Dalla sequela alla diaconia nel sociale



Il diaconato in Italia n° 163
(luglio/agosto 2010)

SPIRITUALITÀ


Dalla sequela alla diaconia nel sociale
di Giovanni Chifari


Risplendere (Mt 5,16) senza apparire, dare sapore (Mt 5,13) per valorizzare, testimoniare per rinnovare, a volte «sradicare e demolire» ma specialmente «edificare e piantare» (Ger 1,10) per poi custodire e consegnare a Dio nella carità, ecco un'eredità che il cristiano ed i ministri ordinati, ricevono dalla Scrittura, alimentano nell'Eucarestia, sperimentano nella fraternità, rinsaldati dalla memoria di quanti ci hanno preceduti nel cammino di santità aperti alla profezia di Dio per l'oggi dell'uomo.
Essere discepoli di Cristo oggi come al tempo dei primi cristiani, è segno che da visibilità ad una presenza chiamata a far fermentare nel mondo il seme di Cristo, narrando «le cose dello Spirito di Dio» (1Cor 2,14) non con parole sublimi e persuasive, ma attraverso quella parola della croce (logos tou starau - 1Cor 1,18), apparente stoltezza che confonde i sapienti, debolezza rivestita di potenza e sapienza di Dio, vanto nel Signore (1Cor 1,31) che riduce al nulla le cose che sono (1Cor 1,28). Invocata ed osteggiata, apprezzata ma anche temuta, relegata ad ambito privato o ad un fatto di coscienza, la testimonianza dei cristiani nel mondo politico e sociale, prestandosi a facili strumentalizzazioni, rischia di cadere nel disorientamento e nell'assenza di profezia.
Come far risuonare la potenza della resurrezione di Cristo? Come far vivere ed annunciare questa eredità e consegna? Siamo icona di quel popolo di trasfigurati che hanno incontrato il Signore e non possono né tacerlo, né non rifletterlo?
Vivere da risorti con Cristo, significa vivere le proprie occupazioni, il lavoro, la famiglia, il ministero, con lo stile del Risorto. Del resto Pietro stesso dopo la resurrezione di Gesù, ci dice il IV Vangelo, ritorna a pescare (cf. Gv 21,3), e in quel frangente incontra il Signore. Vivere nel mondo sociale e pensare ad una prospettiva operativa in ambito politico, è allora, più che una sfida o una missione, una diaconia. È, vale a dire, lo stile "naturale" di chi, avendo incontrato Cristo, ne diviene "amico" e strumento, banditore che annuncia e media la sua volontà di salvezza, pace e redenzione.
La memoria delle autentiche ed autorevoli testimonianze del passato, spesso nostalgicamente evocate in un tempo in cui si percepisce meno la forza profetica dei cristiani, ci mostrano che è "semplicemente" necessario essere disponibili all'azione di Dio, lasciarsi da Lui abitare e riempire, in modo che Egli possa completare la sua opera in ognuno di noi. La profezia scaturirà dal discepolato e dalla rinnovata qualità della relazione con Cristo, e dovrà scontrarsi quotidianamente con gli effetti e forse persecuzioni di chi in Cristo è come Lui segno di contraddizione (Lc 2,34), pietra d'inciampo (cf. 1Pt 2,8; Is 8,14), tuttavia motivo di beatitudine e di gioia (cf. Mt 5,11-12) nello scrutare le vie di Dio, che anche nel deserto (cf. Is 43,19) apre i suoi percorsi ed itinerari di salvezza.

