Dare la vita per la propria gente

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Diaconato: servizio e comunione
(Gen's – gennaio-aprile 2009, nr.1/2)

ESPERIENZA


Con la stola e con il grembiule
di Rocco Goldini


Il protagonista di questa esperienza, defunto mentre era in preparazione questo numero della rivista, era un vigile urbano del comune di Gela in Sicilia (Italia). Diacono da vari anni, svolgeva il ministero in un ambiente fortemente segnato dalla mafia con conseguenze così dolorose da spezzare il cuore. La sua azione evangelizzatrice, particolarmente incisiva, affonda le radici nella spiritualità di comunione che condivide con parecchi membri della sua comunità parrocchiale. Riportiamo la sua testimonianza nell'immediatezza del racconto spontaneo che illustra il quotidiano della vita di un diacono in un posto di frontiera.



Una domenica qualunque

Oggi è domenica e sono stato con i bambini. La nostra parrocchia si trova in un quartiere a rischio e pur avendo quasi 6000 abitanti, la domenica alla messa partecipano solo circa 18 bambini. Sai perché? I genitori non li mandano, o perché i padri sono in carcere, o perché il padre o il fratello sono stati uccisi. Quei bambini che vengono sono "oro" per noi: sono immagine di Gesù sofferente. Ed io vado a fare festa con loro.

Stamattina, poi, sono andato a portare la comunione ad una vecchietta che è sola e non può muoversi tanto: con lei c’è stata gioia grande, perché le ho portato Gesù Eucaristia. Adesso sono rientrato e sto preparando con Rosa il pranzo.

Oggi ho incontrato di nuovo uno dei bambini un po’ difficili… Appena mi ha visto si è avvicinato ed io con tanta gioia l’ho abbracciato e lui pian piano si è messo a parlare come con vecchi amici. L'altra settimana, durante la messa lo avevo richiamato in un modo un po’ forte, perché per tutto il tempo aveva solo disturbato. Me ne ero andato a casa con un po’ di tristezza, ma anche tranquillo perché mi sembrava aver fatto tutto per amore. E adesso la risposta: è lui che mi viene a cercare.

La giornata è buona, il garage dove si celebra la messa è proprio vicino al mare e così spontaneamente facciamo una passeggiata. È bello, perché lui finalmente mi parla di sé e viene fuori che ha una fanciullezza difficile; che a scuola è già ripetente di due anni e non riesce a seguire le lezioni. Ora, dopo il momento passato assieme, ha capito che qualcosa deve cambiare e mi ha detto: «Voglio iniziare proprio dalla santa messa. Oggi parteciperò cercando proprio di fare pace con Gesù. Io conto sul tuo aiuto». Che meraviglia – mi sono detto - è proprio un miracolo! Ho offerto tutta la messa per lui ed egli ha vissuto la sua prima messa come un adulto, con un atteggiamento tutto nuovo.

La domenica termina col funerale di Carmela, una vecchietta di 86 anni. Veniva nella nostra parrocchia, perché da noi non ci sono scale e poteva facilmente entrare in chiesa, cioè nel nostro garage! Mi diceva spesso «Dove posso trovare uno come te che mi aspetta e mi viene incontro per farmi festa?». Vivo con gioia la santa messa e torno a casa felice, perché Gesù è tutto per me. Abbiamo celebrato i suoi funerali con una comunità raccolta in preghiera. Carmela sembrava ringraziasse dal cielo. Un momento intenso e commovente. Come è vissuto così se ne è andata: semplicemente.

Infine siamo andati a magiare da mamma, ammalata e immobile per via di due ictus, ma che lascia trasparire tutto il suo amore. E la domenica continua...


Educazione stradale

Sono ispettore di polizia municipale della mia città. Ultimamente sono stato incaricato di tenere alcune lezioni di educazione stradale ai bambini delle elementari.

Questa mattina sono andato in una scuola elementare della periferia, in una classe di 16 bambini. È stato molto bello, perché ho potuto trasmettere la forza che nasce dal vivere cercando di volerci bene. Se riusciamo a farlo, ci accorgiamo che tutti i problemi si possono risolvere, anche evitare l’incidente che potrebbe essere fatale per la nostra vita di pedoni. Amando gli altri come se stessi si riesce a evitare pericoli.

