da Come il Padre ha amato me...
365 pensieri per l'anno sacerdotale
3. inverno: le sfide
Dicembre
19 - Presbiteri e sfide dell' oggi
20 - La sfida del totalitarismo
21 - La sfida dell'individualismo
22 - La sfida del domani
23 - Reciprocamente responsabili
24 - Incontro con Dio nei limiti
25 - Natale ogni giorno
26 - Far "vedere" il Cristo
27 - Sacerdozio e famiglia solidali
28 - La Chiesa: spazio del Cristo
29 - Ciò che vale di più
30 - Comunità di fratelli
31 - Quando tra noi non c'è Gesù
Gennaio
1 - Per la vita del mondo
2 - Sapienza e stoltezza
3 - Cristo sul volto della Chiesa
4 - Un programma pastorale "nuovo"
5 - Una Chiesa che attrae
6 - Nella Città la luce dell' Agnello
7 - Cellule vive
8 - Allargare il cerchio
9 - Domande irresistibili
10 - Moltiplicare le piccole comunità
11 - Gesù per le strade del nostro Paese
12 - Se in una città s'appiccasse il fuoco
13 - Mostrare al mondo il Padre
14 - Formare persone responsabili
15 - Mutuo ascolto tra Pastori e fedeli
16 - La "civiltà" della comunità
17 - Il "consigliare" nella Chiesa
18 - Disarmarsi
19 Dicembre – Presbiteri e sfide dell'oggi
L'identità teologica del ministero presbiterale. Il Concilio Vaticano II insegna che il sacerdozio ministeriale è ordinato al servizio del sacerdozio comune dei fedeli e che ognuno, sebbene in modo qualitativamente distinto, partecipa dell'unico sacerdozio di Cristo. (...)
Il contesto della cultura attuale. Il presbitero è chiamato a conoscerla per poter seminare in essa i semi del Vangelo, affinché il messaggio di Gesù arrivi a costituire un'interlocuzione valida, comprensibile, portatrice di speranza e significativa. (...)
Gli aspetti esistenziali e affettivi, il celibato. [Essi sono] Una vita spirituale intensa, fondata nella carità pastorale, che si alimenta nell'esperienza personale con Dio e nella comunione coi fratelli; così pure la coltivazione di relazioni fraterne con il vescovo, con gli altri presbiteri della diocesi e con i laici. (...) Il celibato richiede di assumere con maturità la propria affettività e sessualità, vivendole con serenità e gioia entro un percorso comunitario.
Conferenza di Aparecida (2007)
Documento conclusivo nn. 192-196
torna su
20 Dicembre – La sfida del totalitarismo
Dopo dieci anni felici di sacerdozio, il regime totalitario del mio Paese mi ha tolto la licenza di esercitare il ministero. Sono stato costretto a cercarmi un lavoro civile, sempre sorvegliato dalla polizia statale con l'intenzione d'isolarmi da tutti. Avevo già una profonda esperienza di comunione con sacerdoti e continuarla in quegli anni mi ha salvato.
Ci incontravamo una volta alla settimana malgrado i gravi pericoli di essere scoperti e puniti. Ma sapevamo che il valore della nostra comunione era più grande di ogni rischio. In questi incontri meditavamo spesso la Preghiera di Gesù per l'unità (Gv 17), e guidati e incoraggiati dal Concilio (PO 8) condividevamo le esperienze evangeliche che ognuno riusciva a vivere nella propria situazione.
È stato in forza di questa unità e della conseguente presenza di Gesù fra noi che abbiamo potuto sopravvivere. Non potrei sottolineare abbastanza fortemente l'importanza di una tale esperienza, in quei momenti drammatici e successivamente in tutte le circostanze della mia vita sacerdotale.
Card. Miloslav Vlk
Spiritualità del sacerdote diocesano, Gen's 26 (1996) p. 12
torna su
21 Dicembre – La sfida dell'individualismo
La vita comune impegna tutta quanta la persona e per questo si distingue da un qualsiasi gruppo psicologico (tipo club sportivo, associazione civile o religiosa, sindacati ecc.), il quale è costituito da individui che si associano in vista di finalità particolari e che perciò interagiscono limitatamente agli interessi comuni da perseguire (...) così che per tutto il resto (ideologie, affettività, religiosità) ognuno rimane chiuso in se stesso, geloso della propria privacy.
