Sacerdoti e… vittime

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da Come il Padre ha amato me...
365 pensieri per l'anno sacerdotale
3. inverno: le sfide


Febbraio
19 Esistenza sacerdotale, esistenza cristiana
20 Tesoro in vasi di creta
21 Il disegno di Dio nelle prove
22 Accogliere la crisi dell'alterità
23 Far nostri i dolori della Chiesa
24 Slanci di riforma, senza accuse
25 Vendetta d'amore
26 Il grande ideale: Gesù crocifisso
27 Successi e fallimenti: sempre "grazie"
28 In ogni circostanza fiducia piena

Marzo
1 Custodire il cuore
2 Giullari di Dio
3 Fragilità senza scoraggiamento
4 Amore "incomprensibile"
5 Le notti oscure dell'anima
6 Il dolore, strada per l'incontro
7 Soffrire amando
8 Amore e dolore, dolore e amore
9 Socialità divina, socialità umana
10 Misteriosa reale solidarietà
11 Sismografo del nostro tempo
12 Notti oscure collettive
13 "Volto" di peccato
14 "Farsi uno" sullo stile di Gesù
15 Condividere la sofferenza di Dio
16 Senza ripiegamenti
17 Ciò che è essenziale
18 Tutto è compreso nella vita di Dio



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19 Febbraio - Esistenza sacerdotale, esistenza cristiana

Il geroglifico di un'esistenza sacerdotale, tutto sommato, non è essenzialmente più misterioso e arduo a leggersi di quello della vita cristiana in genere, che come tale è un «essere morti e risorti in Cristo», un «Non vivo più io», una esistenza che discende dalla gratitudine ed è unita con l'incarico assunto, in qualsiasi stato cristiano il singolo possa trovarsi.

Hans Urs von Balthasar
Sponsa Verbi, Esistenza Sacerdotale, Morcelliana, Brescia 1985, p. 405

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20 Febbraio - Tesoro in vasi di creta

Noi infatti non annunciamo noi stessi, ma Cristo Gesù Signore: quanto a noi, siamo i vostri servitori a causa di Gesù.
Noi però abbiamo questo tesoro in vasi di creta, affinché appaia che questa straordinaria potenza appartiene a Dio e non viene da noi.
In tutto, infatti, siamo tribolati, ma non schiacciati; siamo sconvolti, ma non disperati; perseguitati, ma non abbandonati; colpiti, ma non uccisi, portando sempre e dovunque nel nostro corpo la morte di Gesù, perché anche la vita di Gesù si manifesti nel nostro corpo.
Sempre infatti, noi che siamo vivi, veniamo consegnati alla morte a causa di Gesù, perché anche la vita di Gesù si manifesti nella nostra carne mortale. Cosicché in noi agisce la morte, in voi la vita.

Seconda lettera ai Corinzi
4,5.7-12

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21 Febbraio - Il disegno di Dio nelle prove

Carissimo e dolcissimo fratello, mentre sei circondato di colpi, mentre sei castigato da percosse e dalla correzione di Dio, non disperare in cuor tuo, non ti sfugga il lamento della mormorazione. L'amarezza della mestizia non ti avvolga completamente, la pusillanimità non ti renda nervoso.
Regni sempre la serenità sul tuo volto e la gioia nel tuo cuore, e risuoni sulla tua bocca il ringraziamento.
Bisogna lodare, infatti, il disegno divino che colpisce momentaneamente i suoi allo scopo di sottrarli ai flagelli eterni. Deprime per elevare, taglia per guarire, atterra per sollevare.

San Pier Damiani
Lettere, Libro 8,6

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22 febbraio - Accogliere la crisi dell'alterità

Noi stessi, sacerdoti, sia giovani che adulti, dobbiamo imparare la necessità della sofferenza, della crisi. Dobbiamo sopportare, trascendere questa sofferenza. Solo così, la vita diventa ricca.
Per me ha un valore simbolico il fatto che il Signore porti per l'eternità le stimmate. Espressione dell'atrocità della sofferenza e della morte, esse sono adesso sigilli della vittoria di Cristo, di tutta la bellezza della sua vittoria e del suo amore per noi. Dobbiamo accettare, sia da sacerdoti sia da sposati, la necessità di sopportare la crisi dell'alterità, dell'altro, la crisi in cui sembra che non si possa più stare insieme.

