Per approfondire la lettura di Atti 6



Il diaconato in Italia n° 163
(luglio/agosto 2010)

STUDIO

Per approfondire la lettura di Atti 6
di Piergiorgio Roggero




Riceviamo e volentieri pubblichiamo le riflessioni del diacono Roggero che sono un invito allo studio di pagine ben note e utili per la rielaborazione personale dell'identità del diacono.

La comprensione usuale del ministero
Il diacono in generale è individuato nel magistero come colui che, nella Chiesa e dunque nella storia, rende presente Cristo servo. Di fatto, tutto il vangelo è una descrizione del servizio di Cristo, assieme a molta parte degli altri scritti del nuovo testamento e a molti significativi brani dell'antico testamento, rivelando che il servizio è prima di tutto Spirito, poi azione, ed è sollecito a tutte le necessità della carità. Tuttavia è consuetudine far risalire la definizione del ministero diaconale al famoso brano di At 6,1-6, che racconta l'istituzione di ministri per la "diaconia" delle mense. Ciò che viene di solito desunto dal brano è che il mandato specifico dei diaconi sia il servizio, ed in particolare il servizio della carità. Il diacono viene indicato come colui che nella Chiesa serve i più poveri e bisognosi, in questo manifestandosi icona di Cristo servo. Una certa parte della riflessione degli esperti e dell'atteggiamento dei vescovi è conforme a questa visione, e indirizza a tale servizio il ruolo dei diacono. Parallelamente molti documenti del magistero, anche importanti, come ad esempio il documento della CEI "La restaurazione del diaconato permanente in Italia" del 1971, attribuiscono al diacono, al di là del compito di "eseguire" in prima persona la carità, anche il compito di "animare" la carità della comunità (una recente sintesi a questo proposito è l'articolo di Giuseppe Barracane "Il carisma specifico dei diaconi" su questa rivista, n.162).
Volendo continuare a trarre ispirazione dal brano di At 6 per il riconoscimento del contenuto del ministero del diacono, un esame dei fatti narrati e la valutazione di poche semplici ipotesi svela un significato di servizio più ampio rispetto all'usuale. Ne emerge una visione che alla somma dei fatti possiamo dire fondamentale e completa di ciò che è il diacono in riferimento alla comunità ecclesiale, in particolare per quanto riguarda il servizio alla carità. L'esame prende in considerazione i semplici fatti e le loro implicazioni concrete, senza appellarsi a metafore, interpretazioni, simbolismi, analogie che potrebbero lasciare dubbi sull'oggettività dell'analisi. Quali fatti e con che implicazioni, sono narrati nel testo? «Distribuzione quotidiana»: queste parole, ma anche altre parti del testo, dicono che la comunità aveva già attivato un servizio di carità, che consisteva nella distribuzione quotidiana di cibo a bisognosi, tra cui vengono citate in particolare le vedove. La comunità dunque, già svolgeva un'attività di carità e si era organizzata per questo. C'era già chi provvedeva alla distribuzione quotidiana, così come chi provvedeva alle altre azioni necessarie, come la raccolta e la preparazione del cibo e la preparazione della mensa.
«Trascurate le loro vedove»: non mancavano dunque né l'opera di carità né l'organizzazione né chi, all'interno della comunità, la svolgesse. Quello che evidentemente mancava era il giusto criterio, e con esso il giusto spirito, nello svolgimento di tale servizio, in particolare nella distribuzione del cibo. Chi svolgeva il servizio di distribuire alle mense, pur svolgendo un servizio di carità, non lo faceva pienamente secondo il cuore di Dio, secondo lo Spirito. «Non è giusto che noi trascuriamo la parola di Dio per il servizio alle mense»: in qualche modo i dodici, gli apostoli, si erano sentiti investiti del compito del "servizio alle mense", e forse, ma la cosa non è fondamentale, lo avevano anche svolto per qualche tempo. Comunque sia, erano poi giunti alla conclusione che il servizio che essi erano chiamati a svolgere prioritariamente non fosse quello. Ma quale sarebbe stata l'implicazione dei dodici nel servizio alle mense? Appare ragionevole una implicazione che non fosse relativa semplicemente ai mestoli. «Sette uomini di buona reputazione, pieni di Spirito e saggezza»: infatti alla comunità viene richiesto di individuare non persone che sappiano manovrare bene i mestoli, o cucinare, ma uomini "pieni di Spirito". Dunque quello che veniva cercato era la presenza dello Spirito in ciò che la comunità faceva. «A cui affideremo questo incarico»: possiamo solo ipotizzare se ai sette venisse affidato l'incarico di svolgere operativamente il servizio di distribuzione o venisse affidata la sola supervisione. Rimangono aperti entrambi i modi di servizio. In tutti i casi il servizio affidato ai sette comprende certamente: un discernimento nello Spirito, perché questa era la carenza nell'azione della comunità e la dote richiesta ai sette; ed una presidenza, per poter esercitare operativamente in autonomia tale discernimento. Infatti non venivano mandati per riferire, ma per operare. È importante notare che i sette non sono mandati a sostituire la comunità nel suo servizio alle mense ma, e qui è il cuore del servizio, a custodire nello Spirito l'agire della comunità, a far si che la comunità agisse secondo lo Spirito. «Dopo aver pregato, imposero loro le mani»: questo ministero viene poi consacrato dagli apostoli con la preghiera e l'imposizione delle mani. Su di loro viene invocato lo Spirito dunque, lo stesso Spirito secondo il quale i sette dovevano esercitare il loro discernimento.

