Testimonianza dalla Francia




Atti del XXII Convegno Nazionale
3-6 Agosto 2009


TESTIMONIANZE

Testimonianza dalla Francia
Marie-Francoise Maincent-Hanquez




Mi chiamo Marie-Francoise Maincent. Sono la moglie di Patrice. Abbiamo 4 figli che, ora, hanno tutti lasciato il "nido familiare". La famiglia oggi si è allargata di 5 nipoti. Professore nella pubblica istruzione, Patrice è stato ordinato diacono 12 anni fa per la diocesi di Lille, nel nord della Francia. E anch'io sono un'insegnante. Entrambi abbiamo conseguito una laurea canonica in Teologia. Come coppia, abbiamo la responsabilità dell'équipe diocesana, il che implica seguire il cammino dei candidati al diaconato e l'animazione della vita diaconale nella diocesi, che conta 74 diaconi. Per quanto mi riguarda, io sono stata chiamata a rappresentare, a livello nazionale, le spose dei diaconi e dei candidati al Comitato Nazionale del Diaconato. Il CND è un organo di memoria, di consigli e di servizio per il diaconato, i diaconi e i candidati. All'interno di questo organismo, io ho suggerito e accompagnato la riflessione sulle spose, e questo mi porterà a sostenere prossimamente una relazione che verterà su "Le spose nell'avventura del diaconato". Il CND ha dunque aperto una riflessione su quale sia il giusto posto delle spose. Ma perché questo lavoro è necessario? L'osservazione mostra che sia la chiamata che la candidatura spontanea hanno una posta in gioco importante, poiché la risposta alla chiamata di una persona si gioca (spesso) in coppia. De facto il cammino verso il diaconato colloca la sposa in una situazione delicata, perché essa si viene a trovare nello stesso tempo al di fuori e al di dentro del diaconato.

L'ambito personale
Nello svolgersi del percorso e della formazione, è importante che la moglie possa esplorare le proprie motivazioni, le proprie riserve e persino il proprio rifiuto a rispondere alla chiamata in tutta libertà, senza sperimentare il peso del senso di colpa, del ricatto o del condizionamento. Col tempo, la sposa deve poter maturare la sua risposta che diverrà un adeguamento dinamico e non subìto, ancor meno costretto ("accetto per fargli piacere"). Il cammino e la maturazione porteranno quindi la sposa a ricomporre parecchi fronti, essenzialmente in 4 ambiti: l'ambito personale, coniugale, familiare e spirituale. La sposa si impegnerà in un lavoro personale, interiore, provocato da una chiamata e attorno ad una chiamata che riguarda soltanto suo marito. Ella è portata a riflettere sul proprio posto, sulla giusta distanza rispetto al diaconato. È portata a ridefinire il proprio io intimo: quello a cui io, sposa, mi sento chiamata nel più profondo di me stessa. La sposa si interroga sulla percezione che essa ha di se stessa, sulla stima di sé e sulle immagini stabilite in un ruolo particolare di sposa il cui marito potrebbe diventare diacono. Il discernimento deve aiutarla a comprendere che anche lei deve realizzarsi pienamente. Il diaconato deve far vivere l'uno e l'altra dentro la coppia. La questione dello sguardo agli altri è anch'essa spesso fonte di inquietudine, specie oggi che le spose hanno in maggioranza una vita professionale e sociale. È quindi perfettamente normale interrogarsi, chiarirsi in merito a questa percezione esterna del mio sposo che diventerà "uomo pubblico". Qual è la percezione sociale della moglie di un diacono? Quella di una coppia nella quale il marito è diacono?

La nascita di una asimmetria
L'ambito coniugale: la chiamata al diaconato arriva in una storia costruita in due già da qualche tempo, poiché il matrimonio è il sacramento ricevuto prima; colui che viene interpellato, lo è perché si trova dentro una storia comune, e in questo contesto di vita di coppia l'esclusiva dell'uomo fa nascere una asimmetria, delle domande che, se non sono state chiarite, continueranno a persistere. Di fatto, l'assenso della sposa deve essere un sì a questa asimmetria accettata. La Chiesa deve tener conto delle inquietudini e delle reticenze legittime della sposa. In realtà, oggi, le esigenze di autenticità del matrimonio sono molto vive e la preoccupazione delle mogli dei candidati e dei diaconi si aggiunge alle preoccupazioni della vita coniugale nella sua ordinarietà che, lo sappiamo bene, ha già molti disagi. La chiamata al diaconato sconvolge ed ha un impatto sulla coppia, ma il diaconato non arriva per distruggere la coppia. Tuttavia, esso può rivelare le fragilità della coppia stessa.