Benedetto XVI
Ai sacerdoti della diocesi di Albano, 31 agosto 2006

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23 Febbraio - Far nostri i dolori della Chiesa

Il volto della Chiesa, qui trasparente di luce, lì offuscato da ombre, deve riflettersi in ogni cristiano, in ogni gruppo di cristiani: il che significa che dobbiamo sentire nostre non solo tutte le gioie della Chiesa, le sue speranze, le sue sempre nuove fioriture, le sue conquiste, ma soprattutto sentire nostri tutti i suoi dolori: quello della non piena comunione tra le Chiese, quello lancinante di dolorose situazioni, di contestazioni negative, della minaccia di scalzare tesori secolari; quello angoscioso dei tanti che rinnegano o non accettano il messaggio che Dio annuncia al mondo per la sua salvezza. (...)
Ho pensato che tutti i veri cristiani dovrebbero essere degli stigmatizzati, non già nel senso straordinario ed esterno, ma spirituale.
E mi è parso di capire che le stigmate del cristiano dei nostri giorni sono appunto le misteriose ma reali piaghe della Chiesa di oggi.
Se la carità di Cristo non è così dilatata da provare in noi il dolore di queste piaghe, non siamo come Dio oggi ci vuole.

Chiara Lubich
La dottrina spirituale, Città Nuova, Roma 2006, p. 181

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24 Febbraio - Slanci di riforma, senza accuse

L'uomo "ecclesiasticus" (...) è colpito da tutto ciò che paralizza, appesantisce, ferisce l'intero corpo (...). Soffre per i mali interni della Chiesa. La vorrebbe, in tutti i suoi membri, più pura e più unita, più attenta alla richiesta delle persone, più attiva nella sua testimonianza, più ardente nella sua sete di giustizia, più spirituale in tutto, più distante da ogni concessione al mondo e alla sua menzogna (...).
Senza nutrire un sogno utopico e senza mancare di accusare in primo luogo se stesso, non si rassegna a che i discepoli del Cristo (...) ristagnino al margine delle grandi correnti umane. Vede spontaneamente il bene, se ne rallegra, si impegna a farlo vedere, senza tuttavia chiudere gli occhi sui difetti e miserie che alcuni vorrebbero negare, mentre altri se ne scandalizzano (...).
Sa che molti rinnovamenti sono necessari se si vogliono evitare le novità nefaste e che uno slancio di riforma è naturale alla Chiesa (...). Prima di spezzare uno slancio, cercherà sempre di raddrizzarne l'orientamento.

Henri De Lubac
Méditation sur l'Eglise, Paris 1968, pp. 205-206

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25 Febbraio - Vendetta d'amore

Lottare contro il male, contro ogni forma di egoismo e di odio, e morire a se stessi per vivere in Dio è l'itinerario ascetico che ogni discepolo di Gesù è chiamato a percorrere con umiltà e pazienza, con generosità e perseveranza (...). Potremmo dire che questo interiore atteggiamento ci aiuta a meglio evidenziare anche quale debba essere la risposta cristiana alla violenza che minaccia la pace nel mondo. Non certo la vendetta, non l'odio e nemmeno la fuga in un falso spiritualismo.
La risposta di chi segue Cristo è piuttosto quella di percorrere la strada scelta da Colui che, davanti ai mali del suo tempo e di tutti i tempi, ha abbracciato decisamente la Croce, seguendo il sentiero più lungo ma efficace dell' amore.

Benedetto XVI
Mercoledi delle Ceneri, 1° marzo 2006

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26 Febbraio - Il grande ideale: Gesù crocifisso

Il grande ideale dell'anima del sacerdote deve essere Gesù Crocifisso, e la sua unica aspirazione sulla terra deve essere di imitarlo, di assomigliare a Lui interiormente ed esteriormente.
Gesù crocifisso: il suo libro, la sua meditazione, il suo esempio, il suo ideale e il suo amore, perché non c'è niente più della follia della Croce (...) che stimoli l'amore divino nell'anima.
Questo è il prezioso talismano del sacerdote santo: Gesù inchiodato sulla Croce, crocifisso sull'altare, soprattutto crocifisso nel suo Cuore, con dolori incomprensibili, mistici ma reali.