La configurazione del ministero
Dopo questa semplice riflessione sui fatti narrati, la conclusione che se ne può trarre relativamente al servizio diaconale è la seguente: i sette non sono mandati a sostituire la comunità nel suo mandato di essere l'amore di Dio per i poveri; ma a loro è affidato il compito di far sì che questo mandato della comunità venga svolto dalla comunità veramente secondo lo Spirito; a questo scopo essi hanno una autorità di discernimento e di presidenza; ed è consacrato il loro ministero. Rimane incluso per il diacono il servizio di amare con le opere, perché questo è ministero per tutti i cristiani da cui nessuno può esimersi, e perché difficilmente si può presiedere ciò che non si conosce.
Per valutare correttamente la configurazione del ministero diaconale che emerge dalla nostra analisi, è bene considerare in che rapporto tale ministero si pone con la Chiesa, in particolare locale. A questo proposito è illuminante considerare che la Chiesa è ad un tempo comunità di salvati e comunità che salva. Infatti la Chiesa non solo è costituita "figlia amata" dalla presenza viva e fondante in lei del suo signore Gesù, ma, come il suo signore Gesù, è protesa ad accogliere e a rispondere allo Spirito, secondo il desiderio e l'amore del Padre.
Emerge da questa consapevolezza sulla natura della Chiesa una configurazione di ministeri ordinati che, in una utile semplificazione, appare duplice: ci sono ministeri che edificano la Chiesa "comunità di salvati": la costituiscono in Cristo, ne custodiscono l'unità e la comunione, custodiscono la Parola nello Spirito, esprimono l'amore e la cura del Risorto per la sua Chiesa, e sono Sua presenza personale ed operante, specie attraverso i sacramenti, affinché la Chiesa sia ciò che Gesù è; e ci sono ministeri che edificano la Chiesa "comunità che salva", perché la Chiesa risponda allo Spirito ed operi il suo mandato verso il mondo, cioè operi quello che Gesù operava: alimentano, anche con la parola, la consapevolezza nella comunità del mandato che il Signore le affida nella gioia, custodiscono che l'azione della comunità nella sua vita quotidiana sia secondo il desiderio del Padre, aiutano la comunità ad amare nel suo "qui ed ora", perché il mondo sappia e veda che è amato da Dio e dalla sua Chiesa. La prima appare relativa ai ministeri episcopale e presbiterale. La seconda appare straordinariamente coerente con il ministero diaconale che emerge da At 6.

Le proprietà del ministero
Tenuto conto della duplice funzione dei ministeri in rapporto alla Chiesa, il servizio diaconale emerso dall'analisi di At 6 si presenta con le seguenti proprietà: è ben definito, con un contenuto specifico assai rilevante per l'azione e la conformazione a Cristo della Chiesa locale; non si tratta di un ministero che sia semplicemente una sorta di intensificazione di ciò che normalmente un cristiano è, senza una funzione ed un carattere specifico, ma un ministero che ha i carismi e gli strumenti per indirizzare la comunità a svolgere il suo mandato secondo lo Spirito, cioè la sua missione verso il mondo. È fondamentale ed universale: il discernimento secondo lo Spirito, cioè la sua missione verso il mondo. È fondamentale ed universale: il discernimento secondo lo Spirito e la presidenza non sono servizi contingenti, che dipendono dalla situazione, dal luogo o dal tempo.
Pur nella sua unità ontologica, è suscitato con diversi indirizzi; la Carità, per opera di tutta la comunità cristiana, si preoccupa dei bisognosi e dei sofferenti, delle famiglie, del mondo del lavoro, della migrazione, dell'ambiente di vita e dell'ambiente naturale, della solidarietà sociale, della politica, cioè di tutto il mondo umano nel suo bisogno di essere ricapitolato in Cristo nella gioia. In sostegno a questo, il servizio diaconale si presenta aperto sia alle opere di cura per chi ha bisogno, sia al vegliare sull'azione della comunità, ed è suscitato dallo Spirito secondo i vari bisogni della Carità.
È profondamente armonico al ministero presbiterale; senza addentrarsi nel ministero episcopale, considerando i ministeri presbiterale e diaconale nel loro specifico, si potrebbe dire che da una parte il ministero presbiterale è relativo all'amore ed alla cura che il signore Gesù risorto ha della sua Chiesa e delle sue pecorelle, alla loro incorporazione a Sé, al loro essere tralci della vite, membra del corpo; d'altra parte il ministero diaconale è relativo all'operare della comunità in nome di Cristo, al suo essere luce per il mondo, lievito nella pasta, sale della terra, gente delle beatitudini e della misericordia, evangelizzatori in tutti i sensi, a partire proprio e prima di tutto dal senso più profondo e originale, che è l'essere cuore, volto e mani e carne dell'amore di Dio che viene. È necessario alla Chiesa; se non operasse il suo mandato di essere l'amore di Dio per il mondo, la Chiesa non sarebbe se stessa; la risposta allo Spirito della Chiesa nell'operare verso il mondo è necessaria, e la Chiesa ha bisogno di discernere che il suo operare sia secondo lo Spirito.
Un'ultima osservazione riguardo al fatto che i vescovi ed i presbiteri hanno, oltre i loro specifici ministeri episcopale e presbiterale, anche il ministero diaconale. Dal Concilio Vaticano II il ministero diaconale, che in precedenza era istituzionalmente in carico al presbitero, è affidato provvidenzialmente anche a ministri specifici. Oggi la complessità del mondo è aumentata e sta aumentando vertiginosamente, e con essa il lavoro e la competenza necessari al Regno. In questo contesto, come riconoscono i dodici nel brano At 6, ciascuno è chiamato a svolgere innanzitutto il suo specifico ministero, ed eventualmente a supplire come può agli altri ministeri a lui affidati.


(P. Roggero è diacono della diocesi di san Zeno, Verona)



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