Sulla dialettica fra servizio e sequela
Una diaconia se intende mediare l'incontro con Cristo, annunciare la novità della sua resurrezione, servire il prossimo nella carità, deve scaturire dal discepolato, dalla sequela di Cristo. Che significa, infatti, servire Gesù (cf. Mc 1,23.31; 15,41)? Quale dialettica fra servizio e sequela (cf. Gv 12,26)?
Bere il suo calice, ricevere il suo battesimo (cf. Mc 10,39-40) richiama una sequela che nel servizio, condivide e partecipa alla stessa passione redentrice di Gesù, è questa la Gloria di chi intende servire, di chi si pone in ascolto delle Sue parole, per quel morire a se stessi, rinnegare la propria vita (cf. Mt 16,24), in quel martirio spirituale, onorato dal Padre. Chi serve il Cristo seguendolo, annulla la distanza con lui, "voi qui, io là" (cf. Mt 26,36), e rimanendo nello Spirito del Risorto realizza la parola di Gesù: «dove sono io sarete anche voi» (Gv 14,2).
In Cristo, svolgere un servizio e dare la vita, è un tutt'uno con la salvezza e la redenzione dell'uomo e del mondo, mentre nel cristiano significa accogliere la conversione come processo di conformazione ed assimilazione (cf. Gv 13,14-17). Chi serve Cristo, ascoltando le sue parole, è da Lui conosciuto, divenendo dimora del Padre e dello Spirito. Chi dice di servire Cristo, anche con il più eroico degli atti, anche dando la propria vita (cf. 1 Cor 13,3), avendo abbracciato un'idea e non una persona, non essendo in Cristo, ma lasciandosi esaurire dal fare, sarà invece chiamato operatore d'iniquità (cf. Mt 7,23), poiché privo di reale carità (cf. Mt 25,16).
Se non comprendiamo il suo linguaggio (cf. Gv 8,43), non potremo ascoltare le sue parole, né intendere il valore dei segni che rivelano la sua presenza nel mondo. L'invito al servizio fondato sulla sequela, nel IV vangelo, inserito al cap. 12, indica forse quel cammino di necessaria assimilazione e conformazione a Cristo, sulla via della croce, in grado di illuminare i segni di prima (sei, capp. 2-11) nel Segno della Resurrezione (settimo) compimento e comprensione piena del prima e del dopo.
Chi serve da risorto con Cristo, testimonia questa qualità nuova di relazione nella fede e nell'amore. Tale relazione è particolarmente evidente nella riflessione sulle cene eucaristiche, sostenute dalla consapevolezza che è il Gesù risorto che continua a parlare ai suoi donando se stesso come cibo, invitandoli a compiere la diaconia della Parola che salva e la diaconia della Mensa che unisce e dà la vita1. Dall'esempio di Cristo e dalla comunione con lui, deriva quella risposta ecclesiale e personale di ognuno di noi secondo i propri carismi ed il proprio stato di vita. Allora il servizio diaconale è chiamato ad esprimere sia quell'opera di mediazione della ministerialità cristiana che quel processo di piena assimilazione a Cristo. Dalla relazione con Cristo deriva l'autentico servizio, dalla sequela di lui, nella gioia (cf. 2Cor 9,7) e nella pace, quell'esperienza di Dio da portare e tradurre nella ministerialità cristiana e sacramentale.