Conchita Cabrera De Armida
Sacerdoti di Cristo, Città Nuova, Roma 2008, p. 369

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27 Febbraio - Successi e fallimenti: sempre "grazie"

Poiché lavori per Dio, come mai ti senti scoraggiato? Più le cose sono difficili, più felice dovresti essere, proprio come Giovanni e Pietro quando furono consegnati nelle mani del Sinedrio: «Ma essi se ne andarono dal Sinedrio lieti di essere stati oltraggiati per amore del nome di Gesù»; o come Paolo: «Sono pieno di consolazione, pervaso di gioia in ogni nostra tribolazione». Ringrazia Dio dei successi e, con cuore gioioso, ringrazialo ugualmente dei fallimenti, perché Dio vuole provarti per vedere se lavori per lui o per volontà tua.
La gioia e il coraggio sono più difficili nel momento del fallimento che in tempi fortunati. Coloro che ne sono capaci sono veramente degli eroi che puoi contare sulle dita di una mano.

Card. François-Xavier Van Thuan
Il cammino della speranza, Città Nuova, Roma 2004, pp. 105-106

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28 Febbraio - In ogni circostanza fiducia piena

Figlio, se ti presenti per servire il Signore,
preparati alla tentazione.
Abbi un cuore retto e sii costante,
non ti smarrire nel tempo della prova.
Stai unito a lui senza separartene,
perché tu sia esaltato nei tuoi ultimi giorni.
Accetta quanto ti capita
e sii paziente nelle vicende dolorose,
perché l'oro si prova con il fuoco,
e gli uomini ben accetti nel crogiuolo del dolore.
Nelle malattie e nella povertà confida in lui.
Affidati a lui ed egli ti aiuterà;
raddrizza le tue vie e spera in lui.
Voi che temete il Signore,
aspettate la sua misericordia
e non deviate, per non cadere.
Voi che temete il Signore, confidate in lui,
e la vostra ricompensa non verrà meno.
Voi che temete il Signore,
sperate nei suoi benefici,
nella felicità eterna e nella misericordia,
poiché la sua ricompensa
è un dono eterno e gioioso.

Siracide
2,1-9

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1° Marzo - Custodire il cuore

Neppure le stelle sono pure al cospetto di Dio; quanto meno gli uomini, la cui vita è una tentazione continua! Guai a noi se ogni volta che la concupiscenza ci assale, fornichiamo! La mia spada - dice Dio - s'è inebriata nel cielo (Is 34, 5): molto più sulla terra; che genera triboli e spine.
Il «vaso d'elezione», attraverso la cui bocca parlava Cristo, macera il suo corpo e lo riduce schiavo; intanto si accorge che l'ardore naturale della carne va contro la sua intenzione: quello che non vuole si vede costretto a farIo! E come uno che patisce violenza grida e dice: Me infelice! Chi mi libererà da questo corpo di morte? (Rm 7,24).
E tu credi di poter vivere senza cadute e senza ferite, se non custodisci con scrupolosa attenzione il tuo cuore?

San Girolamo
Le Lettere IV, 125, 7, La teologia dei padri 3, Roma 1975, pp. 399-400

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2 Marzo - Giullari di Dio

Non m'importa dirvi che il Signore, in certe occasioni, mi ha concesso molte grazie; di solito, però, vado contropelo. Seguo il mio piano, non perché mi attrae, ma perché devo farlo, per Amore.
«Ma, Padre, si può fare la commedia con Dio? Non è ipocrisia?». Stai tranquillo: per te è venuto il momento di recitare una commedia umana davanti a uno spettatore divino. Persevera, perché il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo contemplano la tua commedia; fa' tutto per amor di Dio, per fargli piacere, anche se ti costa.
Che bella cosa essere giullare di Dio! Che cosa buona recitare la commedia per Amore, con sacrificio, senza cercare la soddisfazione personale, per piacere a Dio nostro Padre, che gioca con noi! Mettiti di fronte al Signore e confidagli: «Non ho nessuna voglia di fare la tal cosa, tuttavia la offrirò per Te». Poi falla davvero, anche se pensi che sia una commedia.
Benedetta commedia! Ti assicuro che non è ipocrisia, perché gli ipocriti hanno bisogno di pubblico per la loro messinscena.