I bambini mi hanno promesso che anche loro proveranno ad amare, incominciando da subito in classe e poi continuando in famiglia; e anche in mezzo alla strada, facendo più attenzione a tutto quello che li circonda, anche alle indicazioni dei vigili urbani.

Il giorno seguente sono stato in un’altra classe: una esperienza unica, perché con i bambini ho cercato di vivere immedesimarmi profondamente con loro. Alla fine della lezione hanno scritto: «La lezione di oggi è stata fantastica, con un professore pure fantastico! Dobbiamo saper dire di no alle ingiustizie, alla mafia e ai soprusi. Noi bambini, il dire di no lo esprimiamo in fatti concreti, a cominciare dal dire di sì alla nostra mamma, quando ci dice di mettere le immondizie nei cassonetti! A dire di sì al nostro maestro quando ci raccomanda di studiare il pomeriggio! A dire di sì a tutti quei piccoli accorgimenti, come la sicurezza della bicicletta perché altrimenti è meglio non usarla, o portare il casco che ci protegge da eventuali cadute nelle quali ci possiamo fare male sul serio. È così che collaboriamo a rendere il mondo un po’ migliore da come l’abbiamo trovato. Al Sindaco chiediamo una pista ciclabile e un parco per bambini, dove possiamo giocare sicuri! Faremo contenti tanti bambini, ma soprattutto tanti genitori che finalmente non dovranno gridare ai loro ragazzi che giocano in mezzo a tanti pericoli».

Sono felice perché nel cuore di questi ragazzi entra una risposta concreta all'emergenza educativa ed essi incominciano a partecipare in maniera giusta al mondo che appartiene a loro.


Morire per la propria gente

«Morire per la propria gente» è un motto e un’esperienza che ha segnato me e mia moglie nel profondo. Abbiamo scelto di condividere la situazione delle persone più disagiate della nostra città, andando ad abitare con la famiglia in uno dei quartieri di nuova formazione. Qui la parrocchia aveva la sua sede in un garage di pochi metri quadri e tutto si presentava come un deserto: strade di terra, senza illuminazione pubblica, senza rete idrica né fognaria. Di servizi sociali e trasporti pubblici neanche parlarne. Sono stati dieci anni di vita difficile, ma ora si comincia a vedere dei frutti.

Abbiamo cercato di creare con ciascuna famiglia del quartiere un rapporto di conoscenza e di dialogo, tentando di ricucire lo strappo tra i cittadini e l’amministrazione pubblica. Pian piano i circa tremila abitanti del quartiere sono diventati soggetti attivi nel rapporto con le istituzioni pubbliche attraverso un comitato creato appositamente.

Si è giunti ad ottenere dall’amministrazione regionale lo stanziamento pubblico di una forte somma per il risanamento del posto, diventato ora un quartiere-pilota, che ha dato vita ad attività formative per i rappresentanti di tutti gli altri comitati di quartiere della città.

Da alcune domeniche ci siamo trasferiti nei nuovi locali parrocchiali che la Regione siciliana ha costruito: un primo lotto con i locali pastorali e la canonica. È venuto il vescovo per la benedizione e c’è stata grande festa per questo evento che aspettavamo da anni.


Giustizia nella carità

Qualche esperienza. «Piangere con chi piange...». Mi si stringeva il cuore perché, mentre a livello istituzionale insieme con altri colleghi dovevo provvedere ad uno sgombero da una casa abitata abusivamente, dall’altro pregavo la Madre di Dio perché questa famiglia potesse trovare un ricovero idoneo al più presto. Sì al mio lavoro e amore ai poveri: un insieme non facile.

Alla conclusione della mattina un mio collega ha esclamato: «Sei stato determinante, perché il colloquio improvvisato che tu hai avuto con quella persona ha ridato la calma a tutta la mattinata di lavoro. Entrare di forza in un appartamento è stato spiacevole per tutti e tutti avremmo voluto scappare, ma è il nostro lavoro. Meno male che poi c’è Rocco che provvede a far ritornare la calma. E come? Con la forza dell’amore, che è ancora più grande di tutto quello che prima si era consumato. Sì, perché il suo amore per la gente è tale che le situazioni si capovolgono! Infatti, appena ho visto che nel nostro gruppo c’era lui, ho capito che oggi sarebbe stato diverso da altri giorni. E dire che il termometro era alto: una famiglia dentro casa chiusa con i lucchetti e un’ordinanza di sfratto del sindaco che si doveva eseguire. Come dire: da una parte la carità e dall’altra la giustizia».

