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da Come il Padre ha amato me...
365 pensieri per l'anno sacerdotale
3. inverno: le sfide


Gennaio
19 - La forza dell'esempio
20 - Edificarci a vicenda
21 - L'anima del movimento ecumenico
22 - Perché il mondo creda
23 - C'è chi semina e chi miete
24 - Santità in ogni ambiente di vita
25 - La "legge" di Dio
26 - Unica dignità, unica opera
27 - Ascolto e dialogo tra preti e laici
28 - Il grande distintivo
29 -Nessuna battaglia per il potere
30 - Lo Spirito riporta al valore essenziale
31 - Il Dio della giovinezza e della gioia

Febbraio
1 - Membra collegate
2 - Maria, custode di libertà e uguaglianza
3 - Sacramento dell'origine
4 - L' "io" del prete nell' "io" di Cristo
5 - Il significato e la realtà
6 - Trasparenza di Gesù
7 - Rinuncia all'autonomia
8 - Non accomodanti, ma misericordiosi
9 - La forma comunitaria del ministero
10 - Il presbiterio, forza di unione
11 - Divinizzarsi nell'unità
12 - Come le corde alla cetra
13 - Rapporto da figli
14 - La missione di Pietro: servire l'unità
15 - Il comune "centro" dei presbiteri
16 - Libertà da se stessi
17 - L'obbedienza fa vedere
18 - Coraggio di parlare, coraggio di tacere



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19 Gennaio – La forza dell'esempio

La Chiesa deve partecipare agli impegni mondani della vita della comunità umana, non dominando, ma aiutando e servendo.
Essa deve dire agli uomini di tutte le professioni che cosa sia una vita con Cristo, che cosa significhi "essere per gli altri". In modo particolare, la nostra Chiesa dovrà opporsi ai vizi dell'hybris, dell'adorazione della forza, dell'invidia e dell'illusionismo, quali radici di tutti i mali. Essa dovrà parlare di misura, autenticità, fiducia, fedeltà, costanza, pazienza, disciplina, umiltà, sobrietà, modestia.
Essa non dovrà sottovalutare l'importanza dell' "esempio" umano...; la sua parola riceve rilievo e forza non dai concetti, ma dall' "esempio".

Dietrich Bonhoeffer
Resistenza e resa, San Paolo, Cinisello Balsamo 1988, pp. 463-464

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20 Gennaio - Edificarci a vicenda

Siamo tutte persone in formazione
e in un senso reale
ci stiamo edificando e riedificando a vicenda.
Ma quanto spesso i rapporti personali
sono guastati da frettolosi,
parziali o esagerati giudizi.
Dobbiamo aiutarci l'un l'altro
e lasciare il giudizio finale alla Pazienza divina.
Una delle più grandi promesse
nel Nuovo Testamento
è che noi siamo accolti dall'amore di Dio.
Cerchiamo di essere ministri dell' accoglienza.

George Herbert
Inviti alla Preghiera, Meriden-Stinehour Press, Cincinnati (USA) 1989, p. 23

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21 Gennaio – L'anima del movimento ecumenico

Non esiste un vero ecumenismo senza interiore conversione (...). Perciò dobbiamo implorare dallo Spirito divino la grazia di una sincera abnegazione, dell'umiltà e della dolcezza nel servizio e della fraterna generosità di animo verso gli altri (...).
Anche per le colpe contro l'unità vale la testimonianza di san Giovanni: «Se diciamo di non aver peccato, noi facciamo di Dio un mentitore, e la sua parola non è in noi» (1Gv 1,10). Perciò con umile preghiera chiediamo perdono a Dio e ai fratelli (...), come pure noi rimettiamo ai nostri debitori.
Si ricordino tutti i fedeli, che tanto meglio promuoveranno, anzi vivranno in pratica l'unione dei cristiani, quanto più si studieranno di condurre una vita più conforme al Vangelo.
Questa conversione del cuore e questa santità di vita, insieme con le preghiere private e pubbliche per l'unità dei cristiani, devono essere considerate come l'anima di tutto il movimento ecumenico e si possono giustamente chiamare ecumenismo spirituale.