San Josemaria Escriva De Balaguer
Tra le braccia del Padre, Marietti, Genova 2000, pp. 32-33

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3 Marzo - Fragilità senza scoraggiamento

È palese la necessità di invocare senza tregua, con fede forte e umile: «Signore non fidarti di me. Io sì, mi fido di te». E nel presagire nell'anima l'amore, la compassione, la tenerezza con cui Cristo Gesù ci guarda - perché Lui non ci abbandona - comprenderemo in tutta la loro profondità le parole dell'Apostolo: «Virtus in infirmitate perficitur» (2Cor 12,9); confidando nel Signore, nonostante le nostre miserie - anzi, con le nostre miserie -, saremo fedeli a Dio nostro Padre; risplenderà il potere divino e ci sarà di sostegno nella nostra fragilità. (...)

Se ti accorgi che non ce la fai, per qualsiasi motivo, digli, abbandonandoti in Lui: «Signore, confido in Te, mi abbandono in Te, ma Tu aiuta la mia debolezza!».
Pieno di fiducia, ripetigli: «Guardami, Gesù, sono uno straccio sporco; l'esperienza della mia vita è tanto triste, non merito di essere tuo figlio». Diglielo... ; e diglielo molte volte.
Non tarderai a sentire la sua voce: «Ne timeas!» non avere paura! oppure: «Surge et ambula!» - alzati e cammina!

San Josemaria Escriva De Balaguer
Tra le braccia del Padre, Marietti, Genova 2000, pp. 19, 46

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4 Marzo - Amore "incomprensibile"

La cosa più meravigliosa di Dio diventato uomo è che è morto per noi. (...) Uno capisce che deve risorgere, capisce la resurrezione, capisce questo inizio del possesso delle cose alla loro radice, che è l'ascensione al cielo, ma quello che non capirebbe, quello che non immaginerebbe, quello che non potrebbe mai supporre è che Dio sia morto per lui. E questo desta nell'uomo peccatore una commozione immensa.
«Simone, mi ami tu?». Non: «Hai sbagliato, mi hai tradito»; «Simone, mi ami tu?». Questa è la grande rivoluzione morale che il cristianesimo ha portato nel mondo: la morale è un amore che tenta di applicarsi, che supplica per potersi applicare, che invoca, che mendica.
«L'amore dimostratoci da Cristo ci strugge al pensiero che se uno è morto per tutti, è morto perché tutti non vivano più per se stessi, ma per Colui che è morto e risuscitato per noi». Così è ridetto, nella passione che mi preme il cuore, quello che tocca a me fare, sono richiamato all'ideale, mentre mi struggo perché l'ideale avvenga negli altri.

Luigi Giussani
Parole ai preti, SEI, Torino 1996, pp. 69-70

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5 Marzo -Le notti oscure dell'anima

Dio ha uno scopo nelle nostre vite, che non si misura con la lunghezza della nostra vita (...). Ci saranno momenti in cui noi siamo realmente arrabbiati con Dio; oppure del tutto depressi o totalmente delusi perché sembra che Dio non stia facendo niente...
Ma sfruttando quei momenti di smarrimento ("le notti oscure dell'anima" come dicono i mistici) il nostro rapporto con Dio può diventare più profondo.
Se io lodo Dio solo quando splende il sole, la mia fede è superficiale.

David Watson
David Watson: A Biography, Hodder, Sevenoaks 1992, p. 229

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6 Marzo –Il dolore, strada per l'incontro

L'incontro profondo con Cristo è possibile attraverso il dolore. Senza di esso, non possiamo conoscedo profondamente e non possiamo incontrado profondamente.
Perché proprio attraverso il dolore? Il motivo è che, se non apriamo noi stessi, non possiamo incontrare Cristo: non possiamo incontrare Cristo senza fare il vuoto, aprendo noi stessi.
Aprirci e fare il vuoto in noi non può non essere accompagnato dal dolore acuto del cuore trafitto come da una spada acuminata.
Per accogliere l'Eterno il limite deve spaccarsi.

