La diaconia del Pastore



Il diaconato in Italia n° 163
(luglio/agosto 2010)

STUDIO


La diaconia del Pastore
di Giuseppe Barracane

In calce Globalizzazione?
di Giorgio La Pira



Il diacono, nell'ascolto continuo della voce dello Spirito, è chiamato a essere, pro sua parte, in suo gradu, sacramento di Cristo profeta, sacerdote e pastore nella diaconia della Parola, della liturgia e della pastoralità. Egli, in forza della sua ordinazione sacramentale, è dono di Cristo alla sua Chiesa operato dallo stesso Spirito. Pertanto, «È un dono dato alla persona, con tutto quanto di unicità e di irripetibilità comporta la persona, ma non è "personale" bensì "ministeriale", è dato cioè per la comunità [...] termine verificato di una vocazione che pone il diacono nella comunità come segno di Cristo servo che ha inteso il servizio come il dare la propria vita in riscatto per molti (cf. Mt 20,28)»1. Dove possiamo trovare le radici per l'attribuzione anche al diacono dell'appellativo di pastore? La costituzione LG così dichiarava: «quelli tra i fedeli che vengono insigniti dell'ordine sacro, sono posti in nome di Cristo a pascere la Chiesa colla parola e la grazia di Dio» (LG 11).
Anche l'Esortazione apostolica Familiaris consortio di papa Giovanni Paolo II, quando si riferisce al diacono quale curatore della pastorale delle famiglie (n. 23), così si esprime: «Tempestivamente e seriamente preparati a tale apostolato, il sacerdote o il diacono devono comportarsi […] come padre, fratello, pastore e maestro, aiutandole coi sussidi della grazia e illuminandole con la luce della verità». Ed è ancora il papa Giovanni Paolo II che, nella Christifideles laici, trattando dei ministeri derivanti dall'Ordine sacro (n. 23), afferma: «Solo il sacramento dell'Ordine attribuisce al ministero ordinato una peculiare partecipazione all'ufficio di Cristo Capo e pastore e al suo sacerdozio eterno (cf. PO 2 e PO 5)».
Il testo che forse più ci aiuta a precisare che il concetto di pastore si identifica con quello di diaconia è preso dal Codice di Diritto Canonico, nel quale trattando sui fedeli che ricevono il sacramento dell'Ordine, si afferma che essi sono segnati dal carattere e «sono costituiti ministri sacri; coloro cioè che sono consacrati e destinati a servire, ciascuno nel suo grado, con nuovo e peculiare titolo, il popolo di Dio»2.
I diaconi diventano, allora, per mezzo della loro ordinazione, collaboratori della missione episcopale, globalmente intesa come missione pastorale di insegnamento, di santificazione e di governo. Ma, in quale modo particolare si esercita questa collaborazione che sappiamo essergli affidata in vista del servizio, anche se non in modo esclusivo? Un esempio di questa modalità può essere fornito dal Direttorio sulle Celebrazioni domenicali in assenza di presbitero: «Per dirigere queste riunioni domenicali siano chiamati i diaconi, quali primi collaboratori dei sacerdoti. Al diacono, ordinato per pascere il popolo di Dio e per farlo crescere, spetta dirigere la preghiera, proclamare il Vangelo, tenere l'omelia e distribuire l'Eucaristia (cf. Paolo VI, Motu proprio Ad pascendum, n. 1)»3. Anche i diaconi, allora, partecipano all'esercizio del governo (=pastorato), portando le preoccupazioni pastorali di insegnare, di santificare e di governare la chiesa, con la responsabilità particolare di aiutare il vescovo a vegliare affinché la chiesa sia sempre più serva e povera. Infatti, «Gli stessi diaconi, in comunione con il vescovo e il presbiterio, partecipano alla missione della Chiesa, in quanto "servi di tutti"»4. I vescovi, i presbiteri e i diaconi, poi, ciascuno nel suo grado, «attraverso il gesto dell'imposizione delle mani (cf At 6,6; 1Tm 4,14; 5,22; 2Tm 1,6), che trasmette il dono dello Spirito, [...] sono chiamati e abilitati a continuare lo stesso ministero di riconciliare, di pascere il gregge di Dio e di insegnare (At 20,28; 1Pt 5,2)»5. Bisognerà aggiungere, a questo punto, che la funzione pastorale comporta due aspetti ben distinti:
- una responsabilità d'insieme per governare la chiesa, dandole una direzione comune, coordinando attività pastorali diverse, assicurando un legame con le altre comunità, avendo come obiettivo principale l'unità; in breve, presiedendo globalmente alla costruzione della comunità ecclesiale. Alcuni laici e diaconi che partecipano delle funzioni pastorali d'insieme, o che siedono nel consiglio pastorale diocesano, sono associati a questo pastorato di coordinamento e di comunione. Oggi, poi, in molte diocesi si chiamano i diaconi permanenti a partecipare al governo pastorale anche nei consigli presbiterali, segno di un cambiamento di mentalità e di un cammino di comunione che si fa strada anche tra i presbiteri;
- una responsabilità settoriale, ma importante, che contribuisce certamente alla costruzione della chiesa. Si tratta di funzioni specifiche volte al servizio dell'insieme del corpo ecclesiale e senza le quali esso non potrebbe essere fedele alla totalità della sua missione. Queste responsabilità corrispondono a ciò che fa la peculiarità del diaconato: la presenza sacramentale della chiesa al servizio degli ultimi e in particolare dei poveri e l'evangelizzazione nel cuore di alcune realtà pastorali, quali la pastorale familiare, la pastorale dei sacramenti, le relazioni con l'ambiente dei non credenti, la pastorale dei malati, e quant'altro.