Concilio ecumenico Vaticano II
Unitatis redintegratio 7-8

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22 Gennaio - Perché il mondo creda

Le divisioni esistenti fra i cristiani sono uno scandalo per il mondo ed un ostacolo per la proclamazione del Vangelo. Alla vigilia della propria passione e morte, il Signore, attorniato dai discepoli, pregò con fervore che essi fossero uno, così che il mondo possa credere (cf Gv 17,21).
È solo attraverso la comunione fraterna tra i cristiani e attraverso il reciproco amore che il messaggio dell'amore di Dio per ogni uomo e donna diverrà credibile.
Chiunque getti uno sguardo realistico al mondo cristiano oggi scoprirà l'urgenza di tale testimomanza.

Benedetto XVI
Durante la Divina Liturgia di S. Giovanni Crisostomo, 30 novembre 2006

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23 Gennaio - C'è chi semina e chi miete

Chi spinge i sacerdoti cattolici ad unirsi, il più possibile, a ministri e pastori d'altre tradizioni? È Gesù crocifisso che, nel suo grido d'abbandono, ha voluto assumere tutte le divisioni del mondo, tutte le eredità del nostro peccato. È per lui che ci cerchiamo, che ci amiamo, che speriamo, che non desistiamo se l'impresa sembra ardua. Egli che, nel cuore della storia, ha pagato ogni divisione del mondo e la nostra fra cristiani, non ha ancora visto tutto il frutto di quel suo immenso dolore. Cosicché è lui che ci sprona a seminare, anche se non saremo noi a mietere.
È lui che ci suggerisce di guardare al bene della Chiesa che vivrà dopo di noi, e ci convince che se non c'è chi comincia e chi persevera non ci sarà chi può concludere.

Chiara Lubich
Il sacerdote oggi, il religioso oggi, Gen's 12 (1982/6) p. 6

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24 Gennaio - Santità in ogni ambiente di vita

Quasi tutti coloro che hanno trattato della santità hanno atteso a istruire persone molto ritirate dall'ingranaggio del mondo, o almeno hanno insegnato una santità che conduce a una fuga dal mondo. È invece mia intenzione istruire quelli che vivono nelle città, in famiglia, a corte...
L'ape trae il miele dai fiori senza sciuparli, lasciandoli intatti e freschi come li ha trovati. La vera santità fa ancora meglio, perché non solo non reca pregiudizio ad alcun tipo di vocazione o di occupazione, ma al contrario vi aggiunge bellezza e prestigio...
È un errore, anzi un'eresia, voler escludere l'esercizio della santità dall'ambiente militare, dalla bottega degli artigiani, dalla corte dei principi, dalle case dei coniugati... Dovunque ci troviamo, possiamo e dobbiamo aspirare alla vita perfetta.

San Francesco di Sales
Filotea, Introduzione e cap. 3, passim

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25 Gennaio - -La "legge" di Dio

La legge immacolata del Signore è la carità, che ricerca non il proprio interesse, ma quello dei più. Ed è chiamata legge del Signore, sia perché egli vive di essa, sia perché nessuno la possiede se non per dono suo...
Che cosa infatti in quella suprema e beata Trinità conserva quella suprema e ineffabile unità, se non la carità? È dunque una legge, e una legge del Signore, la carità che stringe la Trinità e la rinserra in un legame di pace... Ed è la sostanza stessa di Dio...
Questa è la legge eterna, che crea e governa l'universo.

San Bernardo di Chiaravalle
De diligendo Deo 12, 35

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26 Gennaio - Unica dignità, unica opera

Unico è il popolo eletto di Dio: «Un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo» (Ef 4,5); comune è la dignità dei membri in forza della loro rigenerazione in Cristo, comune è la grazia di esser figli, comune la chiamata alla perfezione, una sola la salvezza, una la speranza e l'indivisa carità. Quindi in Cristo e nella Chiesa nessuna ineguaglianza a motivo della razza o della nazione, della condizione sociale o del sesso, perché «non c'è più giudeo né greco, né schiavo né libero, né uomo né donna: tutti voi siete uno in Cristo Gesù» (Gal 3,28; cf Col 3,11).
Se nella Chiesa dunque non camminano tutti per la stessa via, tutti però sono chiamati alla santità e hanno ricevuto in sorte la medesima fede nella giustizia salvifica di Dio (cf 2Pt 1,1). Anche se per volontà divina alcuni sono costituiti dottori, dispensatori dei misteri e pastori a vantaggio degli altri, fra tutti vige però vera uguaglianza quanto alla dignità e all'azione nell'edificare il corpo di Cristo, che è comune a tutti quanti i fedeli.

