La politica, una via alla santità



Il diaconato in Italia n° 163
(luglio/agosto 2010)

FORMAZIONE


La politica, una via alla santità
di Carlo Maria Martini


«Un importante aspetto del compito educativo sta nel formare alla capacità del discernimento cristiano della vita quotidiana e della storia. Il Concilio Vaticano II ci ha insegnato questo atteggiamento, che è di un'attualità sorprendente nell'accelerazione che i cambiamenti hanno assunto. Nell'aggrovigliarsi delle situazioni e nella crescente complicazione delle problematiche, trovare criteri di discernimento risulta decisivo per la formazione delle coscienze.
Le comunità cristiane non si propongono come detentrici di soluzioni per ogni problema, ma piuttosto, come compagne di viaggio, intendono sostenere e incoraggiare la ricerca di orientamento e di direzione. Comunità di cristiani adulti che nella complessità imparano a confrontarsi senza fughe; a entrare nel vivo dei problemi analizzandoli nel confronto e nel dialogo, anche nella pluralità delle culture, per individuare inizi di soluzioni. Cristiani che non si abbandonano al pessimismo sulla tragicità dell'oggi, ma cercano i segni dei tempi in cui sono stati chiamati a vivere, sapendo mettere mano alle cose con la responsabilità di chi ha imparato a guardarle con la visuale ampia di Dio. La capacità di discernimento aiuta a uscire dagli stereotipi di cristiani spauriti e angosciati, o che semplicemente stanno alla finestra, ed è il segno di una maturità che nel presente ha una verità da dire e delle proposte da sostenere, che non vive ai margini della realtà, ma con coraggio si assume la responsabilità delle situazioni.
Educare cristiani e cittadini con questo stile fa parte del compito primario delle Chiese, secondo l'insegnamento del Vaticano II, che nel tempo acquista uno spessore di saggezza profetica, per cui il popolo di Dio in cammino si sente partecipe delle vicende dell'umanità intera, chiamato ad interpretare il significato profondo degli avvenimenti con gli occhi della fede, cercando di cogliere la volontà del Signore, i segni dei tempi, per annunciare con la parola e testimoniare con la vita la volontà salvifica del Padre e il suo giudizio sulla storia».
(N° 5 Nota pastorale della Commissione episcopale per i problemi sociali e il lavoro Le comunità cristiane educano al sociale e al politico, 1998).
Nel momento politico che stiamo vivendo non è sempre facile reagire con adeguato discernimento, che tuttavia rimane necessario. Nel dibattito pubblico e nella stessa polemica, infatti, si intrecciano: questioni di principio, riguardanti l'affermazione e la corretta interpretazione di principi etici quali, ad esempio, l'illiceità dell'aborto, l'illiceità della fecondazione artificiale (secondo quanto afferma l'istruzione Donum vitae della Congregazione per la dottrina della fede), la libertà della scuola, il principio di sussidiarietà e la sua applicazione ecc.;
questioni di fatto, come la presenza o meno di un dato principio morale nel dettato costituzionale e, conseguentemente, la legittimità o ammissibilità costituzionale di una determinata disposizione legislativa;
questioni di procedura legislativa, riguardanti ad esempio, il modo con cui fare una legge che traduca nella prassi alcuni principi etici, rispettando le esigenze della democrazia e tenendo presente il bene comune concretamente raggiungibile in un determinato quadro politico e parlamentare;
questioni di opzione politica, riguardanti, tra l'altro, l'accettazione o meno del bipolarismo, la nascita di un nuovo centro, il raggiungimento di nuovi equilibri politici, l'accoglienza o meno di una determinata forza politica nel Partito Popolare Europeo, il fallimento della bicamerale, l'intreccio (o il rapporto) tra le vicende politiche e quelle della giustizia.
Di fronte al groviglio con cui spesso si presentano queste questioni, sapienza richiede che, come premessa per un autentico discernimento, si sia particolarmente attenti a distinguere le diverse questioni, evitando ogni confusione o fraintendimento.