Una diaconia politica
Una diaconia politica, che sgorga dalla diaconia di Cristo, riuscendo a coniugare servizio e sequela, conversione e vita, vivrà il servizio al prossimo nella carità nella consapevolezza di chi sa di essere strumento inutile (cf. Lc 17,5-10) attraverso il quale Dio continua a fecondare le pieghe della storia. La diaconia politica è dunque annuncio di quella stessa mediazione salvifica di Cristo, crocifisso e risorto, che nello Spirito professa la certezza e la speranza che Dio è presente nella storia, in una storia di salvezza.
I diaconi permanenti, in virtù del sacramento dell'Ordine sacro, chiamati ed eletti fra i battezzati, per divenire testimoni e formatori, evangelizzatori della cultura, poiché vivono nel mondo con il sigillo del carattere sacro, forse più dei vescovi e dei presbiteri, sono chiamati ad essere costruttori di ponti, saggi e sapienti delle cose di Dio, testimoni del legame e dell'amore fra Dio, la storia e il mondo. Essi fra cielo e terra, tenendo fisso lo sguardo su Cristo (cf. Eb 12,2) e sulle cose di lassù (cf. Col 3,1-2), possono fecondare la storia, fermentare la società, attraverso un contributo formativo, per la crescita cristiana dei battezzati, e testimoniale, con l'esempio della loro stessa vita. Essi annunciano che è il Cristo servo l'icona che meglio traduce l'identità del Cristo "Capo", testimoniando il volto chiesto ed invocato per i tre gradi dell'Ordine sacro, realmente configurati al Signore2.
Quale sinergia, armonia e dialettica, può orientare e sostenere il servizio nel mondo politico e sociale? Come essere profeti oggi? La riflessione su una diaconia, fondata sulla Parola e sull'Eucarestia, sancisce l'inscindibile legame, sottolineato nel recente contributo di don Bellia, tra ascolto e sequela, ricerca e attesa, memoria e futuro3, che mirabilmente risplende nella prassi e nella vita dei testimoni, dei santi e dei martiri, che hanno impreziosito lo scenario politico e sociale del secolo scorso, lasciandoci in eredità l'annuncio del primato di Dio, che irrora e feconda la storia con l'umile assenso di chi serve con amore.
l'accento posto sulla spiritualità è quell'humus che ci consente di «abitare il mondo tra memoria e profezia» per saper discernere e scandire il tempo per osare e il tempo per attendere, per poter fare esperienza di quel Dio nascosto e presente nella storia tra evidenza ed inevidenza, in quell'impegno sapienziale che sotto l'azione dello Spirito «riempie di senso l'ordinarietà del vivere». Guardare al mondo per osservare ed analizzare quanto esso tacitamente ed esplicitamente ci suggerisce attraverso il filtro della carità, per servire il prossimo nella speranza della salvezza (1Ts 5,8).
Una diaconia che potrà fare breccia sul mondo per un servizio che troverà nell'ascolto della Parola, la natura della sequela, e nell'Eucarestia la forza di «donare senza trattenere nulla per sé» è la fonte e il culmine di una condivisione che non scommette sul fare degli uomini ma sul «consegnare a Dio - nello spazio orante e nel discernimento - tutto ciò che si condivide con la gente»4. Una diaconia politica che annuncia la speranza, è la cifra della maturità nella sequela di Cristo della comunità ecclesiale, del suo costante ascolto della voce dello Spirito che la sostiene, donandole santi Pastori, secondo il cuore di Dio (cf. Ger 3,15), santi sacerdoti e diaconi che possano accompagnare, riconoscere e favorire l'impegno dei laici, soprattutto dei giovani verso una diaconia politica intesa come «servizio al bene comune ed espressione più alta della carità sociale»5, perché, in Cristo, risplenda la loro luce davanti agli uomini (cf. Mt 5,12).


(G. Chifani, Licenziato in Teologia Biblica e dottorando in Teologia,
insegna Teologia Biblica nell'Istituto Scienze religiose "Giovanni Paolo II" di Foggia)



Note
1. G. Bellia, Dalla Diaconia di Cristo ai ministeri della Chiesa, in P. Sorci (a cura di), Il Presbitero nella Chiesa dopo il Concilio Vaticano II, Il Pozzo di Giacobbe, Trapani 2005, p. 92.
2. Similmente si chiede la CTI (Il Diaconato permanente. Evoluzioni e Prospettive, LEV, Città del Vaticano 2003, cap. IV n.6), commentando un'indicazione della Ratio Fundamentalis del 1998.
3. G. Bellia, Servi di Chi. Servi perché. Piccolo manuale della diaconia cristiana, Editrice Rogate, Roma 2010, p. 157-168.
4. CEI, Per un Paese solidale. Chiesa Italiana e Mezzogiorno, Città del Vaticano 21 febbraio 2010, n. 3. 5 Ib., n. 11.16.





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