Concilio ecumenico Vaticano II
Lumen gentium 32

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27 Gennaio - Dialogo tra preti e laici

Il principio della Chiesa-comunione, affermato dal Vaticano II e da tanti documenti successivi del magistero cattolico, adeguato alle nuove esigenze, può entusiasmare a ragione soprattutto i giovani sacerdoti. Ma crea nello stesso tempo non poche difficoltà, perché richiede di lavorare non solo in unione con il vescovo e con i confratelli nel ministero, ma pure con i laici, e dialogare con essi richiede al presbitero di saper stare anche in ascolto, cosa non facile per mancanza di formazione al dialogo e di tradizione.
A questo proposito potrei offrire una ricca esperienza, poiché nel tempo di esilio in cui il governo mi ha proibito di esercitare il ministero, ho vissuto in gruppi clandestini di laici guidati da essi stessi, e una mia eventuale presidenza sarebbe stata dal punto di vista politico anche più pericolosa. Sono stato così "costretto" ad imparare il dialogo e ne ho scoperto l'importanza decisiva per costruire la comunione.

Card. Miloslav Vlk
Spiritualità del sacerdote diocesano, Gen's 26 (1996) p. 13

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28 Gennaio - Il grande distintivo

Come si chiama questa forza coesiva, atta a tenere insieme il corpo parrocchiale, l'umanità desiderosa d'essere unita in Cristo? Lo sanno tutti: si chiama la carità. Portentoso dono, ineffabile virtù! Promana da Dio; perché è l'amore suo comunicato agli uomini, e si diffonde da individuo a individuo. Scende dal Cielo, quale fiume regale e benefico, la bontà di Dio che ama gli uomini e li invita, come per impulso interiore, a volersi bene anche tra loro.
È la grande legge costitutiva della Chiesa. Se, teoricamente, la carità è facile ad enunciarsi, bella a declamarsi, comune a professarsi, nella pratica, invece, è molto esigente e difficile. Eppure non solo è possibile e sempre attuabile, ma è proprio il grande distintivo, idoneo ad indicare il grado della vita ecclesiastica.

Paolo VI
Alla parrocchia di S. Maria Consolatrice, Insegnamenti/2, Città del Vaticano 1964, pp. 1072-1073

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29 Gennaio - Nessuna battaglia per il potere

I ministeri e i carismi sono tutti necessari alla «crescita della Chiesa, ciascuno secondo la propria modalità» (ChL 27). «Tutti, Pastori e fedeli, siamo obbligati a favorire e ad alimentare di continuo vincoli e rapporti fraterni di stima, di cordialità, di collaborazione tra le varie forme aggregative di laici» (ChL 31).
Affinché questa desiderabile collaborazione diventi e rimanga una realtà, si richiede che sacerdoti e laici siano centrati su Cristo e non su se stessi. Sono chiamati a promuovere il regno di Cristo, non il proprio interesse o quello del loro gruppo. Non devono sentirsi ingaggiati in una battaglia per il potere.
L'unico e solo interesse di san Paolo era che Cristo fosse predicato (cf Fil 1,15-19). San Paolo scoraggiava i Corinti a parlare del partito di Paolo o di Apollo o di Cefa o di Cristo (cf 1Cor 1,10-16). Attraverso la preghiera, l'umiltà costante e lo spirito di prontezza a compiere la volontà di Dio, il Signore Gesù manifesterà al sacerdote il modo migliore di relazionarsi con i laici.