Principi di discernimento politico
Oltre a garantire la distinzione fra le diverse questioni, è indispensabile tenere presenti e rispettare alcuni principi generali di discernimento politico, che possono essere riassunti nel modo seguente. Occorre distinguere, innanzitutto, tra principi etici e azione politica. I principi etici sono assoluti e immutabili. L'azione politica, che pure deve ispirarsi ai principi etici, non consiste di per sé nella realizzazione immediata dei principi etici assoluti, ma nella realizzazione del bene comune concretamente possibile in una determinata situazione. Nel quadro di un ordinamento democratico poi il bene comune viene ricercato e promosso mediante i mezzi del consenso e della convergenza politica. Nel fare ciò non è mai possibile ammettere un male morale.
Può però accadere che, in concreto, quando non sia possibile ottenere di più, proprio in forza del principio della ricerca del miglior bene comune concretamente possibile, si debba o sia opportuno accettare un bene minore o tollerare un male rispetto a un male maggiore. Istruttivo a tale riguardo è un passaggio del n. 73 dell'enciclica Evangelium vitae nel quale - a proposito di quel particolare problema di coscienza che «potrebbe porsi in quei casi in cui un voto parlamentare risultasse determinante per favorire una legge più restrittiva, volta cioè a restringere il numero degli aborti autorizzati, in alternativa ad una legge più permissiva già in vigore o messa al voto» - si legge: «Quando non fosse possibile scongiurare o abrogare completamente una legge abortista, un parlamentare, la cui personale assoluta opposizione all'aborto fosse chiara e a tutti nota, potrebbe lecitamente offrire il proprio sostegno a proposte mirate a limitare i danni di una tale legge e a diminuire gli effetti negativi sul piano della cultura e della moralità pubblica».
E ciò perché, come dice ancora l'enciclica, «così facendo [...] non si attua una collaborazione illecita a una legge ingiusta, piuttosto si compie un legittimo e doveroso tentativo di limitarne gli aspetti iniqui». A partire da queste affermazioni magisteriali, ci si può legittimamente chiedere se - come sembrerebbe - quanto detto possa valere anche quando ci si trova di fronte al dilemma se elaborare o no una determinata legge su un dato argomento, nel caso sia da preferire l'avere una legge imperfetta al non averne alcuna. Nel prendere questa decisione ci si dovrà riferire a criteri di ordine politico pratico: si tratta, infatti, di vedere qual è il maggior bene comune praticamente ottenibile. Ed è alla luce di questi criteri che si dovrà giudicare della coerenza o meno di un certo comportamento da parte di politici che si rifanno all'ispirazione cristiana, fatto salvo ovviamente l'impegno da parte di costoro di opporsi con tutte le loro forze a una legge moralmente inaccettabile e di adoperarsi per raggiungere democraticamente il maggiore consenso possibile intorno a quanto proposto dalla morale cristiana convincendo della bontà della stessa per la convivenza civile.
In secondo luogo, si deve tenere presente che quando i Vescovi si esprimono pubblicamente lo fanno sempre per difendere i principi etici e, ordinariamente, non intervengono per indicare soluzioni politiche pratiche né riguardo ai singoli problemi né in riferimento agli indirizzi da dare agli ordinamenti politici. Ciò vale, ad esempio, anche circa i temi del bipolarismo e del centrismo. Come tali, i principi etici non sono negoziabili ed è su di essi che intervengono i Vescovi, impegnando la loro autorità magisteriale.
Su tali principi - quali, ad esempio, la difesa della dignità della persona, della vita umana, della famiglia, della libertà scolastica - i cristiani impegnati in politica non possono fare sconti o tenere atteggiamenti incoerenti o timorosi. Altra, invece, è la questione della individuazione di una soluzione politica realistica che, a partire da quei principi etici non negoziabili, cerchi il maggior bene comune possibile e ottenibile nelle circostanze concrete. Questo spetta ai cristiani, i quali, nello svolgimento di questa loro responsabilità, possono avere anche pareri diversi, pur nel rispetto dei medesimi principi. Sempre quanto agli interventi dei Vescovi, si deve ricordare che essi intervengono o attraverso l'esercizio personale del loro magistero, mediante atti specifici e ufficiali, o con decisioni assembleari della Conferenza episcopale. Ne segue che nessuna presa di posizione di qualsivoglia organo di opinione o agenzia può essere confusa con ciò che dicono i Vescovi e con il loro magistero. I Vescovi infatti non si identificano con nessun organo massmediale, anche se stimano e incoraggiano quegli organi che promuovono i principi etici e li sostengono; ma essi non ne sposano necessariamente tutti gli interventi, né nel merito né nei modi. Ne segue pure che interventi di singoli Vescovi che non si presentassero secondo le caratteristiche di veri e propri interventi magisteriali - e che non siano la riproposizione dei principi etici e delle irrinunciabili esigenze che vi sono inscindibilmente connesse - sarebbero da prendere in seria e attenta considerazione come preziosi contributi alla riflessione e per la forza delle ragioni che espongono ed esibiscono.
È importante avere vivo il senso di queste distinzioni da parte di tutti coloro che vi sono coinvolti (vescovi, responsabili dei mass media, utenti). Altrimenti i Vescovi verrebbero coinvolti in cose che non hanno detto o che non spetta a loro dire in quanto Vescovi.