Lo stare insieme fra sacerdoti può correre appunto questo rischio: (...) che invece di formare una comunità dove la legge della comunione tra persone ha il primo posto, vivano come un gruppo di individui che stanno insieme accidentalmente in vista dell'identico scopo da raggiungere, e senza perciò interagire, senza confrontarsi sugli altri aspetti della propria vita, e quindi iperatrofizzando il proprio io interiore reso inaccessibile agli altri. È individualismo, mascherato dal fatto di vivere insieme, giustapposti ma non comunicanti.
Silvano Cola
Scritti e testimonianze, Gen's, Grottaferrata 2007, pp. 65
torna su
22 Dicembre – La sfida del domani
I sacerdoti sono chiamati ad aprirsi al dialogo con gli altri sacerdoti, soprattutto i più soli, i più poveri, quelli in prova. Devono stabilire con ognuno un rapporto costruttivo, (...) diventare con loro un cuore e un'anima sola. E tutto ciò non è che a beneficio dell'intera diocesi.
Per l'unità fra i sacerdoti, per la presenza di Gesù in mezzo a loro, di Gesù risorto (...), le parrocchie ne guadagneranno e così i seminari, le scuole, le missioni e tutte le opere apostoliche.
Questa unità, ancora, dei sacerdoti fra loro, è una garanzia del domani della Chiesa. A chi guardano i giovani, che Dio può aver chiamato allo stesso compito, per capire come sarà il loro avvenire al servizio di Dio e degli uomini? Essi vedono negli attuali sacerdoti il loro dover essere e spesso si accompagnano ad essi come alla loro futura famiglia.
Chiara Lubich
Il sacerdote oggi, il religioso oggi, Gen's 12 (1982/6) p. 5
torna su
23 Dicembre – Reciprocamente responsabili
Sappiano i presbiteri che, a causa della partecipazione al medesimo sacerdozio, essi sono specialmente responsabili nei confronti di coloro che soffrono qualche difficoltà; procurino dunque di aiutarli a tempo, anche con un delicato ammonimento, quando ce ne fosse bisogno.
E per quanto riguarda coloro che fossero caduti in qualche mancanza, li trattino sempre con carità fraterna e comprensione, preghino per loro incessantemente e si mostrino in ogni occasione veri fratelli e amici.
Concilio ecumenico Vaticano II
Presbyterorum ordinis 8
torna su
24 Dicembre – Incontro con Dio nei limiti
A Natale la Parola si è fatta carne, Dio si è fatto uomo. E ciò significa, Dio nei miei limiti - nei miei limiti Dio. Le mie limitazioni, il mio fallimento, le mie insicurezze sono il luogo di Dio nel mondo. Egli si è preso cura di tutto ciò, ha accettato tutto ciò. (...)
Dove tocco i miei limiti, là tocco in effetti lui, là non c'è motivo di aver meno speranza, ma più speranza. Accettare i miei limiti significa accettare lui, accettare Dio nei miei limiti.
E allo stesso tempo nei miei limiti: Dio! Ciò che posso dare agli altri nei miei limiti, è infinitamente meno di quello di cui hanno bisogno e di ciò che richiedono. Eppure in questi miei limiti sta Dio, che in questi si dona al mio donarmi. Attraverso la sua incarnazione - compresa bene - io divento "sacramento" per lui, segno operante nel quale lui si comunica e si estende nel nostro mondo.
Klaus Hemmerle
Lettera natalizia 1993
torna su
25 Dicembre – Natale ogni giorno
È Natale!
Il Verbo si è fatto uomo
ed ha acceso l'amore sulla terra.
È Natale!
E vorremmo che questo giorno
non tramontasse mai.
Insegnaci, Signore, come perpetuare
la tua presenza spirituale tra gli uomini.
È Natale!
Che il tuo amore acceso sulla terra
bruci i nostri cuori e ci amiamo come tu vuoi!
Allora sarai tra noi.
E ogni giorno, se ci amiamo, può essere Natale.
Chiara Lubich
E torna Natale..., Città Nuova, Roma 1997, pp. 78-79
torna su
26 Dicembre – Far "vedere" il Cristo
Sappiamo come molti nostri contemporanei dicano: «Cristo sì, la Chiesa no». Non vedono il legame fra Gesù e la Chiesa. Non si rendono conto della sua presenza in essa. Eppure, che cosa è, che cosa vorrebbe essere la Chiesa, se non colei che manifesta il volto del Signore in mezzo al mondo? Viene da pensare al Curato d'Ars, pastore umile e semplicissimo. Chiamato a testimoniare su di lui, un contadino disse: «Ho visto Dio in un uomo».