Card. Francis Arinze
Riflessioni sul sacerdozio, LEV, Città del Vaticano 2008, p. 94

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30 Gennaio - Lo Spirito riporta al valore essenziale

Viviamo in un'epoca nella quale lo Spirito da più parti sembra infrangere determinati schemi, come i chiusi classismi spirituali, piccoli mondi quasi non comunicanti nel mondo storico-sociale dell'esistenza; nella quale, in una società cresciuta, si può dire, nella distinzione di organismi alla ricerca della propria individualità e con finalità particolaristiche, lo Spirito cerca di riportare la creatura umana al valore essenziale al quale Dio attraverso Gesù ha dato una priorità assoluta: il rapporto di amore-comunione tra persona e persona, tra famiglie religiose, tra religiosi e clero diocesano, tra lo "stato di perfezione" e quello che Igino Giordani ha chiamato il "proletariato dello spirito". (...)
Dio è comunione trinitaria, e riguardo agli uomini da lui creati non ha altro fine primario che di costituirli in una comunione simile alla sua.

Silvano Cola
Scritti e testimonianze, Gen's, Grottaferrata 2007, p. 56

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31 Gennaio - Il Dio della giovinezza e della gioia

Due sono gli inganni principali, con cui il demonio suole allontanare i giovani dalla virtù. Il primo è far loro venir in mente che il servire al Signore consista in una vita malinconica e lontana da ogni divertimento e piacere. Non è così, giovani cari. Io voglio insegnarvi un metodo di vita cristiano, che sia nel tempo stesso allegro e contento, additandovi quali siano i veri divertimenti e i veri piaceri, talché voi possiate dire col santo profeta Davide: serviamo il Signore in santa allegria, servite Domino in laetitia. (...)
L'altro inganno è la speranza di una lunga vita colla comodità di convertirsi nella vecchiaia od in punto di morte. (...) Chi ci assicura di venir vecchi? Uopo sarebbe patteggiare colla morte che ci aspetti fino a quel tempo, ma vita e morte sono nelle mani del Signore. Ché, se Iddio vi concedesse lunga vita, sentite ciò che vi dice: quella strada che un figlio tiene in gioventù, si continua nella vecchiaia fino alla morte. (...) Se noi cominciamo una vita buona ora che siamo giovani, buoni saremo negli anni avanzati, buona la nostra morte e principio di una eterna felicità.

San Giovanni Bosco
Opere Edite/2, LAS, Roma 1976, pp. 185-188

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1° Febbraio - Membra collegate

Certo tutta quanta la Chiesa di Dio è strutturata in gradi gerarchici, distinti in modo che le diverse membra ne costituiscono il sacro corpo nella sua interezza. Ma «tutti - come dice l'Apostolo - siamo in Cristo una cosa sola», per cui nessuno è staccato dalla funzione assegnata all'altro e non c'è parte, per quanto piccola, che non sia in diretto collegamento con il capo.
È dunque sull'unità della fede e del battesimo, o miei cari, che si fondano l'indivisibile vincolo sociale che esiste tra noi e la dignità che a noi tutti appartiene, secondo l'espressione così autorevole e santa dell'apostolo san Pietro: «E voi pure, come pietre vive, costruitevi in modo da formare una casa spirituale, un sacerdozio santo, per offrire dei sacrifici spirituali, graditi a Dio, per mezzo di Gesù Cristo»; e più avanti: «Ma voi siete stirpe eletta, sacerdozio regale, nazione sacra, popolo di redenti».

San Leone Magno
Omelie 4,1

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2 Febbraio - Maria, custode di libertà e uguaglianza

Per una madre, i figli sono semplicemente figli, prima e al di là dei loro compiti e ruoli; per Maria le membra del Cristo sono semplicemente il figlio suo, quello accettato sotto la croce (cf Gv 19,26), prima e al di là di quanto dovranno fare, nella distinzione dei compiti, per e nella Chiesa. Direi che in Maria viene alla luce l'essere, nella sua purezza, da cui sgorga il fare - le molteplici operazioni -, ma che, come essere, non è esaurito in esse né con esse si identifica.
Ella è la custode, con il Padre, della libertà e dell'uguaglianza all'interno del popolo di Dio. (...) Uguaglianza che non è appiattimento perché ha la sua sorgente nella vita trinitaria, dove ciascuno dei Tre è l'Unico - uguale, quindi, agli Altri Due, ma in una sua esistenza irripetibile.