A parlare così è un mio collega che alla fine ha tirato un lungo sospiro di sollievo da come sono andate le cose.

Qui a Gela si continua a vivere nell’emergenza: un povero da sloggiare in cambio di un altro povero che ha vinto la graduatoria delle case popolari. Storie di umana miseria. E sono tali e tante le povertà che nessuno vorrebbe vederle e neanche raccontarle.


Annunciare il Vangelo con la vita

Il mio desiderio più sentito è quello di creare rapporti con ogni prossimo che incontro e testimoniare l’amore di Dio per ciascuno.

Una sera il parroco mi chiede di preparare una persona di 33 anni, sposato con un figlio, a ricevere il sacramento della cresima. Ormai la giornata era finita e mi aspettavano a casa, ma mi è venuto in mente un pensiero che avevo in animo tutto il giorno: vivere nella pace la volontà di Dio dell’attimo presente. Allora mi sono fermato con questa persona. Ho cercato di amarla fino in fondo ed ho raccontato come ho incontrato Dio Amore.

«Sono figlio di un ambulante – le ho detto. Mio padre vendeva olio e ad un certo punto, non riuscendo a guadagnare il necessario per la famiglia, ha dovuto fare le valigie e partire per la Germania.

La tristezza per questo fatto mi colpì a tal punto che volevo farla finita. Ma Dio, che è grande nella sua misericordia, mi fece incontrare alcune persone che mi hanno impressionato, perché cercavano di incarnare il Vangelo nella loro vita. Mi hanno invitato a degli incontri assieme ad altri giovani ed alla fine ho capito una verità molto semplice: "Quello che vorresti che gli altri facciano a te, incomincia tu a farlo agli altri".

Ho iniziato così a prendermi cura di un anziano che viveva solo: la mattina prima di andare a scuola andavo a casa sua, svuotavo il pappagallo, gli preparavo la colazione, aprivo la finestra, lo mettevo a sedere e poi, di corsa, andavo a scuola. Questa esperienza è durata per tre anni, fino a quanto questo anziano è partito per il Cielo.

Così ho incominciato a capire che Dio è Amore. Da allora sono passati 40 anni e ancora sono qui in una chiesa e sono felice. Ecco, se vuoi, adesso anche tu puoi iniziare, e così in questa chiesa saremo in due».

Mi ha ascoltato con un interesse che non mi aspettavo, mi ha ringraziato e ci siamo dati appuntamento per la settimana seguente.

Per me è stata una occasione per "gridare anche dai tetti" tutto l’amore che ho ricevuto.


Benedizione delle famiglie:
occasione per stabilire rapporti veri


Subito dopo Pasqua il parroco e io iniziamo la benedizione delle famiglie. Un’azione pastorale che ci introduce nel'intimità delle case dei parrocchiani.

Mi dispongo con l’anima in modo da vedere in ogni persona che incontro Gesù da amare, sapendo che con ognuno posso rinnovare il rapporto o stabilirlo ex novo.

Le persone che avvicino fanno parte di una popolazione che già ha sofferto parecchio e che, per non avere una casa ed avendo un basso reddito, è stata ammessa nelle case popolari. Qui si ritrovano sia quelli offesi per mafia, sia quelli che hanno offeso per mafia. Comunque un popolo in ricerca, in ricerca di Dio, sia gli uni che gli altri, anche se non lo sanno.

C'è ancora molta gente in mezzo a noi che soffre la fame e manca delle cose più elementari. Bussando ad una porta mi risponde una signora con sette figli: mi spiega che due sono del primo marito, ammazzato per omonimia, gli altri sono nati dall’attuale convivente (qui non ci si sposa di nuovo per paura e allora si convive...). Le "leggi sull’onore" si rispettano. Ma come? Con la paura e la mortificazione. E poi ti chiedi: e la parità? Quale parità? Il bisogno prevale su tutto, anche sull’etica, se ce n’è una. Questa signora ha una splendida figlia di 20 anni che vuole uscire dal bunker dove è stata posta per via di quel padre ucciso e che lei non ha conosciuto. È molto arrabbiata, perché suo papà era un onesto lavoratore e glielo hanno ingiustamente ammazzato, scambiandolo con un altro. Storie di mafia, che qui diventano storia sacra! Storia di una ventenne che crede, che ha incontrato un giorno Dio Amore e che adesso sta incominciando a fare la sua esperienza, iniziando proprio nella sua famiglia.