E viene da pensare a Madre Teresa di Calcutta, alla sterminata folla che nel giorno del suo funerale ne seguì il corpo mortale. Cristiani e indù e musulmani, tutti hanno avvertito in lei il fascino di Gesù. Sono così preziosi questi grandi testimoni della presenza di Cristo. E ne dobbiamo ringraziare il Signore.
Ma nel nostro tempo così complesso e così bisognoso di salvezza, urge che nella Chiesa intera si veda Cristo, che essa tutta quanta irraggi la presenza di lui.
Card. François-Xavier Van Thuan
Testimoni della speranza, Città Nuova, Roma 200810, pp. 177-178
torna su
27 Dicembre – Sacerdozio e famiglia solidali
Il sacerdozio deve santificare la famiglia; la famiglia deve alimentare il sacerdozio. E i due si corrispondono in bene e in male: di tanto si eleva la famiglia di quanto è degno il sacerdozio; e di tanto il sacerdozio decade di quanto scadente è il rifornimento di reclute dalle famiglie.
Togliete l'azione del sacerdozio, e avrete la scomposizione delle famiglie per adulterio, divorzio e aborto; togliete la castità familiare, e non avrete più soggetti degni da mandare in seminari o in case religiose. O si sostengono a vicenda o cadono insieme: vige tra i due una solidarietà umana e divina.
Se noi laici torniamo a rivedere il sacerdozio e lo stato religioso in questa luce, riapriamo i battenti delle nostre case all'intimo afflato della Chiesa, che è lo Spirito di Dio. Togliamo sbarramenti interposti al flusso della vita morale e spirituale e riviviamo della Chiesa non soltanto energie marginali, ma l'interezza.
Igino Giordani
Laicato e sacerdozio, Città Nuova, Roma 1964, p. 149
torna su
28 Dicembre – La Chiesa: spazio del Cristo
Per aprirsi e accogliere la presenza di Cristo come chiave per vivere il mistero della Chiesa, occorre che realizziamo tra noi credenti quell'apertura e quel dono reciproco grazie ai quali si può attuare la promessa di Gesù: «Dove sono due o più riuniti nel mio nome, ivi sono io in mezzo ad essi» (cf Mt 18,20).
C'è da augurarsi sinceramente, in quest'alba del terzo millennio, che il nostro cammino di fede nello spazio pneumatico del Cristo presente diventi per noi evento rinnovato di questa presenza: sia lui, il Signore Crocifisso e risorto, ad ardere nei nostri cuori, a dischiudere i nostri occhi, a illuminare le nostre intelligenze, a fortificare le nostre volontà: «Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi in noi uno, perché il mondo creda che tu mi hai mandato» (Gv 17,21).
Piero Coda
Egli è vivo!, Città Nuova, Roma 20062, p. 102
torna su
29 Dicembre – Ciò che vale di più
Se siamo uniti, Gesù è fra noi. E questo vale. Vale più d'ogni altro tesoro che può possedere il nostro cuore: più della madre, del padre, dei fratelli, dei figli.
Vale più della casa, del lavoro, della proprietà; più delle opere d'arte d'una grande città come Roma, più degli affari nostri, più della natura che ci circonda coi fiori ed i prati, il mare e le stelle: più della nostra anima.
È lui, che, ispirando i suoi santi colle sue eterne verità, fece epoca in ogni epoca. Anche questa è l'ora sua: non tanto d'un santo, ma di lui; di lui fra noi, di lui vivente in noi, edificanti - in unità d'amore - il Corpo mistico suo.
Chiara Lubich
Scritti Spirituali/1, Città Nuova, Roma 19913, p. 50
torna su
30 Dicembre – Comunità di fratelli
Sono uniti i fedeli nell'amore, nella carità di Cristo? Di certo questa è una parrocchia vitale; qui c'è la vera Chiesa; giacché è rigoglioso, allora, il fenomeno divino-umano che perpetua la presenza di Cristo fra noi (...).