Principi etici e leggi
Quanto al fatto specifico della costituzionalità o meno di una legge, si tratta di tenere presenti almeno due indispensabili considerazioni: l'una riguardante la presenza di un principio etico nel dettato costituzionale e l'altra concernente la sintonia tra una legge e il dettato costituzionale. Non si deve confondere il principio etico, che non è mai negoziabile, con il suo essere presente o no in una carta costituzionale. Inoltre, anche se tale principio non fosse scritto nel testo o se fosse dubbia la sua appartenenza al testo scritto, esso rimarrebbe un principio etico incontrovertibile con tutta la sua forza.
Più precisamente, si tratta, in primo luogo, di vedere se un determinato principio etico è presente, esplicitamente o come necessaria conseguenza di altri principi puntualmente codificati, nella carta costituzionale, la quale, a sua volta, si presenta come il concentrato dell'etica condivisa da un popolo. La correttezza di tale giudizio dovrà essere verificata alla luce di una corretta esegesi ed ermeneutica della Costituzione e non in forza di altri criteri. In secondo luogo, si tratta di verificare la sintonia tra una legge e la Costituzione. Anche a tale proposito, le argomentazioni devono essere di ordine giuridico e vanno valutate alla luce dei canoni di una corretta lettura e interpretazione dei dati legislativi e costituzionali. Né si può escludere che, entro certi limiti, vi possano essere interpretazioni e giudizi non del tutto coincidenti. In altri termini, il giudizio di costituzionalità di una legge - compresa quella sulla fecondazione artificiale eterologa - non può essere formulato né in base a motivi di ordine confessionale, in nome della propria fede e della rispettiva morale, né in base a logiche di appartenenze politica e/o di schieramento. L'unico criterio legittimo è quello giuridico, logico-razionale: con la più rigorosa obiettività e imparzialità, si tratta di operare un confronto tra la Costituzione, sia nel suo dettato che nel suo spirito, da un lato, e la concreta proposta di legge, dall'altro. Salvo restando il dovere - qualunque sia il giudizio circa la costituzionalità della legge - di opporsi con tutte le proprie forze a una legge moralmente inaccettabile.
In tutte queste cose, come in ogni discussione politica, abbiamo bisogno non tanto di clamori o di emozioni o di accuse reciproche, bensì di un serio discernimento morale e politico e di una responsabile riflessione, da parte di tutti, credenti e laici, sui gravissimi valori in gioco. È questo che, a medio e lungo termine, giova al bene di una nazione. I Vescovi stessi hanno a cuore che ci si educhi a questo serio discernimento morale e politico e che, insieme, ci si impegni per realizzarlo.
Bisogna, infine, guardarsi sempre dalle strumentalizzazioni politiche, partitiche o di potere che possono riguardare sia le scelte concrete e la loro coerenza con i principi etici sia la stessa presentazione e interpretazione dei principi. Tali strumentalizzazioni spesso si nascondono anche nelle vesti dell'agnello, ossia nella pretesa avanzata da alcuni di voler difendere i principi contrapponendosi ad altri o accusandoli di non difenderli come dovrebbero. Ognuno va giudicato non solo sulle intenzioni o proposte astratte, ma sui fatti concreti e sulla coerenza complessiva in tutta l'azione politica: non basta conclamare propagandisticamente un principio etico irrinunciabile; occorre piuttosto mostrare una coerenza complessiva di azione in tutto lo spettro delle attività politiche perché i principi possano essere difesi in modo veramente credibile, offrendo la certezza che essi verranno veramente difesi fino in fondo.



(Da "La politica: via alla santità", Convegno Regionale
delle Scuole di Formazione all'impegno sociale e politico, 13 giugno 1998)




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