in quell'attimo la volontà di Colui che s'è detto «Via» per eccellenza. Il momento passato non è più; quello futuro forse non sarà mai in nostro possesso. Sicuramente Dio lo possiamo amare nel presente che ci è dato. La santità si costruisce nel tempo.
Nessuno conosce la propria, né spesso quella altrui, finché è in vita. Solo quando l'anima ha fatto il suo corso, ha dato la sua prova, essa rivela al mondo il disegno che Dio aveva su di lei.
A noi non resta che costruirla attimo per attimo, corrispondendo con tutto il cuore, l'anima, le forze, all'amore che Dio ci porta, personale, come Padre nostro celeste, pieno, come la larghezza della carità d'un Dio.


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Solidali con tutti

Si ha l'impressione a volte - e di ciò noi cristiani siamo spesso accusati - che, vivendo la nostra fede con coerenza e cioè in vista della Vita che verrà e in attesa della morte che le sarà porta, si conduca un'esistenza un po' disimpegnata dalla terra, dagli interessi di questo mondo, che significano molto spesso il bene dell'umanità.
La realtà è che, se si vive sempre nella profonda consapevolezza di non sapere «né il giorno, né l'ora», ci si concentra più facilmente nell'oggi che ci è dato, nell'affanno del giorno, nel presente che la Provvidenza ci offre da vivere. E in quello si accolgono e si vivono, con tutto il nostro essere, gioie e dolori, fatiche e risultati.
Ecco che in tal modo la vita di questa terra è veramente vissuta. Mentre, al contrario, senza la prospettiva che da qui prima o poi ce ne dobbiamo andare, si mena sovente un'esistenza superficiale, con sottofondo di illusioni, di sogni, di qualcosa a cui si tende sempre e che mai forse si realizzerà.
Questo vivere il presente inoltre non è che faccia dimenticare il futuro terreno o tarpi le ali nel far progetti per il bene nostro e degli altri: dei figli, della famiglia, della comunità in cui siamo inseriti, dell'umanità.
Questo vivere il presente non è nemmeno che faccia obliare il passato col suo patrimonio di pensiero, di eroismi, di conquiste.
I cristiani infatti, se sono tali, non possono non aver in cuore l'amore verso tutti gli uomini. Questa è la loro natura, la loro prerogativa; sublimati a figli di Dio, possiedono l'amore per eccellenza, lo stesso amore che Cristo ha per il Padre: la carità.
Per essa i cristiani si sentono inseriti in tutta l'umanità come piccole pietre in un meraviglioso mosaico, in parte già composto in parte no.
Amano l'umanità di ieri come quella di oggi e quella di domani.
S'accostano a ciò che essa ha tramandato con il rispetto di chi sa di avvicinare qualcuno e qualcosa che gli appartiene, con l'umiltà di chi è convinto di dover imparare, con la coscienza di doverlo trasmettere, arricchito dal proprio personale impegno, alle generazioni future.
Se poi, nel momento presente della loro vita, i cristiani capiscono che Dio vuole che essi pensino al domani, lo fanno con tutto l'impegno, non per se stessi, ma per amore di chi verrà dopo - conosciuto o anonimo che sia -.

Questo sentirsi uno con l'umanità passata, presente e futura, questo amare gli altri come sé, è per il cristiano la potente molla che lo rende atto e valido a costruire oggi e pianificare per il futuro una vita migliore.
Insomma, è proprio la prospettiva dell'altra Vita e l'osservanza delle regole per arrivarvi concentrate nel comando dell'amore verso tutti che realizzano non solo cristiani perfetti, ma uomini autentici, come li desiderano l'epoca moderna e le istanze della società di oggi, come soprattutto li vuole Dio in questo secolo.


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Opere che durano

Se vivi il presente, ma lo vivi bene, fai opere che durano anche se parli ad una sola persona, anche se prepari un discorso per un pubblico di una sola categoria. Sì, in una persona è tutta l'umanità, e anche in un gruppo particolare, così come tutta la volontà di Dio è in una sola volontà sua. Sperimentando ciò, sei sazio perché abbracci l'infinito.
Far bene ciò che Dio vuole nel presente e farlo come Dio lo vuole, secondo il suo sistema, la sua dialettica, è preparare, ad esempio, quanto si deve dire con tutto l'aiuto dello Spirito Santo che è in te, e metterlo poi al fuoco dell'amore scambievole con i fratelli perché muoia e marcisca e rinasca dall'unità (e ciò richiede e saper «perdere» e umiltà); è sottoporlo infine al giudizio dell'autorità perché lo poti. Allora quel discorso rimane e si moltiplica, e ciò che poteva fare un certo bene ad una sola persona e poi perdersi, fa del bene a molti e continuerà a fare del bene.
Questa attività nel presente dà senso di pienezza, perché è vita di Gesù che vive in noi.
E se Gesù vive in noi, fa opere che restano.
Se poi disgraziatamente hai fatto le cose non bene, o a metà, «perdile» nel Cuore di Gesù con confidenza estrema, con la coscienza di chi sa che ogni momento della vita è buono per morire (e forse si può morire con le cose fatte imperfettamente), ma anche con la confidenza di chi sa che il Cuore di Cristo è desideroso solo di amarti a fatti e perciò di colmare i vuoti, di nascondere agli altri e scusare le tue malefatte, perché se così farebbe una madre, quanto più, quindi, quel Cuore!
Anche qui allora la sazietà: tutto è fatto, tutto è compiuto.