Giuseppe Maria Zanghì
Dio che è Amore, Città Nuova, Roma 20043, pp. 139.141

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3 Febbraio - Sacramento dell'origine

Nella Chiesa ognuno viene da Cristo, essendo battezzato in lui e avendo ricevuto in dono il suo Spirito. Ognuno porta con sé - almeno quando testimonia ciò che è stato posto alla base - Gesù Cristo, porta Gesù Cristo nella comunità ecclesiale. Ognuno è quindi in un certo senso "punto di partenza" della Chiesa. (…)
Ma questo non rende affatto superflua la repraesentatio Christi capitis ("presenza" di Cristo capo) per l'unità della Chiesa (…). Una rappresentanza donata alla Chiesa, per mantenerla in collegamento con l'origine e nell'unità, come sacramento di questa origine.

Klaus Hemmerle
Tra diocesi e Chiesa universale, Internationale Katholische Zeitschrift 1974, n° 1, p.29

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4 Febbraio – L' "io'' del prete nell' "io" di Cristo

Nell'Eucaristia Cristo si dona totalmente per noi. (...) Ora, anche questo atto del dono, questo suo potere di darci Dio, vuole donarlo, vuole affidarlo a noi, a noi suoi amici, i sacerdoti. Fate voi, per la Chiesa, fate voi, per la comunità, quello che io ho fatto. lo mi dono a voi in modo da essere voi il gesto vivo e continuo del mio donare. Agite in mia persona, agite in modo che io stesso agisca in voi. (...)
Ma allora il sacerdote potrà essere sacerdote soltanto se abita nell'intimo di Cristo, unito totalmente alla sua vita e al suo amore; e se, per questa sua unione con Cristo, anch'egli diventa lo spogliato di sé, il minimo, il povero, il casto. Quando il sacerdote dice "io", deve immedesimarsi con l'io di Cristo, perché Cristo stesso vuol dire "io" in lui.

Klaus Hemmerle
Il sacerdote oggi, Gen's 12 (1982/6) p. 11

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5 Febbraio – Il significato e la realtà

Il clero deve predicare la Parola, ma la predica non è la forma della Parola di Dio, bensì soltanto la sua mediazione. Il Vangelo non serve alla predicazione e non è una miniera e un tesoro di citazioni per l'oratore dal pulpito, la predica invece ha una funzione introduttiva all'Evangelo, com'è in se stesso.
Il medesimo vale per il catechismo e per tutti gli altri espedienti dell'istruzione cristiana (...).
Lo stesso vale, su di un altro piano, anche per la liturgia nella sua totalità e nei singoli elementi: per quanto sia importante che il popolo cristiano celebri in maniera degna il memoriale della passione di Cristo, altrettanto è essenziale (...) che esso, attraverso tutte le cerimonie, trovi subito il significato e la realtà e non veda mai nel fattore cerimoniale, per quanto bello e degno esso possa essere, la mèta e il fine.

Hans Urs von Balthasar
Sponsa Verbi, Esistenza Sacerdotale, Morcelliana, Brescia 1985, p. 403

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6 Febbraio - Trasparenza di Gesù

I presbiteri sono chiamati a prolungare la presenza di Cristo, unico e sommo pastore, attualizzando il suo stile di vita e facendosi quasi sua trasparenza in mezzo al gregge loro affidato. (...) I presbiteri sono, nella Chiesa e per la Chiesa, una ripresentazione sacramentale di Gesù Cristo Capo e Pastore, ne proclamano autorevolmente la parola, ne ripetono i gesti di perdono e di offerta della salvezza, soprattutto col Battesimo, la Penitenza e l'Eucaristia, ne esercitano l'amorevole sollecitudine, fino al dono totale di sé per il gregge, che raccolgono nell'unità e conducono al Padre per mezzo di Cristo nello Spirito.
In una parola, i presbiteri esistono ed agiscono per l'annuncio del Vangelo al mondo e per l'edificazione della Chiesa in nome e in persona di Cristo Capo e Pastore.