Oh come sarebbe stupendo se le nostre parrocchie dimostrassero bene quel che deve essere la società cristiana! E cioè: gente, dapprima sconosciuta, gruppi diversi per costume, educazione, origine, età, ecc., che, trovandosi in chiesa, si rivelano e si sentono nuclei di fratelli. Diventano amici, si danno la mano l'uno con l'altro, non parlano male del prossimo e cercano, invece, ove c'è un ammalato, di assisterlo, ove un disoccupato, di soccorrerlo, ovunque, in una parola, c'è un'azione buona da compiere a vantaggio del prossimo, aver subito cuore e impegno per dire: ecco che Cristo ci chiama. Ricordate la parola solenne di Cristo: «Vi riconosceranno veramente per miei discepoli, se vi amerete gli uni gli altri»; se vibrerà la simpatia voluta più che vissuta, creata da noi più che spontanea, con quella larghezza di cuore e quella capacità di generare il Cristo in mezzo a noi, derivanti, appunto, dal sentirci uniti in Lui e per Lui.
Paolo VI
Alla parrocchia di S. Maria Consolatrice, Insegnamenti/2, Città del Vaticano 1964, pp. 1072-1073
torna su
31 Dicembre – Quando tra noi non c'è Gesù
Mi chiederete: «Vi sono persone così miserabili da non desiderare Cristo in mezzo a loro?». Sì, noi stessi, noi che siamo in lotta gli uni contro gli altri.
Qualcuno forse replicherà in modo ironico: «Che cosa dici? Non vedi che siamo tutti sotto lo stesso tetto, dentro la stessa chiesa (...) e pregando in comune (...)! Quale divisione vedi tra noi?».
Qui nessuna, ma quando la nostra assemblea è terminata, l'uno critica l'altro (...). Diffidando gli uni degli altri, ci temiamo a vicenda, parliamo all'orecchio del vicino e se vediamo avvicinarsi un terzo ripiombiamo nel silenzio e cambiamo discorso. (...)
«Non facciamo questo per nuocere agli altri - direte - ma per proteggerci». È proprio quello che mi addolora: vivendo tra fratelli, sentiamo il bisogno di stare in guardia per non ricevere dei torti, e riteniamo necessario prendere tante precauzioni (...).
«Ma - dirai - io sono stato oltraggiato». Se il tuo prossimo ti ha ingiuriato, prega Dio di usargli misericordia. È tuo fratello, un membro del tuo corpo; egli è invitato alla stessa tavola, come te.
San Giovanni Crisostomo
Omelia 8 sulla Lettera ai Romani 8
torna su
1° Gennaio – Per la vita del mondo
Vergine coraggiosa,
ispiraci forza d'animo e fiducia in Dio,
perché sappiamo superare
tutti gli ostacoli che incontriamo
nel compimento della nostra missione.
Insegnaci a trattare le realtà del mondo
con vivo senso di responsabilità cristiana
e nella gioiosa speranza
della venuta del Regno di Dio,
dei nuovi cieli e della terra nuova.
Tu che insieme agli Apostoli in preghiera
sei stata nel Cenacolo
in attesa della venuta dello Spirito di Pentecoste,
invoca la sua rinnovata effusione
su tutti i fedeli (...)
perché corrispondano pienamente
alla loro vocazione e missione,
come tralci della vera vite,
chiamati a portare molto frutto
per la vita del mondo.
Giovanni Paolo II
Christifideles laici 64
torna su
2 Gennaio – Sapienza e stoltezza
Ho perso un bel po' di tempo nell'andar dietro alle vanità; ho speso tutta la mia giovinezza in occupazioni inutili, in quanto mi ero buttato totalmente ad apprendere delle dottrine proprie di una sapienza che Dio aveva definito stoltezza. Poi, un bel giorno, mi sembrò di risvegliarmi da un sonno profondo. Come volsi gli occhi alla meravigliosa luce della verità evangelica, capii l'inutilità della sapienza dei capiscuola di questo mondo, fatta di nulla.
Rimpiansi allora amaramente la mia vita miserabile e feci una preghiera: chiedevo che mi si mostrasse una strada che mi aprisse l'accesso alla vita interiore.
San Basilio
Epistola 223, 2
torna su
3 Gennaio – Cristo sul volto della Chiesa
Subito la prima frase della Costituzione sulla Chiesa chiarisce che il Concilio non considera la Chiesa come una realtà chiusa in se stessa, ma la vede a partire da Cristo: «Cristo è la luce delle genti, e questo sacro Concilio, adunato nello Spirito Santo, ardentemente desidera che la luce di Cristo, riflessa sul volto della Chiesa, illumini tutti gli uomini...».