L'identità (fragile?) della coppia
Questo progetto non lascia immutati, comporta degli spostamenti, degli interrogativi che si giocano innanzitutto all'interno della coppia, ma chi si interroga meno è il marito. Di fatto, durante il percorso, il cammino del marito è come ascendente; per la moglie, invece, è un cammino discendente, ma è anche un itinerario spirituale. Si può riassumere la situazione con questo paragone: «Il percorso verso l'ordinazione è un po' come un viaggio in treno. Noi siamo in treno con nostro marito. Il giorno dell'ordinazione si giunge alla stazione. Tutti scendono. Poi i nostri mariti risalgono sul treno e noi... restiamo sul marciapiede».
In realtà c'è nel diaconato una tensione permanente: da un lato, l'impegno del diacono è tanto importante che è indispensabile che la coppia si impegni in quanto tale, lucidamente, liberamente. Dall'altro, solo lo sposo viene ordinato. C'è da parte sua un impegno personale che la sposa non fa rispetto alla Chiesa. Per quel che riguarda il matrimonio, la sposa sceglie. Per quel che riguarda il diaconato, la sposa non sceglie, ma "accetta" l'impegno del marito. Ci sono dunque modi diversi di porsi come sposa: 1. Dall'impegno totale della sposa che si mette a servizio del diaconato del marito, con una complementarietà a volte fusionale; 2. Fino a quella che dice: «a ciascuno il suo impegno»; 3. Passando attraverso il ruolo di custode dell'equilibrio familiare e della gestione delle cose da fare! Il legame con il matrimonio è anch'esso vissuto diversamente: per alcune, il diaconato porta uno sviluppo, un approfondimento del legame coniugale; altre sono più riservate. Si sentono unite ai loro sposi nel matrimonio, ma con l'ordinazione si sentono come in posizione secondaria. Alcune spose si interrogano sulla natura dell'articolazione fra i due sacramenti: concorrenza, complementarietà, gerarchia? Qui bisogna ribadire una forte convinzione: il sacramento dell'ordine non deve mai mettere in pericolo il sacramento del matrimonio, il primo ricevuto, che fonda la coppia. Una «coppia diaconale che non funziona è una contro-testimonianza».

L'ambito familiare
L'ambito familiare: la sposa si interroga sulla questione della disponibilità verso la famiglia. Il tempo dato al diaconato non deve apparire come rubato alla famiglia, che si tratti della sposa, dei figli, degli amici... il diaconato non deve essere pregiudizievole per le relazioni tra i coniugi né per quelle con i figli o gli amici. La sposa si interroga legittimamente sulla gestione del quotidiano. Spingendosi oltre, il diaconato non deve essere una fuga rispetto agli obblighi del matrimonio, né un rifugio di fronte alle sollecitazioni o alle difficoltà parentali. Esso chiede di salvaguardare l'intimità familiare.

L'ambito spirituale
L'ambito spirituale: il discernimento rispetto al diaconato influenza l'itinerario spirituale di ciascuno dentro la coppia. Ora, nelle coppie possono esistere itinerari spirituali meno diritti, delle curve o degli ostacoli e degli sbalzi nell'impegno di fede. Pertanto, la fede va a trovarsi al cuore della coppia. Nel quotidiano, la spiritualità diaconale investe tutta la vita del diacono, ma colora anche tutta l'esistenza della sua sposa. La sposa è portata a riconfigurare il modo in cui essa vive la sua fede e soprattutto la dimensione del sacro, del simbolico e del definitivo, del non trasferibile. La prospettiva di vedere il suo sposo col camice, all'altare, può provocare apprensione. A volta capita anche che la sposa confidi la propria solitudine: solitudine nell'assemblea, ma allo stesso modo solitudine nello statuto. Infatti, l'ordinazione fa dello sposo un chierico, e non più un laico. «Come io, sposa, vivrò questa separazione simbolica e fisica? In serenità o come una rottura e, quindi, dolorosamente?»
La sposa intraprende dunque un travaglio interiore multiforme. Certo, si può pensare che questo travaglio alimenti il dialogo nella coppia. Non facciamo dell'angelicismo, questa posizione è talvolta una facilitazione, un alibi. Ora, non ci si può dispensare dall'affrontare il problema, per evitare delle confidenze dolorose delle spose come: «nella nostra coppia, più si andava avanti nel cammino, meno si parlava!». Questo lavoro può essere l'occasione per chiarirsi su questa figura originale recentemente restaurata nella Chiesa che conserva il riferimento del ministero ordinato al celibato. Quale espressione di Chiesa si legge attraverso il diaconato di un uomo sposato? È una domanda interessante da esplorare. In conclusione, si può affermare che, pur riconoscendo tensioni molteplici, le spose dei diaconi ritengono che vivere il cammino verso il diaconato in coppia e seguire i percorsi che la coppia si traccia dopo l'ordinazione è una opportunità e una gioia, anche se non tutto è semplice da vivere nel quotidiano: «Il Signore è venuto a cercare mio marito, Egli provvederà, la sua grazia sovrabbonderà rispetto alle mie difficoltà».
Autonome ma alleate nel diaconato, le spose rendono grazie per tutti i frutti di questo ministero: in mezzo ad altri, esse parlano di un sentimento di grande libertà, una vita relazionale arricchita, un'apertura che porta con sé molte gioie, più serenità e tolleranza. Maggiore complicità e prossimità nella coppia. Per loro, il diaconato opera una messa in simbiosi delle competenze e permette aperture che fanno procedere in avanti.



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