La madre racconta: «Mia figlia ha pagato più di tutti per questa esperienza di mio marito ammazzato ed è quella che più di tutti soffre per il riscatto dei suoi fratelli. Cosa non farebbe per non farli cadere nella trappola della mafia e cosa non fa per aiutarli! Solo Dio lo sa». Fin qui il racconto, che continua con l’elenco dei vari bisogni, che sono tanti.

Davanti a tutto questo ho presente nell’anima una sola Persona, Gesù Crocifisso, che incontro per le strade di questa città, tentando di asciugare qualche lacrima e sapendo ciò che viene chiesto a me, diacono di questa parrocchia, che busso a quella porta, che passo per questa via, che cerco di donarmi a tutti. E mi chiedo: «Non è forse questa la mia gente? Il popolo che Egli ama? Che Egli preferisce più degli altri? Non viene chiesto a me di credere a tutto questo? Qual è la mia fede? E se passasse Gesù per questa via, si sporcherebbe le mani?».

Per rispondere a tutte queste domande hai solo un secondo perché non puoi perdere tempo. Devi fare in modo che la carità trionfi sempre, quella carità che è al di sopra di tutto, che è Dio, quel Dio appeso a due legni incrociati. Queste persone in questo luogo e in questo momento ne sono una continuazione; non puoi scappare se sei cristiano. Ed io vorrei esserlo.

Un desiderio mi prende: seguire lui nelle vie del mio quartiere, in questo condominio e portare la sua festa, l’accoglienza del suo amore. Così un momento di dolore, di sconforto diventa un suo momento, un momento di gioia: «Hai tramutato il mio lamento in danza!».

Nella scala dei bisogni si dà una priorità e pian piano si cerca di capire da dove iniziare. La donna che ho di fronte intuisce che qui c’è il dito di Dio che si è fermato a casa sua e ne gioisce insieme a me. Pian piano tornano il sereno con la forza di continuare a vivere. È fortemente provata, «ma adesso – esclama – con l’aiuto di Dio e della parrocchia tutto sarà più facile, soprattutto continuare a sperare!». Poi chiede: «Chi ti ha mandato? Il Signore!». Per me una sola considerazione: tutto vince l’amore!


Versare nel calice il dolore incontrato

Ascoltare i fratelli è caricarsi i pesi, condividere le fatiche e aiutarci nel cammino. Bussare alla porta delle case per la benedizione delle famiglie è una fatica ma con il sapore del divino. Significa accogliere il dolore, il peso, la malattia, la tristezza, la povertà, la lontananza da Dio: è morire con la tua gente, versare il sangue... Quel Sangue di cui tu sei "ministro". È vivere la speranza con chi non ha più speranza.

Così anche oggi ho bussato alla porta di una famiglia. Mi accoglie la madre e mi fa accomodare. Non mi lascia andar via, perché il suo cuore è oppresso, tanto che esclama: «Ho bisogno che qualcuno mi ascolti, perché non so a chi dire tutte le mie cose». E così inizia il suo racconto: «Siamo poveri e con me vive mia figlia. Mio marito è in carcere da tre anni per un reato commesso e ne avrà almeno altri tre. Mia figlia ha altri due figli e io non posso buttare fuori lei e i suoi piccoli. Così le condizioni economiche a casa mia si sono fatte difficili. Come se non bastasse, da una settimana hanno arrestato anche mio figlio per una cosa commessa quando era minorenne. Ora i pentiti lo hanno accusato ed è stato arrestato. Lui ci aiutava a portare avanti la casa, ma adesso le cose sono precipitate. Tra avvocati, visite al carcere, di soldi ce n’è bisogno parecchio. Come fare? Noi non siamo gente di Chiesa: siamo persone che si vergognano e non usciamo nemmeno da casa. L’altro giorno siamo stati a chiedere un aiuto in una parrocchia, ma la cosa ci ha ulteriormente mortificati: un parroco cosa può offrire con tanti bisognosi che ci sono? E poi di lavoro non ce n’è. Con il marito in galera, come fai a cercare Dio? Dov’è questo Dio che lei dice che mi ama?».

Volti diversi, ma tutte storie sacre. Mi affiora nell'anima una parola di Chiara Lubich: «Signore, dammi tutti i soli»: i poveri, gli abbandonati, perché li possa soccorrere, aiutare, incoraggiare. Così passo da un condominio all’altro. Ma dopo questa storia anch’io mi fermo ad aspettare.