Sullo sfondo riconosciamo l'immagine presente nella teologia dei Padri, che vede nella Chiesa la luna, la quale non ha da se stessa luce propria, ma rimanda la luce del sole Cristo. L'ecclesiologia si manifesta come dipendente dalla cristologia, ad essa legata. Poiché però nessuno può parlare correttamente di Cristo, del Figlio, senza allo stesso tempo parlare del Padre e poiché non si può parlare correttamente di Padre e Figlio senza mettersi in ascolto dello Spirito Santo, la visione cristologica della Chiesa si allarga necessariamente in una ecclesiologia trinitaria (LG 2-4). Il discorso sulla Chiesa è un discorso su Dio, e solo così è corretto.
Card. Joseph Ratzinger
L'ecclesiologia della Costituzione Lumen gentium, Nuova Umanità 22 (2000/3-4) p. 396
torna su
4 Gennaio – Un programma pastorale "nuovo"
Se abbiamo veramente contemplato il volto di Cristo, carissimi Fratelli e Sorelle, la nostra programmazione pastorale non potrà non ispirarsi al "comandamento nuovo" che egli ci ha dato: «Come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri» (Gv 13,34) (...).
La comunione è il frutto e la manifestazione di quell'amore che, sgorgando dal cuore dell'eterno Padre, si riversa in noi attraverso lo Spirito che Gesù ci dona (cf Rm 5,5), per fare di tutti noi «un cuore solo e un'anima sola» (At 4,32).
È realizzando questa comunione di amore che la Chiesa si manifesta come "sacramento", ossia «segno e strumento dell'intima unione con Dio e dell'unità di tutto il genere umano» (...). Tante cose, anche nel nuovo secolo, saranno necessarie per il cammino storico della Chiesa; ma se mancherà la carità (agape), tutto sarà inutile.
Giovanni Paolo II
Novo millennio ineunte 42
torna su
5 Gennaio – Una Chiesa che attrae
La Chiesa, come "comunità d'amore", è chiamata a rispecchiare la gloria dell'amore di Dio, che è comunione, per attrarre le persone e i popoli a Cristo (...).
La Chiesa non cresce per proselitismo ma «per "attrazione": come Cristo "attira tutti a sé" con la forza del suo amore».
La Chiesa "attrae" quando vive in comunione, poiché i discepoli di Gesù saranno riconosciuti se si amano gli uni gli altri come egli li ha amati (cf Rm 12,4-13; Gv 13,34).
Conferenza di Aparecida (2007)
Documento conclusivo n.159
torna su
6 Gennaio – Nella Città la luce dell'Agnello
L'angelo mi trasportò in spirito su di un monte grande e alto e mi mostrò la città santa, Gerusalemme, che scendeva dal cielo, da Dio, risplendente della gloria di Dio.
Il suo splendore è simile a quello di una gemma preziosissima, come pietra di diaspro cristallino. Le mura della città poggiano su dodici basamenti, sopra i quali sono i dodici nomi dei dodici apostoli dell'Agnello.
Non vidi alcun tempio in essa perché il Signore Dio, l'Onnipotente, e l'Agnello sono il suo tempio. La città non ha bisogno della luce del sole, né della luce della luna perché la gloria di Dio la illumina e la sua lampada è l'Agnello.
Le nazioni cammineranno alla sua luce e i re della terra a lei porteranno la loro magnificenza.
Le sue porte non si chiuderanno mai durante il giorno, poiché non vi sarà più notte.
E porteranno a lei la gloria e l'onore delle nazioni.
Non entrerà in essa nulla d'impuro, né chi commette orrori o falsità, ma solo quelli che sono scritti nel libro della vita dell'Agnello.
Apocalisse
21,10-11.14.22-27
torna su
7 Gennaio – Cellule vive
Se ti guardi attorno, per certe città dove passi, (...) diresti utopia il testamento di Gesù se non pensassi a lui, che pure vide un mondo simile a questo e, al colmo della sua vita, parve travolto da esso, vinto dal male. (...)
Guardava il mondo così come lo vediamo noi, ma non dubitava. Pregava di notte il Cielo lassù e il Cielo dentro di Sé: l'Essere vero, il Tutto concreto, mentre fuori per le vie camminava la nullità che passa.
Occorre fare anche noi come lui (...). Allora t'accorgerai che, con gli occhi non più spenti, guardi il mondo e le cose, ma non più tu li guardi: è Cristo che guarda in te, e rivede ciechi da illuminare e muti da far parlare e storpi da far camminare. Ciechi alla visione di Dio dentro e fuori di loro, storpi immobilizzati, ignari della divina volontà che dal fondo del loro cuore li sprona al moto eterno che è l'eterno amore.
