dal
Foglio di Collegamento
dei Diaconi dell’Arcidiocesi di Torino
Il Diaconato: Esperienza di famiglia
Lo scorso 23 settembre il Signore ha chiamato a sé Gilberto Bonansea. Eccone il ricordo, letto durante la S. Messa esequiale. Dopo, la moglie Maria Pia e le figlie Maria Cristina e Anna Maria ci donano alcuni ricordi del marito e papà.
di Franco Cerri
Sono io a ricordare Gilberto, perché altri che meglio di me lo hanno conosciuto, pensavano di non riuscire a vincere la loro emozione nel parlare.
Gilberto nacque a Torino nel 1940, secondo di due fratelli. Sin dalla prima giovinezza ebbe modo di vedere i suoi genitori entrambi impegnati in Parrocchia nella pastorale e come dirigenti di Azione Cattolica. Si diplomò perito industriale e diede inizio alla sua carriera lavorativa nell'industria, dove giunse a ricoprire funzioni di responsabilità.
Nel tempo libero frequentò l'Accademia Musicale Stefano Tempia come corista e lì incontrò Maria Pia, che sposò nel 1964. Dal loro felice matrimonio nacquero Maria Cristina e Anna Maria, che hanno fatto sempre insieme a mamma e papà le scelte di impegno e vita pastorale. La solida e duratura, e anche tenera unione tra Maria Pia e Gilberto è stata di esempio per molti ed in particolare per i tanti giovani fidanzati che in seguito prepararono al matrimonio.
Nel 1967, incontrarono don Enrico Coccolo e con lui la spiritualità del Movimento dei Focolari. Da quel momento fecero dell'unità e dello spirito di comunione nella verità il loro ideale di vita. Gilberto era solito dire: "La cosa più importante che è successa alla mia famiglia è stato l'incontro con il Movimento". Da allora, iniziò la conoscenza con don Vincenzo Chiarle e la parrocchia di Vallo Torinese.
Frequentò l'Istituto Superiore di Scienze Religiose e per un certo tempo fu anche insegnante di religione presso l'Istituto delle Domenicane. Nel 1979 fu ordinato diacono dal Card. Anastasio A. Ballestrero e prestò inizialmente il suo servizio diaconale presso la parrocchia di Santa Giovanna d'Arco, successivamente fu collaboratore pastorale presso la parrocchia Santa Chiara e poi presso la parrocchia Stimmate di San Francesco.
Dal 2007 fu anche nominato Assistente spirituale presso l'Istituto per anziani "Buon Riposo" di Torino. Unitamente a Maria Pia, il Card. Ballestrero lo nominò membro del Consiglio Pastorale Diocesano, incarico che ricoprì nuovamente di recente con il Card. Severino Poletto.
Nel diaconato, Gilberto fu per diversi anni formatore degli aspiranti ed insegnante e membro attivo della Commissione di Coordinamento, dove collaborò progettando e realizzando molte iniziative.
A questa serie lunghissima di incarichi che Gilberto ha sempre ricoperto con entusiasmo, credendo fino in fondo a ciò che faceva, posso solo aggiungere che con lui mi sono incontrato nel 1993, quando, con altri undici, iniziai il cammino di formazione al diaconato. Subito attirò la mia attenzione quella sua pettinatura con i capelli ribelli che gli contornavano il viso. Poi, ebbi modo di apprezzare il suo carattere riflessivo e schietto, animato da profondo spirito di fede.
Con noi aspiranti molto insisteva sul fatto che la vita del diacono deve essere una vita vissuta nello spirito di famiglia: famiglia con la moglie e i figli, famiglia diaconale, famiglia parrocchiale e famiglia con Dio Padre.
Questo per lui, come diacono, significava concretizzare, all'interno del diaconato e non solo, una vita di comunione, ricercando la volontà del Padre e riconoscendo il volto di Gesù in chi aveva di fronte. Era incline più al servizio che al vestire il camice e la stola. Non era uomo dalle molte parole: prediligeva l'operatività, dopo però essersi chiarito bene le idee. Gilberto non cessava di interrogarsi sul proprio agire, operando un continuo discernimento, animato da sincero senso di ricerca della verità, che esprimeva anche quando questo costava fatica e sarebbe stato più comodo tacere.
