Assunzione della Beata Vergine Maria
Ap 11,19a;12,1-6a.10a
1Cor 15,20-27a
Lc 1,39-56
Messa vespertina nella vigilia
Messa del giorno
IN MARIA SPLENDE
LA VITA SENZA FINE
Le grandi solennità e feste mariane lungo l'anno liturgico ci aiutano a comprendere la natura e la missione della Chiesa. In ognuna di queste ricorrenze noi contempliamo in Maria ciò che la Chiesa dovrebbe essere: sposa pura e immacolata per il suo Signore (Immacolata Concezione), madre che genera Dio nel mondo per grazia dello Spirito (Maria, madre di Dio), serva obbediente alla Parola (Annunciazione) ma anche sorella premurosa che soccorre chi è in difficoltà e vive lo scambio della fede (Visitazione), per fare alcuni esempi. L'odierna solennità non si presta facilmente ad applicazioni morali. Nell'Assunzione al cielo non vediamo ciò che la comunità cristiana deve essere, ma ciò che sarà per pura grazia di Dio. Non c'è infatti vita talmente virtuosa da meritare di diritto un simile destino di gloria. L'Immacolata Concezione, Madre di Dio, non poteva conoscere la corruzione del sepolcro certo, ma questo ancora per un eccezionale dono dell'alto, consequenziale alla propria divina maternità.
La nostra fatica nella predicazione, in questa solennità, non nasce solo dalla sua collocazione al cuore dell'estate, quando, oltre al meritato riposo, esplode un'altra celebrazione del corpo, non come santuario destinato a risorgere, ma come idolo alla cui perfezione ed eterna giovinezza immolare tempo, energie e denaro. Il nostro imbarazzo nasce anche dal fatto che oggi è molto difficile percepire la vita cristiana nella sua totalità, inclusa la morte e la vita eterna. Sembrano verità lontane e inattuali per chi, come noi, non ha più una vera "riserva" escatologica nella propria fede. Tutto sembra consumarsi in questo orizzonte terreno fino a quando l'età o la malattia non presentano davvero alla nostra coscienza il problema della finitudine umana. Tuttavia la pasqua mariana, come potremmo chiamare l'Assunzione della Vergine, non è priva di implicazioni per il nostro presente. Anzi, ci offre l'unica prospettiva realmente accettabile, per un cristiano, da cui osservare i giorni che passano.
Il testo evangelico, nell'inno del Magnificat, attribuisce a Maria una beatitudine senza confine nel tempo. Così è stato, se pensiamo solamente a quanto il nome e il volto della Vergine siano stati protagonisti della storia dell'arte o della poesia. Innumerevoli santuari, dipinti, immagini e invocazioni riportano a noi il volto e la vicenda di Maria. La ritroviamo anche nei luoghi più impensati, su bocche da cui mai ci saremmo aspettati di udire una preghiera. La sua maternità ha realmente qualcosa di universale, patrimonio di chiunque un giorno, sentendosi indegno di rivolgersi a Dio, alza gli occhi verso colei il cui manto si stende a coprire ogni dolore e ogni afflizione, senza distinzione di sorta. «Tutte le generazioni mi chiameranno beata» (v. 48). Così è avvenuto. Ma c'è di più. Diversamente rimarremmo ancora intrappolati dentro a un compimento solo mondano della promessa divina. La vicenda di Maria è invece entrata nell'eternità, tutta intera, in un modo che anticipa quello che può accadere per ciascuno di noi. Spesso crediamo erroneamente che la vita eterna inizi dopo la morte e che noi vi entreremo quando ci saremo presentati al cospetto di Dio.
Ma se così fosse, la vita eterna non sarebbe tale, avendo un inizio con la nostra morte. Se è eterna deve essere da sempre, senza avere un principio. Non possiamo essere noi a entrare nell'eternità, ma deve essere l'eternità, che ci precede, a entrare nella nostra concreta esistenza storica. La separazione non è netta, già qui sulla terra. Sappiamo infatti che l'amore non avrà mai fine (1Cor 13,8). La vita eterna, cioè, consiste nell'amore pienamente realizzato e compiuto. Scrive san Giovanni nella sua prima lettera che chi ama, è passato dalla morte alla vita (1Gv 3,14). Al contrario, il nostro percorso sembrerebbe andare dalla vita alla morte. È l'amore che conferisce ai nostri atti e ai nostri gesti un valore eterno. Tutto quanto è avvolto dall'amore, come dalle bende che avvolsero il corpo di Cristo nel sepolcro non può conoscere la fine. Se l'amore non avrà mai fine, ogni gesto d'amore, ogni oggetto che rende strumento d'amore per Dio e i fratelli è già parte della vita eterna la quale entra nel nostro quotidiano salvando e permeando di sé tutto quanto è impregnato d'amore.
Per questa ragione la speranza nell'eternità non sconfessa l'impegno e la dedizione, ma li consacra. Vivere protesi al futuro pieno di Dio non significa ignorare il fratello che domanda il mio aiuto qui, ora. Perché tutto l'amore che vivo qui, da subito, è già vita eterna. Ritroverò tutto l'amore che ho vissuto e tutto ciò che ho fatto con amore in paradiso. Non può conoscere la fine né la consumazione. Noi risorgeremo assieme a tutto ciò con cui abbiamo amato gli altri. Per questo le nostre relazioni non sono un passatempo di questa vita, ma il tessuto che costituirà la nostra esistenza definitiva. Non si tratta solo di ricevere il premio eterno. È molto di più. È la vita senza fine di Dio che colora i miei giorni e prende possesso dei frammenti più luminosi del mio agire. Il Cantico di Maria si chiude con le parole "per sempre" (v. 55) ben oltre "tutte le generazioni". Il suo corpo, ossia tutto il suo quotidiano è stato permeato dall'amore pasquale, invaso dall'eternità di Dio. Non lei è entrata nell'eternità. Ma l'eternità, che è da sempre, è entrata in lei. Per questo non ha conosciuto la corruzione del sepolcro. In lei splende il nostro luminoso destino.
VITA PASTORALE N. 7/2010 (commento di Claudio Arletti,
presbitero della arcidiocesi di Modena-Nonantola)