Card. Stefano Kim
Fede e Amore del cardinale Stefano Kim Sou Hwan, Seou11997, pp. 60-61

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7 Marzo - Soffrire amando

Ci sono due modi di soffrire: soffrire amando e soffrire senza amare. I santi soffrivano tutti con pazienza, gioia e perseveranza, perché amavano. Noi soffriamo con rabbia, dispetto e noia, perché non amiamo. Se amassimo Dio, saremmo felici di poter soffrire per amore di Colui che ha accettato di soffrire per noi (...).
Voi dite che è duro? No, è dolce, è consolante, è soave: è la felicità... Soltanto, bisogna amare quando si soffre, e soffrire amando.
Colui che va incontro alla croce, cammina in senso inverso alle croci: egli le incontra forse, ma è contento di incontrarle: le ama, le porta con coraggio. Lo uniscono a Nostro Signore. Lo purificano. Lo distaccano da questo mondo. Tolgono gli ostacoli dal suo cuore e lo aiutano ad attraversare la vita come un ponte aiuta a passare l'acqua.

San Giovanni Maria Vianney
Primavera nell'anima. 100 pagine del Curato d'Ars, Città Nuova, Roma 2006, p. 29, 39

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8 Marzo - Amore e dolore, dolore e amore

Ciò che rende più feconde le anime sulla terra è il dolore, derivato dall'amore infinito che gli dà valore per il cielo.
Nel mondo delle anime l'amore è dolore, e il dolore è amore. L'amore ha la sua radice nel dolore, non perché esso sta nel Padre, principio di tutte le cose. Ma l'amore ha la radice nel dolore perché il dolore, prodotto dal peccato, è stato cancellato e redento dall'amore fecondo del Padre che distrugge ogni scoria, rende sublime tutto ciò che tocca e trasforma in amore e in merito perfino il dolore. L'amore ha radice nell'amore poiché la Croce è l'altare del dolore che redime, l'altare dell'amore fecondo che salva. (...)
Quanti tipi di rinunzie deve affrontare un sacerdote per compiere i suoi doveri, per santificarsi e santificare!
Se [i sacerdoti] sono consapevoli che il dolore attira la fecondità del Padre in loro, con quale ardente desiderio abbracceranno la Croce.

Conchita Cabrera De Armida
Sacerdoti di Cristo, Città Nuova, Roma 2008, p. 231

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9 Marzo - Socialità divina, socialità umana

Io sono massimamente persona nel momento in cui liberamente e coscientemente affermo l'altro anche a costo della vita; dinamismo che Gesù esprime con queste parole: «Nessuno ha amore più grande di colui che dà la vita» per gli altri. In altri termini: nessuno è così io, così persona, come colui che per salvare la trascendenza dell'altro trascende se stesso negandosi.
Questa, che è la legge della socialità divina come ci è stata rivelata e vissuta da Gesù, è - è non potrebbe non esserlo - la stessa legge della socialità umana e di ogni forma di vita. Gesù stesso ci ha aiutato a capirla: il chicco di grano non è se stesso se non diventando spiga, ma diventa spiga solo passando per una specie di morte; dice ancora: «Chi pensa soltanto a salvare la propria vita, la perderà, chi è pronto a sacrificarla... la salva».

Silvano Cola
Scritti e testimonianze, Gen's, Grottaferrata 2007, p. 63

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10 Marzo - Misteriosa reale solidarietà

Chi appartiene a Cristo deve vivere fino in fondo tutta la vita di Cristo. Deve crescere sino alla maturità di Cristo, (...) passare per il Getsemani e per il Gòlgota. E tutte le sofferenze che possono venir gli dall'esterno sono nulla a paragone della notte oscura dell'anima, quando la luce divina non brilla più e la voce del Signore non si ode più. Dio è sempre là, ma sta nascosto.
Le sofferenze e la morte del Cristo proseguono nel suo Corpo mistico, e in ognuno delle membra di esso. Soffrire e morire è il destino di ogni uomo. Ma se egli è un membro del Corpo mistico di Cristo, il suo soffrire e il suo morire assumono per tramite della divinità del capo un valore espiatorio, co-redentivo. (...)
Così, colui che è legato a Cristo persevererà inconcusso anche nella notte oscura della soggettiva lontananza da Dio e assenza di Dio; forse l'economia divina della salvezza impiega i suoi tormenti per liberare qualcuno che è oggettivamente incatenato dal peccato. Perciò voluntas tua! Anche, e anzi proprio in seno alla notte più tenebrosa.