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Soltanto la comunione con i fratelli ci porta a Dio
di Maria Pia
con le figlie Maria Cristina e Anna Maria
Ci è stato chiesto di scrivere qualche pensiero sulla nostra esperienza da quando Gilberto aveva deciso di iniziare ad approfondire il suo cristianesimo, frequentando il corso per il diaconato, pur senza avere ancora l'intenzione di essere ordinato. Ne avevamo parlato tra noi in famiglia, analizzando le molte difficoltà concrete: bimbe piccole, lavoro, impegni parrocchiali ecc. Come moglie mi ero trovata subito d'accordo, vedendo ciò come una grazia che avrebbe certamente richiesto l'impegno di tutti e quattro, ma anche, se nei piani di Dio, ci avrebbe dato la forza e la capacità di affrontare tutto. Ricordo che avevo pensato di regalare a Gilberto la Bibbia di Gerusalemme accompagnandola con poche righe che dicevano: "Pregherò affinché si realizzi il progetto che Dio ha su di te".
Così cominciammo questa avventura. Io non sempre potevo accompagnarlo ai corsi ma sempre lo raggiungevo con le bambine per la Santa Messa al termine delle lezioni. Mi vengono alla mente poi i ritiri sempre frequentati da tutti e quattro e le convivenze ad Usseglio con don Giovanni Pignata, don Vincenzo Chiarle e Padre Anastasio Ballestrero. Sono stati momenti fondamentali per far crescere la comunione tra di noi come famiglia e con tutte le altre famiglie, e grazie ad essi, ancora oggi ci lega un affetto profondo.
È ancora vivo in noi il come aspettammo papà alla fine delle lezioni. Non lo sentimmo come "papà oggi non è stato con noi", bensì "andiamo a raggiungere papà!". Ci rendiamo conto ora che questa serenità era dovuta a come papà e mamma avevano intrapreso il cammino, noi lo vivevamo di riflesso.
Altro ricordo vivissimo sono le settimane di convivenza ad Usseglio. Era una festa darci l'appuntamento Con gli altri figli per trascorrere questa settimana insieme. Non era soltanto momento di vacanza, ma anche di crescita, perché sentivamo di non essere "parcheggiati", ma di essere coinvolti in un'esperienza a misura di famiglia: con momenti ricreativi, riflessioni sport, e anche un po' di compiti! Darci poi l'appuntamento per il successivo ritiro era spontaneo, perché cresceva tra di noi l'amicizia, quella bella, nata dalla condivisione e dalla certezza di vivere qualche cosa di grande perché nei disegni di Dio.
Ricordo che dovendo Gilberto studiare per gli esami, le bambine lo attendevano la sera, dopo il lavoro, facendogli trovare la scrivania libera e qualche volta la luce accesa affinché potesse studiare ancora prima di cena, senza perdere neanche un minuto. A tavola, poi, Gilberto condivideva con noi quello che aveva studiato e le bambine raccontavamo quello che era capitato a scuola o durante i loro incontri. Una cosa che papà amava spesso dire, mi ricordano le nostre figlie, era: "Non capisco perché per fare qualsiasi professione la gente studia per anni, mentre per essere un buon cristiano nessuno studia", e ancora "Io non studio da diacono, ma con i diaconi".
Da queste espressioni si comprende con quale animo Gilberto continuava la scuola del diaconato. Per anni l'abbiamo visto studiare, ma ciò nonostante, nessuna di noi ha avuto la sensazione di essere trascurata, né sono mai mancati momenti di famiglia: le gite in montagna, le scampagnate, le merende e la Messa vissuta insieme nella comunità di Santa Giovanna d'Arco, guidata da don Enrico Coccolo.
Durante questi anni non è mai venuto meno l'incontro con il nostro Gruppo famiglia, proprio perché ritenevamo che l'equilibrio di coppia e di famiglia poteva venire soltanto dal confronto con le altre coppie.