Giovanni Paolo II
Pastores dabo vobis 15

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7 Febbraio - Rinuncia all'autonomia

Nel Vangelo di Giovanni si trovano molto spesso queste parole di Gesù: «Quello che io vi dico non viene da me ma dal Padre..., le opere che io faccio non sono mie ma del Padre... ». Gesù sembra rinunciare ad ogni autonomia nei confronti del Padre; perde ogni autonomia, ma è Gesù, quella persona umano-divina, incarnata nella storia, apparentemente condizionata dalla cultura e dalle strutture del tempo, ma in realtà totalmente libera, tanto da essere capace di offrire la propria vita e morire "per" l'umanità.
E nessuno ha amore più grande, cioè nessuno è così vicino alla perfezione di Dio, come chi dà la vita per gli altri. Ora, il dar la vita implica il distacco da se stessi e dalle persone, rinunciare ai propri beni e alle proprie idee, alla propria cultura, alla propria formazione spirituale, alle proprie iniziative. Cioè vivere i consigli evangelici. (...)
Cos'è allora l'obbedienza se non povertà: non essere, e non avere? Che cos'è l'obbedienza se non castità, cioè l'essere semplici, privi di attaccamenti a se stessi e agli altri e alle cose?

Silvano Cola
Scritti e testimonianze, Gen's, Grottaferrata 2007, p. 75

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8 Febbraio - Non accomodanti, ma misericordiosi

Giustamente è posto fra gli ipocriti chi, fingendo di aver a cuore la disciplina, trasforma il ministero delle anime in uno strumento del potere, ma il peccato è anche più grave se coi malvagi ci si preoccupa di essere accomodanti anziché severi nella disciplina.
È quindi necessario che quando si cerca di porre rimedio alle ferite dei peccati nei sudditi, si abbia la massima cura di fasciare la parte malata stringendo con cautela per adempiere il dovere della correzione dei peccatori, senza venir meno ai sentimenti di pietà.
La comprensione riveli ai sudditi, nel pastore, una madre, la disciplina ne mostri la forza come in un padre, sempre con l'animo attento perché la disciplina non diventi rigore eccessivo e la comprensione non si trasformi in debolezza. Infatti la disciplina e la misericordia perdono il loro pregio quando sono esercitate l'una indipendentemente dall' altra.

San Gregorio Magno
Regola pastorale 2,6

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9 Febbraio - La forma comunitaria del ministero

Il ministero ordinato ha una radicale "forma comunitaria" e può essere assolto solo come "un'opera collettiva". (...)
Il ministero dei presbiteri è innanzi tutto comunione e collaborazione responsabile e necessaria al ministero del vescovo, nella sollecitudine per la Chiesa universale e per le singole Chiese particolari, a servizio delle quali essi costituiscono con il vescovo un unico presbiterio.
Ciascun sacerdote, sia diocesano che religioso, è unito agli altri membri di questo presbiterio, sulla base del sacramento dell'ordine, da particolari vincoli di carità apostolica, di ministero e di fraternità.
Tutti i presbiteri infatti, sia diocesani sia religiosi, partecipano all'unico sacerdozio di Cristo Capo e Pastore, «lavorano per la stessa causa, cioè per l'edificazione del corpo di Cristo, la quale esige molteplici funzioni e nuovi adattamenti, soprattutto in questi tempi», e si arricchisce nel corso dei secoli di sempre nuovi carismi.

Giovanni Paolo II
Pastores dabo vobis 17

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10 Febbraio - Il presbiterio, forza di unione

L'unione tra i presbiteri e i vescovi è particolarmente necessaria ai nostri giorni, dato che oggi, per diversi motivi, le imprese apostoliche debbono non solo rivestire forme molteplici, ma anche trascendere i limiti di una parrocchia o di una diocesi.
Nessun presbitero è quindi in condizione di realizzare a fondo la propria missione se agisce da solo e per proprio conto, senza unire le proprie forze a quelle degli altri presbiteri, sotto la guida di coloro che governano la Chiesa (...).
Ciascuno dei presbiteri è dunque legato ai confratelli col vincolo della carità, della preghiera e della collaborazione nelle forme più diverse, manifestando così quella unità con cui Cristo volle che i suoi fossero una sola cosa, affinché il mondo sappia che il Figlio è stato inviato dal Padre.