Vedi e scopri (...) il tuo vero io, che è Cristo, la realtà vera di te in loro, e, ritrovatolo, ti unisci con lui nel fratello. Così accendi una cellula del Corpo di Cristo, cellula viva, focolare di Dio, che ha il fuoco da comunicare agli altri e con esso la luce.
Chiara Lubich
Scritti Spirituali/2, Città Nuova, Roma 19972, p. 161
torna su
8 Gennaio – Allargare il cerchio
Il primo passo deve sempre partire da me (...): vivere in maniera tale che altri trovino in me Cristo, il suo amore, e ne rimangano attratti. Devo avvicinare gli altri in modo che avvertano che io non li conosco secondo la carne (cf 2Cor 5,16), non cerco il mio proprio interesse né un aiuto o un completamento, non mi lascio guidare dalla simpatia oppure dall'antipatia, ma li accolgo come il Signore stesso.
Gli altri devono sperimentare che io vivo di Gesù, che seguo più la sua voce che non le mie idee o l'opinione degli altri. Vedranno che la mia vita si fonda sulla sua Parola, sui suoi sacramenti, che lo ascolto in quello che egli vuole dirmi nei testimoni e negli inviati della Chiesa. E soprattutto lo cerco lì dove egli mi ha amato di più, cioè nelle difficoltà, nelle tenebre che sono per me "il sacramento" del suo abbandono sulla croce, della sua morte.
Prima o poi (...) incontrerò chi aderisce a questa vita (...) e sono persone che non abbiamo scelto noi. Si allarga il cerchio e si formano nuove cellule di persone radunate nel nome di Gesù.
Klaus Hemmerle
Der Himmel ist zwischen uns, Neue Stadt, München 19782, pp. 64-65
torna su
9 Gennaio – Domande irresistibili
Ecco: un cristiano o un gruppo di cristiani, in seno alla comunità d'uomini nella quale vivono, manifestano capacità di comprensione e di accoglimento, comunione di vita e di destino con gli altri, solidarietà negli sforzi di tutti per tutto ciò che è nobile e buono. Ecco: essi irradiano, inoltre, in maniera molto semplice e spontanea, la fede in alcuni valori che sono al di là dei valori correnti, e la speranza in qualche cosa che non si vede e che non si oserebbe immaginare.
Allora con tale testimonianza senza parole, questi cristiani fanno salire nel cuore di coloro che li vedono vivere, domande irresistibili: perché sono così? Perché vivono in tal modo? Che cosa o chi li ispira? Perché sono in mezzo a noi? (...)
Forse tali domande saranno le prime che si porranno molti non cristiani, siano essi persone a cui il Cristo non era mai stato annunziato, battezzati non praticanti, individui che vivono nella cristianità ma secondo principi per nulla cristiani, oppure persone che cercano, non senza sofferenza, qualche cosa o Qualcuno che essi presagiscono senza poterlo nominare.
Paolo VI
Evangelii nuntiandi 21
torna su
10 Gennaio – Moltiplicare le piccole comunità
Prodigatevi a ridar vita in ogni parrocchia (...) ai piccoli gruppi o centri di ascolto di fedeli che annunciano Cristo e la sua Parola, luoghi dove sia possibile sperimentare la fede, esercitare la carità, organizzare la speranza.
Questo articolarsi delle grandi parrocchie urbane attraverso il moltiplicarsi di piccole comunità permette un respiro missionario più largo, che tiene conto della densità della popolazione, della sua fisionomia sociale e culturale, spesso notevolmente diversificata.
Sarebbe importante se questo metodo pastorale trovasse efficace applicazione anche nei luoghi di lavoro, oggi da evangelizzare con una pastorale di ambiente ben pensata, poiché per l'elevata mobilità sociale la popolazione vi trascorre gran parte della giornata.
Benedetto XVI
Convegno Pastorale della Diocesi di Roma, 26 maggio 2009
torna su
11 Gennaio – Gesù per le strade del nostro Paese
Nel mio Paese, prima della Perestroika (Dõi mói), in ciascuna delle due diocesi Langson e Bac Ninh nel nord del Vietnam, sono rimasti soltanto due preti che non potevano uscire liberamente dalla loro residenza. Racconta il cardinale Giuseppe Trinh Nhu Khuê: «Piccoli gruppi di due o più vivevano il Vangelo nel quotidiano e si aiutavano in ogni modo; e nel dono reciproco sperimentavano la presenza di Colui che ha detto: "Abbiate fiducia! lo ho vinto il mondo" (Gv 16,33)». È soprattutto grazie a questi piccoli gruppi (...) che la Chiesa nel mio Paese è sopravvissuta. Ovunque, infatti, si poteva verificare questa presenza di Cristo. Anche fra due cristiani che si incontravano al mercato o fra due uomini che lavoravano fianco a fianco nel campo di rieducazione. Non occorreva parlarsi. Non occorreva un particolare contesto. Bastava unirsi "nel suo nome", vale a dire nel suo amore. E si sperimentava la presenza del Risorto che illuminava e confortava. (...)