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Il vero senso del tempo

Ci sono dei periodi nella vita in cui il tempo si vive centellinato. Si segue con trepidazione sacra, ad esempio, ogni mossa, ogni verbo, ogni sguardo, ogni anelito di una persona amata, prossima all'eternità. Si valorizza quell'ultimo brano di vita perché siamo dinanzi alla morte; è l'eternità infatti che dà il senso vero al tempo.
Forse converrebbe centellinare così tutti gli istanti della nostra vita e, afferrando il momento che fugge, viverlo nell'amore per Dio e inchiodarlo nell'eterno.


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Dove più mai può tramontare il sole

Ogni giorno passa e qui è subito sera. Signore, accetta la mia vita, tutti i momenti che ho ancora di fronte a me prima che arrivi l'ora.
Non so cosa sia, ma un senso d'insoddisfazione amareggia a volte il mio istante. Forse perché dovrei esser tutta strappata da Te fin all'ultima radice che mi tiene legata non so ancora a cosa, ma che non è perduta completamente in Te.
Questo vivere che è un viaggiare, questo sedersi illusorio nell'ordine che la vita un momento promette e a cui inavvertitamente si tende e che appena raggiunto già minaccia di annoiare, forse è la vita.
Anche Tu fino ai trent'anni, pur nell'esercizio perfetto dei tuoi doveri d'ogni giorno, guardavi più in là alla missione che t'attendeva. E quando uscisti, furono una corsa quei tre brevissimi anni.
E li hai passati sulle strade a radunar discepoli, a soccorrere ammalati, a seminare la parola, ad incantare la gente. Era il moto accelerato della Sapienza che crescendo in età edificava con celerità crescente il Regno di Dio.
E sei arrivato al patibolo quasi senza accorgerti. Ed hai passato il valico in poche ore rendendo a Dio, per noi, il corpo e l'anima.
Forse questa incapacità di prendere il presente che fugge e ritrovarci sempre a sera è una goccia della tua vita in noi qui sulla terra. Grazie Gesù del vivere, preparaci a morire e fissaci con te dove più mai può tramontare il sole.


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Coi piedi per terra

(Mt 25,13)
«Vegliate dunque!
Perché non sapete né il giorno né l'ora».


A volte «Qualcuno» ci spinge a vivere costantemente nel soprannaturale, e cioè nell'incertezza assoluta di una qualsiasi situazione umana (programmi, viaggi, salute, domani), per vivere nella certezza della realtà, che è vivere l'attimo presente divinamente, sapendo e volendo quello che Dio vuole che si sappia e voglia nell'attimo presente. Di qui l'imperativo all'anima di «vigilare», come Gesù ha raccomandato, perché non si sa il giorno né l'ora della sua venuta, e si può aggiungere: di ogni sua venuta.
E Lui viene sempre, ogni attimo, nella sua volontà che può apparire triste o bella all'uomo, ma in realtà è Lui, è il suo Amore.
Questo stato d'animo ci mette l'anima - per così dire - coi piedi per terra (la terra promessa del Regno dei Cieli, che si può vivere e si deve vivere già da quaggiù) e non c'è pericolo di cadere. Di cadere né nel peccato, né nell'illusione, né nella delusione o nel turbamento.


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La casa che si edifica di qua

È un passaggio importante la vita: è qui la prova! Anzi quanto di Gesù avrò lasciato costruire in me, tanto rimarrà fissato eternamente nell'aldilà. Ogni atto mio, ogni momento, ogni mio respiro avranno una proiezione nell'eterno! Ogni minuto della mia vita quaggiù condiziona la Vita! «Il Paradiso è una casa che si edifica di qua e si abita di là».


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Come fosse l'ultima

Sì, Gesù,
fammi parlare sempre
come fosse l'ultima
parola che dico.
Fammi agire sempre
come fosse l'ultima
azione che faccio.
Fammi soffrire sempre
come fosse l'ultima
sofferenza che ho da offrirti.
Fammi pregare sempre
come fosse l'ultima
possibilità,
che ho qui in terra,
di colloquiare con Te.



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