Concilio ecumenico Vaticano II
Presbyterorum ordinis 7-8

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11 Febbraio - Divinizzarsi nell'unità

Il male del mondo, come quello delle anime e della Chiesa nei suoi sacerdoti, proviene solo dalla mancanza di unità, dal fatto che si separano dal loro centro per buttarsi su altri miraggi, (...) perché si allontanano dalla loro base essenziale, da quello che deve essere il loro unico centro, l'unità!
Il fiore all'occhiello che caratterizza la mia Chiesa è l'unità: quell'unità da molti sconosciuta e da altri poco apprezzata, che costituisce invece il riflesso della Divinità e che non è soltanto uno degli attributi di Dio, ma molto di più: è l'essenza stessa di Dio, l'Unità! (...)
Pertanto, se i sacerdoti vogliono essere coerenti con il loro fine, con la loro vocazione divina, devono divinizzarsi nell'unità. (...)
Io sogno la perfezione di questa unità dei sacerdoti in Me e di questa unità fra loro (...) e con i miei delegati sulla terra. Unione di obbedienza, sì; ma ancor più, unione di intenti, di sentimenti, di anime, di desideri per la mia gloria.

Conchita Cabrera De Armida
Sacerdoti di Cristo, Città Nuova, Roma 2008, p. 469

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12 Febbraio - Come le corde alla cetra

Più d'ogni altro [il vescovo] ha la grazia di capire i bisogni di quella Chiesa locale di cui egli è fondamento e pastore.
È amando il proprio vescovo sinceramente, è facendosi completamente uno con lui, è offrendosi, disponibile e obbediente, a lui, come ha fatto Gesù col Padre suo, che il sacerdote comprenderà come esercitare meglio il suo ministero e come farsi carico col vescovo delle necessità della diocesi. (...)
Che si possa ripetere per i sacerdoti l'elogio di sant'Ignazio d'Antiochia agli Efesini: «Il vostro collegio presbiterale, giustamente famoso, degno di Dio, è armonicamente unito al vescovo come le corde alla cetra».

Chiara Lubich
Il sacerdote oggi, il religioso oggi, Gen's 12 (1982/6) p. 5

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13 Febbraio - Rapporto da figli

L'obbedienza all'interno della Chiesa e delle comunità ecclesiali acquista la dimensione di servizio all'edificazione dell'unico corpo. Obbedire al vescovo è obbedire a chi è strumento di Dio per la salvezza, è obbedire a Dio stesso. Sant'Ignazio di Antiochia scrive: «So che i vostri santi presbiteri non hanno abusato dell'aspetto giovanile del vostro vescovo, ma come persone che hanno il senso di Dio, si sottomettono a lui, anzi, non a lui ma al Padre di Gesù Cristo che è il vescovo universale» (Ad Magn. 3,1).
E san Girolamo: «Sta' sottomesso al vescovo e consideralo come il padre della tua anima. I figli amano; sono i servi ad avere timore» (Lett. 52,7).

Silvano Cola
Scritti e testimonianze, Gen's, Grottaferrata 2007, p. 87

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14 Febbraio - La missione di Pietro: servire l'unità

«Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente». A questa ispirata professione di fede da parte di Pietro, Gesù replica: «Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa (...). A te darò le chiavi del regno dei cieli».
È la prima volta che Gesù parla della Chiesa, la cui missione è l'attuazione del disegno grandioso di Dio di riunire in Cristo l'umanità intera in un'unica famiglia. La missione di Pietro, e dei suoi successori, è proprio quella di servire quest'unità dell'unica Chiesa di Dio formata da giudei e pagani; il suo ministero indispensabile è far sì che essa non si identifichi mai con una sola nazione, con una sola cultura, ma che sia la Chiesa di tutti i popoli, per rendere presente fra gli uomini (...) la pace di Dio e la forza rinnovatrice del suo amore.
Servire dunque l'unità interiore che proviene dalla pace di Dio, l'unità di quanti in Gesù Cristo sono diventati fratelli e sorelle: ecco la peculiare missione del Papa.