Proprio quando veniva meno tutto, Gesù ha ripreso a camminare per le strade del nostro Paese. È uscito dai tabernacoli e si è fatto presente nelle scuole e nelle fabbriche, negli uffici e nelle prigioni.
Card. François-Xavier Van Thuan
Testimoni della speranza, Città Nuova, Roma 200810, pp. 183-184
torna su
12 Gennaio – Se in una città s'appiccasse il fuoco
Se in una città s'appiccasse il fuoco in svariati punti, anche un focherello modesto, ma che resistesse a tutti gli urti, in poco tempo la città rimarrebbe incendiata. Se in una città, nei punti più disparati, s'accendesse il fuoco che Gesù ha portato sulla terra e questo fuoco resistesse per la buona volontà degli abitanti al gelo del mondo, avremmo fra non molto accesa la città d'amor di Dio.
Il fuoco che Gesù ha portato sulla terra è Lui stesso, è carità: quell'amore che non solo lega l'anima a Dio, ma le anime fra loro. Infatti un fuoco soprannaturale acceso significa il continuo trionfo di Dio in anime a Lui donate, e perché unite a Lui, unite fra loro.
Due o più anime fuse nel nome di Cristo, che non solo non hanno timore o vergogna di dichiararsi reciprocamente ed esplicitamente il loro desiderio d'amor di Dio, ma che fanno dell'unità fra loro in Cristo il loro Ideale, sono una potenza divina nel mondo. Ed in ogni città queste anime possono sorgere nelle famiglie: babbo e mamma, figlio e padre, nuora e suocera; possono trovarsi nelle parrocchie, nelle associazioni, nelle società umane, nelle scuole, negli uffici, dovunque.
Chiara Lubich
Scritti Spirituali/1, Città Nuova, Roma 19913, p. 70
torna su
13 Gennaio – Mostrare al mondo il Padre
Io sono consapevole che tu, Dio Padre onnipotente, devi essere il fine principale della mia vita, in maniera che ogni mia parola, ogni mio sentimento, esprima te.
L'esercizio della parola, di cui mi hai fatto dono, non può avere ricompensa più ambita che quella di servirti facendoti conoscere, di mostrare a questo mondo che ti ignora o (...) che ti nega, che tu sei Padre, Padre cioè dell'unigenito [Figlio di] Dio.
Questo solo è il fine che mi propongo.
Sant'Ilario di Poitiers
PL 10,48
torna su
14 Gennaio – Formare persone responsabili
Sarebbe troppo facile prendere con te solo persone che amano prendersela comoda, che vogliono solo "andare a rimorchio", essere aiutate o soccorse, o solo ricevere. Tu potrai così giocare a fare il fratello maggiore, a essere indispensabile.
Il tuo compito è piuttosto quello di formare persone responsabili, che vogliano stare ritte sulle proprie gambe, uomini degni di questo nome.
È molto difficile, ma devi prendere la decisione di aiutare gli altri a destarsi dal loro torpore, a pensare da sé, a organizzarsi da sé, a combattere da sé e, se necessario, ad andare anche contro le tue idee. Sarai allora veramente felice di vederli crescere insieme a te.
Card. François-Xavier Van Thuan
Spera in Dio!, Città Nuova, Roma 2008, p. 42
torna su
15 Gennaio – Mutuo ascolto tra Pastori e fedeli
Gli spazi della comunione vanno coltivati e dilatati giorno per giorno, ad ogni livello, nel tessuto della vita di ciascuna Chiesa. La comunione deve qui rifulgere nei rapporti tra Vescovi, presbiteri e diaconi, tra Pastori e intero Popolo di Dio, tra clero e religiosi, tra associazioni e movimenti ecclesiali. A tale scopo devono essere sempre meglio valorizzati gli organismi di partecipazione previsti dal Diritto canonico, come i Consigli presbiterali e pastorali (...).
La teologia e la spiritualità della comunione, infatti, ispirano un reciproco ed efficace ascolto tra Pastori e fedeli (...).