Edith Stein
La vita come totalità, Città Nuova, Roma 1990, pp. 204-205

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11 Marzo - Sismografo del nostro tempo

Se cerchi un sismografo che possa registrare le scosse del nostro tempo, conoscere gli sviluppi positivi e negativi della coscienza della nostra epoca, le minacce incombenti e le nuove speranze, prendi la figura del sacerdote.
Egli è in un certo modo il Cuore del Signore, posto da Lui stesso nella storia dell'umanità proprio con questa speciale vocazione: avere sensibilità nei confronti del Signore e degli uomini con i quali vuole farsi uno e ai quali vuole essere vicino; ma a questa sensibilità è congiunta anche una grande vulnerabilità.

Klaus Hemmerle
Il sacerdote oggi, Gen's 12 (1982/6) p. 10

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12 Marzo - Notti oscure collettive

Anche l'uomo moderno, nonostante le sue conquiste, sfiora nella sua esperienza personale e collettiva l'abisso dell'abbandono, la tentazione del nichilismo, l'assurdità. di tante sofferenze fisiche, morali e spirituali.
La notte oscura, la prova che fa toccare il mistero del male ed esige l'apertura della fede, acquisisce a volte dimensioni di epoca e proporzioni collettive (...). Giovanni della Croce, con la sua esperienza, ci invita alla fiducia, a lasciarci purificare da Dio; nella fede intessuta di speranza e di amore, la notte comincia a conoscere "le luci dell'aurora"; si fa luminosa come una notte di Pasqua (...). Magari le notti oscure che si addensano sulle coscienze individuali e sulle collettività del nostro tempo fossero vissute nella fede pura; nella speranza "che tanto ottiene quanto spera"; nell'amore ardente della forza dello Spirito, affinché si convertano in giornate luminose per la nostra umanità addolorata, in vittoria del Risorto che libera col potere della sua croce!

Giovanni Paolo II
Celebrazione in onore di San Giovanni della Croce, Segovia, 4 novembre 1982

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13 Marzo - "Volto" di peccato

Per riportare all'uomo il volto del Padre, Gesù ha dovuto non soltanto assumere il volto dell'uomo, ma caricarsi persino del "volto" del peccato. «Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo trattò da peccato in nostro favore, perché noi potessimo diventare per mezzo di lui giustizia di Dio» (2Cor 5,21).
Non finiremo mai di indagare l'abisso di questo mistero. È tutta l'asprezza di questo paradosso che emerge nel grido di dolore, apparentemente disperato, che Gesù leva sulla croce: «Eloì: Eloì: lemà sabactàni?, che significa: Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?» (Mc 15, 34).
È possibile immaginare uno strazio più grande, un'oscurità più densa?

Giovanni Paolo II
Novo millennio ineunte 25

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14 Marzo - ''Farsi uno" sullo stile di Gesù

Non è costato poco al Figlio di Dio il farsi, per amore, uno con noi. Egli sì che ha "vissuto l'altro". Ed eccolo uomo: Gesù che nasce come noi, ebreo fra gli ebrei con la cultura ebraica, che vive, lavora, piange, è stanco, soffre nel corpo e nell'anima; offre a Dio anche la tremenda sensazione d'essere abbandonato da lui; è annientato, muore. E così è disceso lungo tutti i gradini in cui è posta l'umanità, per raccoglierla tutta nel suo cuore e portarla al Padre.
È a lui che (...) guardiamo per sapere come portare Dio a chi ancora non lo conosce o crede di conoscerne altri. "Farsi uno" con loro, assumere le diverse culture spesso così ricche, le tradizioni a volte millenarie, ed in quelle far germogliare la buona novella.
E poi gli uomini tutti del mondo: atei, materialisti, violenti, terroristi, peccatori, drogati, ladri, omicidi... Gesù crocifisso, nel suo grido d'abbandono, ricorda tutte queste creature. È l'amore per lui che dà un nuovo slancio al sacerdote per sapere come e in che cosa dialogare con essi: Gesù è venuto medico per gli ammalati.