Gli anni passano e si avvicinava il momento di dover decidere per l'ordinazione e Gilberto continuava a dire "Non mi sento adatto, non mi sento pronto". Furono i colloqui con don Vincenzo Chiarle e con don Pignata a convincerlo: "Se tutti ci dicono che sei preparato, se tutti ci dicono che con la tua ordinazione vedono un completamento del disegno di Dio, chi sei tu per opporti?". Fu così che il 21 aprile 1979 Gilberto venne ordinato dal cardinale Ballestrero.
Di quella giornata la cosa che noi ragazze ricordiamo maggiormente è l'incontro nell'ufficio parrocchiale con il cardinale Ballestrero e la sua domanda a noi bambine: "Siete disposte ad aiutare papà nella strada del diaconato?". Il nostro non fu un sì di circostanza: a nostro modo avevamo accompagnato papà, eravamo anche noi pronte per quel sì; e poi. per noi il cardinale era "padre" Ballestrero, un padre amorevole con il quale avevamo condiviso tante ore nelle giornate di convivenza e con lui, attraverso l'ascolto delle sue sapienti parole, avevamo fatto l'esperienza di una Chiesa semplice e profonda.
Dopo l'ordinazione, agli abituali incontri del nostro Gruppo famiglia si è aggiunto l'incontro di zona con i diaconi e le mogli, incontro al quale abbiamo sempre partecipato fedelmente fino al maggio scorso, quando abbiamo dovuto cedere alla malattia di Gilberto. In questi incontri, durante la cena, si è sempre fatto comunione sulla vita di famiglia diaconale e, dopo cena, ci si confrontava sul tema proposto nel ritiro precedente.
Quando Gilberto è stato ordinato, ricordo di aver scritto poche righe per la rivista "Diaconato in Italia" dove affermavo che il Sacramento dell'Ordine, ricevuto da Gilberto era una grazia che si aggiungeva al Sacramento del Matrimonio.
Quando papà preparava l'omelia. oltre alla mamma spesso anche noi contribuivamo ricordandogli fatti ed aneddoti successi nella settimana, momenti vissuti insieme, e poi immancabilmente concludevamo "Papà non fare il prete!".
Per noi, aiutare papà a preparare la predica era uno sprone a mettere in pratica le parole di Gesù, come avevamo imparato fin da bambine, comunicandoci gli atti d'amore fatti a scuola, o con le amiche o tra noi sorelle: era un aiuto a crescere sempre di più nell'essere famiglia, ciascuna nella propria diversità, ma della stessa famiglia.
Gilberto assolutamente rifiutava e non poteva accettare un diaconato "clericale" e che non fosse dedito al servizio più che alle cerimonie: servizio ai poveri, agli ammalati da seguire nella comunità, punto di riferimento che accoglie tutte le persone, servizio ai sacerdoti. Nei diversi anni in cui fu incaricato della preparazione degli aspiranti diaconi, nelle ore di lezione sui documenti del Concilio Vaticano II, era sua premura mettere in risalto la bellezza e la novità della Chiesa-comunione come presentataci, fin dall'inizio dell'istituzione del diaconato a Torino, dal card. Michele Pellegrino, che proprio per questo orientamento aveva scelto don Vincenzo come nostro formatore spirituale. Ricordo come la sintonia di vedute, di intesa, di carità che scorgemmo tra don Pignata e don Vincenzo, pur così distanti per età e formazione, ci era di esempio e di crescita nel cammino di fraternità e comunione tra noi, con la nostra famiglia e con le figlie.
Dopo 30 anni di ordinazione e 45 di matrimonio, festeggiati lo scorso maggio, e dopo la partenza per il Paradiso di Gilberto, non posso che riconfermare tutto. Una cosa mi permetterei di sottolineare, perché è ciò che ha permesso a tutta la famiglia di percorrere insieme nella serenità questo tratto di strada della nostra vita: non venga mai meno il confronto, il dialogo nella coppia; non cessi la bellezza del coinvolgere i figli nelle nostre scelte di vita; partecipiamo agli altri ciò che Dio ha operato in noi.
Io e le mie figlie siamo convinte, e in questo recente dolore lo abbiamo ancora di più constatato, che da soli non andiamo da nessuna parte: soltanto la comunione tra noi e con i fratelli ci porta veramente a Dio.
Maria Pia con le figlie Maria Cristina e Anna Maria
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