Configurati a Cristo
In queste funzioni, dunque, i ministri ordinati partecipano all'unico sacerdozio di Cristo. Infatti, «lo Spirito Santo mediante l'unzione sacramentale dell'Ordine li configura, ad un titolo nuovo e specifico, a Gesù Cristo Capo e Pastore, li conforma ed anima con la sua carità pastorale e li pone nella Chiesa nella condizione autorevole di servi dell'annuncio del Vangelo ad ogni creatura e di servi della pienezza della vita cristiana di tutti i battezzati» (PDV 15). I diaconi, inoltre, in nome del vescovo, e se questi lo riterrà opportuno, sono pienamente responsabili di queste missioni specifiche, attraverso le quali essi insegnano, santificano e governano il popolo di Dio, in collaborazione piena e in comunione col ministero dei presbiteri. Pertanto, «l'ordinazione conferisce loro funzioni importanti nel ministero della Parola, del culto divino, del governo pastorale e del servizio della carità, compiti che devono assolvere sotto l'autorità pastorale del loro vescovo» (CCC n. 1596).
Il ministero dei diaconi è, allora, in modo proprio, orientato verso la costruzione della chiesa, anzi senza di essi il ministero ordinato è monco e la stessa struttura gerarchica non è completa. Infatti, «i ministeri conferiti dall'ordinazione sono insostituibili per la struttura organica della Chiesa: senza il vescovo, i presbiteri e i diaconi, non si può parlare di Chiesa (cf. Sant'lgnazio di Antiochia, Epistula ad Trallianos, 3,1)» (CCC n. 1593).
Ma, «Non si pensi però che tutto ciò sia scontato. Il ripristino del diaconato ha comportato non pochi problemi d'indole pratica e d'indole teologico-pastorale. Ciò malgrado, ecclesiologicamente parlando, quello del diacono è un ministero assolutamente necessario. La sua assenza compromette infatti lo stesso autocomprendersi della Chiesa»6. La missione dei diaconi, poi, non è soltanto quella di calarsi nelle opere di solidarietà; può anche essere, per esempio, una missione di riunione, compresa quella realizzata attraverso la Parola e la liturgia, affinché la comunità ecclesiale possa mettersi sempre più al servizio degli uomini, soprattutto quelli più bisognosi, dedicandosi in tal modo a configurare la chiesa al corpo di Cristo-servo. Quando i diaconi sono inviati a esercitare tali responsabilità in alcuni settori della chiesa, essi collaborano alla missione pastorale, cioè di governo, del vescovo, e mettono in atto un potere. Ed è ovvio che il ministero del diacono comporti, in un modo o nell'altro, una dimensione d'autorità e di potere7 che deriva da Gesù Cristo.
Ed è questo, soprattutto, il potere e l'essenza del diaconato: «essere un servo dei misteri di Cristo, e al contempo, essere un servo dei vostri fratelli e sorelle»8. Anche nella liturgia, e in particolare nella Preghiera dei fedeli proposta nello schema della solennità di Cristo re dell'universo, troviamo il concetto di pastore per il ministero ordinato: «Per i pastori del popolo di Dio, vescovi, presbiteri, diaconi, perché siano imitatori di colui che è venuto non per essere servito, ma per servire»9. Non ci sono dubbi, allora, su questa partecipazione del diacono al pastorato del vescovo, in collaborazione col presbiterio. E, se il vegliare sulla comunione ecclesiale è il compito primario del vescovo e del presbitero, la missione del diacono è quella di fare in modo che questa comunione sia realmente una comunione di servizio. Il diacono, pertanto, si farà servitore di tutti, affinché tutti siano servitori gli uni degli altri.