Come essere la Parola che dà speranza? Come servire la Parola fatta carne? La mia è una testimonianza carica di tutto il limite legato alla mia umanità, ma con piena confidenza in Gesù, fonte della nostra diaconia.

A quella mamma alla fine ho detto: «Perché non viene in chiesa? Gesù l'aspetta». E lei: «Sì, debbo venire!».

Alla messa, che di lì a poco si celebra, verso nel calice tutto il dolore incontrato e dico con tutto il cuore: «Sei tu, Signore, l’unico mio bene! Soccorri quella tua famiglia, quella che mi hai fatto incontrare pocanzi e manda il tuo Spirito, manda la speranza e fa tornare il sereno. Anche oggi, Signore, ti ho riconosciuto abbandonato, solo, povero, offeso, carcerato. A me hai fatto un dono, quello di essere come una spugna: andare per i condomini della mia parrocchia e asciugare le lacrime che incontro, perché Tu, Signore, sei il Risorto, il Dio con noi, il compagno di viaggio. Io credo e spero in te! Continuerò a bussare… e se mi dovessi anche stancare o mi ammazzassero per il tuo nome, tu hai già preparato per tutti noi un banchetto nel Cielo. Voglio condividere questo momento solenne con questa mia gente, privata di tutto, ma non del tuo Amore».


La mia supplica

Si è dovuto procedere all'arresto, per resistenza, minacce e offese a pubblico ufficiale di un papà di cinque figli che aveva occupato abusivamente una casa popolare.

«I poveri diventano sempre più poveri e i ricchi sempre più ricchi» (Paolo VI). «Quello che a voi sopravanza è quello che manca ai poveri» (S. Vincenzo De Paoli). Il perché non ha nessuna ragionevolezza, ma l'urlo dei giusti sarà sempre ascoltato dal Signore.

Sgorga dal mio cuore una preghiera: «Dammi, o Dio, di poter credere ancora, rafforza la mia fede. A volte sono stanco e sfinito e non vedo altro che tristezza! Soprattutto quando i media si mettono a parlare, a disquisire su cos'è la mafia ed ognuno dalla parte della pancia piena si mette a dire... Ma cosa c’è da dire davanti a tanti bambini innocenti? Che colpa hanno loro se i genitori si sono macchiati di crimini e li hanno relegati in situazioni di fame? Che colpa hanno, se la società è cieca e si nasconde dietro a un perbenismo che fa male e non riesce a vedere neppure al di là del proprio naso?

Dammi, Signore, tutti i poveri... Dammi tutti i perché... tutti i carcerati..., dammi... e dove non posso arrivare… manda sempre me! Aspettami però un po’, perché riprenda fiato e sappia ritornare subito da Te!

Ho bisogno d’incontrarti e l’ultimo caso è proprio disperato. Ma non è disperato il tuo Grido, "Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?". Anche se l'hai lanciato al Cielo duemila anni fa, non sei stato tu ad emetterlo in quel giovane disperato, senza casa, disoccupato, con il carcere duro: il 416 bis? Ma che colpa hanno i cinque figli che gridano impauriti alla presenza dei vigili urbani? e perché dobbiamo togliere loro la casa, quando già lui è povero e non ha nulla? Perché? E ad entrare c’è un altro povero, forse ancora più povero... Ma chi è il povero, chi è il senza Dio? Perché questi non hanno avuto la possibilità di conoscerti?

Forse, Signore, ti devo chiedere scusa, perché per troppo tempo sono stato fermo, chiuso nel mio io, non pensando che fuori di me c’erano fratelli che stavano ad aspettarti, che avevano bisogno d’incontrarti... ed io non ho fatto tutta la mia parte. Ti chiedo perdono, Signore, per l’amore che Tu mi hai donato e che io ho nascosto e non ho fatto vedere.

Certamente questo mio fratello adesso sta soffrendo perché forse anch’io ho le mie responsabilità. Pago anch’io per tutto quello che non ho fatto per loro; togli a me e da’ a loro; da’ soprattutto l’amore di cui necessitano. Chi colmerà il loro debito? Chi restituirà loro la pace, il lavoro, la sicurezza, l’amore?

Perdonami, Signore! Ho bisogno veramente di cambiare il mio cuore!».



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