II Domenica dopo Natale
Sir 24,1-4.8-12
Ef 1,3-6.15-18
Gv 1,1-18
LA SAPIENZA DIVINA
È SCESA TRA GLI UOMINI
La seconda domenica dopo Natale, attraverso la straordinaria pagina di Siracide, ma anche attraverso le parole di Paolo conduce la nostra riflessione agli estremi dello spazio e del tempo. Il capitolo 24 di Siracide, da cui è tratta la prima lettura, è centrale per collocazione e contenuto nell'economia del libro. Ci troviamo esattamente a metà del componimento. L'esordio del nostro testo riprende le tante pagine che Siracide ha già dedicato alla sapienza. Si tratta qui di un solenne autoelogio che proprio la sapienza divina, personificata, compie di sé stessa. Per quanto possa sembrare stucchevole, lo scopo primo dell'espediente letterario è porre in rilievo la peculiarità che la sola sapienza divina possiede. Non è un attributo esterno riferibile a YHWH e alla sua maestà. Essa è uscita «dalla bocca dell'Altissimo» (v. 3). Coincide con la divina Parola. Essa è sommamente sapiente; d'altro canto, questa sapienza si fa udibile e comprensibile dai propri interiocutori. Non è inaccessibile o inafferrabile. Vuole essere partecipata all'umanità.
La terra intera fu coperta dalla sapienza come da nube. Essa è destinata a governare l'universo. Partecipò ai primordi dell'opera creatrice. Il riferimento a Gen 1 e all'azione dello Spirito che aleggiava sulle acque è evidente. Dunque nella sapienza si fondono due fondamentali agenti divini: Parola e Spirito. Il Soffio divino è la sua stessa forza vitale. Ma che ne sarebbe di tale divino vigore se non fosse percepibile dall'orecchio e dalla mente dell'uomo, tramite la parola? Allo stesso modo, che ne sarebbe della Parola divina se raggiungesse solo la sfera razionale dell'uomo senza infondergli nuova vita? Nella personificazione della Sapienza iniziamo a intuire il progetto di Dio sul cosmo: non solo comunicare ma piuttosto auto-comunicarsi, attraverso un Verbo impregnato del Soffio. Solo in questo modo è possibile realizzare la vera e integrale salvezza dell'uomo. Colei che uscì dalla bocca dell'Altissimo e ricoprì come nube la terra -leggiamo - ebbe la sua dimora su una colonna di nubi. Da Genesi siamo passati all'Esodo, dove proprio la Sapienza divina sarebbe guida verso una nuova libertà.
Tuttavia questo universale attributo, da cui la terra intera è pervasa, fu donato al solo Israele. Il v. 8 fa riferimento a una leggenda rabbinica, secondo cui la Legge fu offerta a tutti i popoli ma fu accolta dal solo Israele. L'attrice della creazione divenne così appannaggio esclusivo di un popolo, in mezzo al quale venne a dimorare. Manifestazione della sua presenza divenne il culto praticato in Sion, in Gerusa1emme, «in mezzo a un popolo glorioso» (v. 12). Ogni dono divino, tuttavia, non ha significato esclusivo, ma piuttosto inclusivo. In Israele la sapienza divina è brillata davanti a tutti i popoli. Attraverso Israele l'umanità ha appreso come vivere alla presenza del Signore. Il Natale compie questa irrefrenabile dilatazione. Essa era stata concepita prima della creazione, secondo quanto afferma Paolo nella seconda lettura. Dunque proprio la sapienza divina conteneva in sé la spinta a raggiungere l'intera umanità perché l'intera umanità potesse conoscere Dio. L'Apostolo domanda questo nella sua preghiera per la comunità di Efeso: «Affinché il Dio del Signore nostro Gesù Cristo, il Padre della gloria, vi dia uno spirito di sapienza e di rivelazione per una profonda conoscenza di lui» (v. 17).
La Sapienza è via alla conoscenza di Dio. Il quarto vangelo lo dichiara con altre parole quando apre, con il Prologo, uno spiraglio sulla vita intratrinitaria: in principio era la ragione, era il logos. Questa ragione, che era presso Dio, è Cristo. L'affermazione per noi suona urtante. Ma questo accade a causa dell'esaltazione illuminista che ha caratterizzato la nostra Europa, pronta a celebrare i trionfi di una ragione che si oppone a Dio. Per noi "ragione" è il polo che si oppone perfettamente a "fede". Chi ragiona davvero non crede; è lontano da miti e superstizioni; è perfettamente padrone di una verità che non accetta supinamente da altri ma ha raggiunto con le proprie forze, attraverso una sistematica investigazione. Per noi credenti è ragionevole e razionale ciò che è di Cristo. Se lui è la ragione\sapienza di tutte le cose, come si può utilizzare la ragione senza che essa indichi una conformazione a Cristo? Per questo il Dio di Gesù Cristo, ci può dare uno «spirito di sapienza e di rivelazione».
È ragionevole quanto rivela Cristo e Gesù di Nazaret è piena razionalità e compimento dell'uomo. In lui Spirito e Parola si fondono appieno. La Parola respira ed espira la Vita su coloro «che credono nel suo nome, i quali, non da sangue né da volere di carne né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati». Proprio l'evento dell'Incarnazione è visibilità della ragione di tutte le cose, amore che tiene insieme tutto l'universo e lo illumina con la propria luce. Troppo spesso siamo stati succubi di una sedicente razionalità nemica del credere che altro non ha fatto che diminuire la vita. Parola senza Spirito, essa ha preteso di ridare libertà alla coscienza umana che invece ha spinto a compiere feroci violenze. Sappiamo l'esito immediato della celebrazione della ragione e la fine toccata ai suoi presunti nemici. Quando la razionalità umana si sgancia dall'amore, tutto patisce: la natura, il mondo, l'uomo. Esso viene sminuito fino a diventare mezzo e non fine dello sviluppo e del progresso. La Sapienza di Dio, assisa sul trono, ha scelto di piantare la sua tenda in Israele tramite Maria, donna sapiente per eccellenza, madre e discepola.
VITA PASTORALE N. 11/2009 (commento di Claudio Arletti,
presbitero della arcidiocesi di Modena-Nonantola)