(Giuseppe Barracane è Dottore in Sacra Teologia
con specializzazione in Antropologia Cristiana)


Note:

1 S. Zardoni, I diaconi nella Chiesa. Ricerca storica e teologica sul diaconato, Dehoniane, Bologna 1983, p. 138.
2 CIC, can. 1008, così come modificato da Benedetto XVI col Motu Proprio Omnium in mentem.
3 Congregazione per il culto divino, Direttorio Christi Ecclesia sulle celebrazioni domenicali in assenza di presbitero, 2 giugno 1988, n. 29. Il corsivo è mio.
4 CEI, Documento pastorale Comunione e comunità missionaria, 29 giugno 1986, n. 17.
5 Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica post-sinodale Pastores dabo vobis (=PDV), 25 marzo 1992, n. 15.
6 C. Militello, La Chiesa «il Corpo Crismato». Trattato di ecclesiologia, EDB, Bologna 2003, p. 692.
7 Nel CIC troviamo: la capacità di esercitare il potere di governo o di giurisdizione a causa dell'ordine sacro ricevuto (can. 129); il ricevere incarichi il cui esercizio richiede il potere di ordine o di governo (can. 274); benché i diaconi non possano essere vicari generali né episcopali, possono essere nominati però giudici diocesani (can. 1421,1) e anche giudice unico (can. 1425,4); possono anche concedere alcune dispense (can. 89; can. 1079,2), o assistere come facoltà generale ai matrimoni (can. 1111s); sono ministri ordinari del battesimo (can. 861,1), della comunione (can. 910,1) e dell'esposizione eucaristica (can. 943); possono predicare dappertutto (can. 764) e l'omelia è riservata a loro come ai presbiteri (can. 767,1).
8 Giovanni Paolo II, I diaconi permanenti sono i servitori dei misteri di Cristo e dei propri fratelli, Detroit, 19 settembre 1987, in Insegnamenti X/3, LEV, Città del Vaticano 1988, p. 655.
9 CEI, Orazionale per la preghiera dei fedeli, LEV, Città del Vaticano 1983, p. 65.





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Globalizzazione?
I popoli e le nazioni di tutto il mondo costituiscono, ormai, ogni giorno più - a tutti i livelli - una unità indissociabile (anche se, come ogni vera unità, plurima e, perciò, riccamente articolata: multitudo ordinata!), significa che i problemi scientifici, tecnici, economici, sociali, politici, culturali e religiosi di ogni popolo sono problemi la cui soluzione interessa organicamente tutti gli altri popoli del globo! Tutti i muri sono spezzati: tutte le barriere sono infrante; tutti gli schemi mentali di divisione sono tolti; i confini dei popoli sono trasformati da muri che dividono in ponti che uniscono! Le generazioni nuove sono, appunto, come gli uccelli migratori: come le rondini: sentono il tempo, sentono la stagione: quando viene la primavera essi si muovono ordinatamente, sospinti da un invincibile istinto vitale - che indica loro la rotta e i porti!- verso la terra ove la primavera è in fiore! Così le generazioni nuove del tempo nostro!

Giorgio La Pira





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