Chiara Lubich
Il sacerdote oggi, il religioso oggi, Gen's 12 (1982/6) p. 6

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15 Marzo - Condividere la sofferenza di Dio

«Non potete vegliare con me un'ora?», chiede Gesù nel Getsemani. Questo è il rovesciamento di tutto ciò che l'uomo religioso si aspetta da Dio. L'uomo è chiamato a condividere la sofferenza di Dio in rapporto al mondo senza Dio. Deve perciò vivere effettivamente nel mondo senza Dio, non deve tentare di occultare, di trasfigurare religiosamente, in qualche modo, tale esser senza Dio nel mondo. (...)
Non è l'atto religioso a fare il cristiano, ma il prender parte della sofferenza di Dio nella vita del mondo. Questa è la metanoia: non pensare anzitutto alle proprie tribolazioni, ai propri problemi, ai propri peccati, alle proprie angosce, ma lasciarsi trascinare con Gesù Cristo sulla sua strada nell'evento messianico costituito dal fatto che Is 53 si compie ora.

Dietrich Bonhoeffer
Resistenza e resa, San Paolo, Cinisello Balsamo 1988, p. 441

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16 Marzo - Senza ripiegamenti

È con la passione in croce e col grido d'abbandono che Gesù ha unito gli uomini con Dio e fra di loro. È là infatti che egli ha preso su di sé ogni peccato, ogni dolore e disunità, e li ha superati. (...) Nonostante l'enorme separazione dal Padre che egli sentiva in quel momento, ha detto: «Nelle tue mani raccomando il mio spirito». (...) Così anche noi, ogniqualvolta ci troveremo di fronte a un dolore che assomiglia al suo, dobbiamo non stare fermi, non fermarci nel trauma, ma andare al di là con l'amore. (...)
Prima si va in fondo al cuore e si dice a Gesù abbandonato: «Sei tu l'unico mio tesoro». Poi ci si butta a fare quello che Dio ci chiede nel momento seguente, ci si lancia, ad esempio, ad amare quei fratelli che abbiamo davanti. (...)
Non ci si può certo ripiegare su qualche sofferenza personale. Tutti i dolori del mondo sono nostri, perché siamo cristiani, siamo seguaci di Cristo.

Chiara Lubich
Gesù crocifisso e abbandonato: l'unità si fa stile di vita, Gen's 29 (1999) pp. 110-112

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17 Marzo - Ciò che è essenziale

Se perseverando nell'amore si cade fino al punto in cui l'anima non può più trattenere il grido «Dio mio, perché mi hai abbandonato?», se si rimane in quel punto senza cessare di amare, si finisce con il toccare qualcosa che non è più la sventura, che non è la gioia, ma è l'essenza centrale, essenziale, pura, non sensibile, comune alla gioia e alla sofferenza, cioè l'amore stesso di Dio.

Simone Weil
L'avventura di uno sguardo puro, Città Nuova, Roma 2001, p. 96

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18 Marzo - Tutto è compreso nella vita di Dio

L'incontro con Gesù abbandonato è oggi sacramento dell'incontro secolare con Dio. I suoi segni sono l'abbandono, l'impotenza, gli abissi in noi e attorno a noi; ciò che si comunica sotto questi segni è l'amore di Dio, che assume e trasforma tutto ciò dal di dentro.
L'effetto è una nuova capacità d'incontro con gli uomini, una nuova comunità tra essi, una nuova capacità di rivolgersi al mondo, partendo da una nuova comunione con Dio. (...)
Poiché Gesù ha preso su di sé tutto quanto è umano, ogni peso, ogni colpa del mondo, per tal motivo non esiste nulla nella storia che sia rimasto al di fuori della vita di Dio, tutto è compreso in questa vita di Dio, tutto fa parte del dialogo tra il Padre e il Figlio, dell'incondizionato amore tra il Padre e il Figlio.

Klaus Hemmerle
Vie per l'unità, Città Nuova, Roma 1985, pp. 39, 44



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