Significativo ciò che san Benedetto ricorda all'Abate del monastero, nell'invitarlo a consultare anche i più giovani: «Spesso ad uno più giovane il Signore ispira un parere migliore». E san Paolino di Nola esorta: «Pendiamo dalla bocca di tutti i fedeli, perché in ogni fedele soffia lo Spirito di Dio».
Giovanni Paolo II
Novo millennio ineunte 45
torna su
16 Gennaio –La "civiltà" della comunità
Dagli Atti degli Apostoli si può vedere come tutte le comunità cristiane, che nascono e si moltiplicano seguendo le leggi di un organismo vivente, mantengono la stessa linea di vita: la pratica del comandamento di Gesù è la ragion d'essere della stessa comunità, è l'aspetto nuovissimo e originale che differenzia questa nuova comunità dalle altre.
Si potrebbe ricapitolare tutta l'azione pastorale degli Apostoli nel far vivere a tutti il nuovo comandamento, sintesi della Legge e dei Profeti: «Questo è il comandamento - scrive Giovanni - che noi abbiamo ricevuto da Cristo: chi ama Iddio ami anche il proprio fratello» (1Gv 4,21).
Essi, gli Apostoli, questa comunione l'hanno sperimentata con Gesù e per primi hanno avuto coscienza del Regno di Dio fra loro. Loro compito sarà quello di far entrare, di far partecipi gli altri di questa comunione appunto perché è la "civiltà" originaria che Dio ha voluto comunicarci.
Silvano Cola
Scritti e testimonianze, Gen's, Grottaferrata 2007, p. 57
torna su
17 gennaio – Il "consigliare" nella Chiesa
Un momento, in cui emerge il comunicare della Chiesa primitiva, lo troviamo negli aggettivi e avverbi che qualificano i modi della comunicazione. Ad esempio, lo scambio dei doni dello Spirito deve avvenire «per l'edificazione della comunità» (1Cor 14,12); il «profetare, uno alla volta, perché tutti possano imparare» (1Cor 14,31); tutto deve svolgersi «decorosamente e con ordine» (1Cor 14,40), «con tutta umiltà» (Fil 2,3) nei rapporti scambievoli; (...) bisogna crescere in un corpo «ben compaginato e connesso, mediante la collaborazione di ogni giuntura» (Ef 4,15). Nelle comunicazioni che riguardano l'ammonimento, il rimprovero, occorre procedere «con dolcezza» (Gal 6,1) e l'annuncio deve essere fatto «con franchezza» (Ef 6,20). Se esaminiamo queste e altre qualifiche della comunicazione, ci accorgiamo che emergono alcune costanti: l'ordine, la dolcezza, la diligenza, l'attenzione, la premura, una certa capacità organizzativa affinché non ci sia confusione o dispersione. (...) Il consigliare nella Chiesa si colloca all'interno e ha lo scopo di porre ordine, unità, umiltà, mansuetudine, aiutando a superare l'impulsività, gli interventi inopportuni, intempestivi, l'incapacità a raccogliere le idee e a metterle insieme.
Card. Carlo Maria Martini
Il consigliare nella Chiesa, Al Consiglio pastorale diocesano, 15 aprile 1989
torna su
18 Gennaio – Disarmarsi
Bisogna riuscire a disarmarsi.
lo questa guerra l'ho fatta. Per anni ed anni.
È stata terribile. Ma ora sono disarmato.
Non ho più paura di niente,
perché «l'amore scaccia la paura».
Sono disarmato dalla volontà di spuntarla,
di giustificarmi alle spese degli altri.
Non sono più all'erta,
gelosamente aggrappato alle mie ricchezze.
Accolgo e condivido. Non tengo particolarmente
alle mie idee, ai miei progetti.
Se me ne vengono proposti altri migliori,
li accetto volentieri. (...)
Ciò che è buono, vero, reale, dovunque sia,
è sempre il migliore per me.
Perciò non ho più paura.
Quando non si possiede più niente,
non si ha più paura.
«Chi ci separerà dall' amore di Cristo?». (...)
Ma se ci disarmiamo, se ci spogliamo,
se ci apriamo al Dio-uomo
che fa nuove tutte le cose,
allora è lui a cancellare il passato cattivo
e restituirci un tempo nuovo dove tutto è possibile.
Patriarca ecumenico Atenagora I
Chiesa ortodossa e futuro ecumenico, Morcelliana, Brescia 1995, pp. 209-211
torna su
torna all'indice
home