Benedetto XVI
Angelus, 24 agosto 2008

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15 Febbraio - Il comune "centro" dei presbiteri

Un parroco che maldestramente vedesse solo la propria parrocchia e la sua attività sacerdotale orientata unicamente ad essa, sminuirebbe la misura del servizio che presta nel presbiterio della sua diocesi; un vescovo che vivesse solo per la propria diocesi e non si considerasse allo stesso tempo come vescovo della Chiesa universale, sminuirebbe anch'egli il suo servizio.
Il rapporto con l'insieme più grande richiede senza dubbio l'obbedienza, la sottomissione alla repraesentatio Christi capitis tramite chi è "superiore" a noi. Ma ciò non è ancora tutto. La competenza del sacerdote deve essere presa in considerazione nell'essere assieme agli altri che svolgono lo stesso ministero. (...) Solo così è chiaro che il singolo sacerdote non si sostituisce al caput Christi, ma riconosce la relatività del proprio compito di repraesentatio. Che Cristo agisca come caput nel sacerdote, non toglie affatto che Cristo stia come caput al di sopra di ogni sacerdote: ma ciò (...) prende forma se i sacerdoti lasciano fra loro quello spazio, nel quale emerge Cristo come loro comune centro.

Klaus Hemmerle
Tra diocesi e Chiesa universale, Internationale Katholische Zeitschrift 1974, n° 1, p.29

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16 Febbraio - Libertà da se stessi

L'obbedienza è povertà di se stessi. Si dice che è la cosa più difficile, perché è ancora facile rinunciare a qualcosa o a qualcuno che sono sempre "fuori" di me, ma rinunciare a se stessi sembra arduo.
Forse è perché non abbiamo capito quanto sia necessaria e costruttiva questa rinuncia: perché i condizionamenti più forti alla nostra libertà ci vengono proprio dall'attaccamento a noi stessi. Perché siamo portati, in quanto creature, ad affermare noi stessi nei confronti degli altri, mentre la legge della vita è proprio negarsi per affermare l'altro. (...)
Cos' è in definitiva l'obbedienza? È totale carità. Quando sei totalmente amore, (...) non fai più la tua volontà, ma quella dell'altro, non scegli più la tua iniziativa personale ma cerchi di promuovere l'iniziativa dell'altro. E se per caso l'altro prossimo che ti sta accanto o che vive con te fa la stessa cosa nei tuoi confronti, in questo scambio di amore c'è l'Amore.
Allora non è più la tua iniziativa o l'iniziativa dell'altro, la tua volontà o la volontà dell'altro che vengono in evidenza, ma la volontà di Dio.

Silvano Cola
Scritti e testimonianze, Gen's, Grottaferrata 2007, pp. 74-75

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17 Febbraio - L'obbedienza fa vedere

Non riuscirai mai a vedere, se non sarai obbediente...
Se sarai sordo alla voce di chi comanda, sarai anche cieco.
Obbedisci dunque con l'affetto del cuore, per poter vedere con l'occhio della contemplazione...
Dio pone un occhio nel cuore, quando in chi obbedisce infonde la luce della contemplazione.

Sant'Antonio di Padova
Discorsi II

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18 Febbraio - Coraggio di parlare, coraggio di tacere

Il superiore, per parlare, dev'essere dotato di umile autorità, mentre l'inferiore deve possedere una libera umiltà. Ma spesso negli uomini l'ordine del discorso si confonde.
Qualche volta, infatti, uno parla gonfio di superbia e crede di parlare per l'autorità della libertà, un altro tace per stupido timore e crede di tacere per umiltà. (...)
Quello, infatti, se guarda quelli che gli sono soggetti senza tener conto di Colui dal quale tutti dipendono, monta in superbia e si vanta della sua superbia come se fosse autorità; questo, invece, se teme di perdere il favore del superiore e quindi di subire qualche danno temporale, nasconde quello che pensa e tacitamente tra sé chiama umiltà il timore da cui è soggiogato; ma tacendo in cuor suo giudica colui al quale non vuol dir niente, e accade che lì dove si considera umile sia in maniera più grave superbo.
Perciò si deve sempre distinguere la libertà dalla superbia, l'umiltà dalla timidezza, per non scambiare l'umiltà con la timidezza o la libertà con la superbia.

San Gregorio Magno
Omelie su Ezechiele I, IX 1,9; 12,13



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