Il Servizio diaconale nel celibato


TESTIMONIANZA
di Luca Garbinetto

La Pia Società San Gaetano è una congregazione religiosa nata a Vicenza per opera di don Ottorino Zanon (1915-1972). Nel 1963 partono i primi giovanissimi missionari diretti al sud Italia, in Calabria, a Crotone. E dal 1966 alcuni religiosi assumono la cura pastorale delle parrocchie tra i più poveri fra i poveri, in Guatemala, Argentina, Brasile. Manca però ancora qualcosa: il diaconato permanente. Don Ottorino aveva intuito la novità e l'originalità di questo ministero fin dall'inizio. Dopo il Concilio, con l'ordinazione dei primi 7 diaconi nel gennaio 1969, nella congregazione i preti e i diaconi diventano corresponsabili nella guida della parrocchia. Luca Garbinetto, presbitero della congregazione, ci tratteggia le interessanti esperienze che ci portano a riflettere su celibato e spiritualità diaconale.


La radice del carisma ottoriniano sta nella ricerca di un nuovo modo di vivere il ministero ordinato partendo dalla radicalità della vita consacrata. E una caratteristica essenziale della vita religiosa è la vita comunitaria. I religiosi della Pia Società San Gaetano vivono dunque in comunità, come preti e diaconi, assumendo insieme la cura pastorale delle parrocchie che vengono loro affidate. Cercano così di avviare una pastorale che si caratterizza per i tratti di diaconalità, espressi concretamente nella attenzione privilegiata agli ultimi, «di cui i giovani sono spesso il segno più drammatico» (Regola di Vita, Costituzioni, n. 21), e al mondo del lavoro. Il loro impegno è dunque quello di allargare, come a cerchi concentrici, nella comunità cristiana e nella. società in cui vivono, lo stile famigliare che li caratterizza. Esso si traduce sul piano pastorale nella pratica della conduzione comunitaria.
Preti e diaconi assumono così in maniera corresponsabile la guida della parrocchia. I documenti della congregazione parlano di "religiosi pastori" 1. Nonostante il termine "pastore" susciti qualche perplessità nella riflessione teologica, che restringe la comprensione del ministero ordinato all'ambito strettamente sacerdotale, possiamo invece dire che la presenza dei diaconi a fianco dei presbiteri aiuta a definire meglio la specificità del ministero degli uni e degli altri. Non è possibile infatti capire chi sono veramente i diaconi senza mettere in discussione l'impianto teologico e pastorale del ministero ordinato e della ministerialità nella sua interezza. Sembra infatti che la storia della Chiesa, per quasi un millennio e mezzo, abbia visto il progressivo accentuarsi della figura sacerdotale (si noti bene: non presbiterale, secondo la terminologia e la concezione tipicamente neotestamentaria), con la conseguenza di una sparizione quasi completa della specificità del diaconato, e un affievolimento anche del valore dell'episcopato. Non sembra esagerato affermare che l'annacquamento del ruolo diaconale nella Chiesa ha contribuito alla perdita di vista anche della presenza laicale, che si caratterizza nella Chiesa per la sua vocazione originaria e fondamentale: la chiamata al e nel battesimo, vissuta nell'ordinarietà dell'esistenza. I religiosi diaconi, vivendo e lavorando a fianco dei presbiteri, aiutano a delineare meglio l'identità, i compiti e le relazioni di quest'ultimi, e di riflesso anche le proprie e quelle dei laici..
È nel contesto delle relazioni nella Chiesa che possiamo comprendere meglio l'identità e il ruolo specifico di ogni ministero: nell'ambito relazionale, gli uni e gli altri si definiscono a vicenda. La Pia Società San Gaetano parla di due ministeri complementari. «Il presbitero serve significativamente la comunità cristiana come educatore alla fede, celebrando i sacramenti che uniscono l'esistenza concreta di tutti al sacrificio di Cristo e portando i fratelli all'unità» (RdV C16). E ancora: «Il diacono serve significativamente la comunità come educatore alla carità, chiamando ognuno al molteplice servizio verso tutti, specialmente i più bisognosi» (RdV C16).
Chiamare ognuno al molteplice servizio verso tutti, specialmente i più bisognosi, significa che il diacono con il suo ministero è per noi presenza centrale sacramentalmente significativa per una pastorale diaconale. «Il diacono, a partire dall'esemplarità del suo ministero distinto da quello presbiterale, educa ognuno a mettere a servizio di tutti, come Gesù sacerdote servo, i doni ricevuti fino al dono della vita, espressione suprema della carità. In particolare, l'ambito specifico dell'esercizio del ministero del diacono è la scoperta e la valorizzazione di tutti quei ministeri che danno organicità al servizio della carità e della promozione umana. Nella pastorale c'è anche il pericolo che la comunità cristiana si chiuda in se stessa e identifichi i suoi spazi con quelli liturgici o catechetici, esaurendo tutto nella sola e semplice autopromozione. Compete al diacono abbattere steccati e tenere la comunità sempre aperta alle provocazioni che vengono dall'esterno, dalla vita concreta della gente, dalla sofferenza, spesso scomoda degli ultimi. Con il suo ministero il diacono dà progressivamente una inclinazione diaconale alla pastorale, affinché tutta la comunità cristiana si ritrovi a pensarsi e a strutturarsi attorno al servizio dei poveri» 2.
Sul piano pastorale, emerge dal testo una prospettiva illuminante, se si pensa alle difficoltà che vivono molti sposati diaconi nei rapporti con i presbiteri, in particolare con il proprio parroco. Qui invece il rapporto tra prete e diacono è caratterizzato da reciprocità e corresponsabilità. Nella prospettiva della Pia Società San Gaetano rimane fuori di ogni dubbio che il riferimento teologico e pastorale radicale per il diacono, come per il presbitero, è ''l'episcopo''.
Dal punto di vista teologico, il ruolo di corresponsabilità non vuole mettere in dubbio la prassi ormai secolare di considerare il diaconato quale grado inferiore nel sacramento dell'ordine rispetto al presbiterato. Anche i religiosi ordinati presbiteri passano attraverso un periodo generalmente consistente di esercizio del diaconato transeunte. Questa prospettiva gerarchica, però, viene spogliata da ogni parvenza di carrierismo e di ricerca di potere. Il diaconato sta quindi alla radice del ministero ordinato, come espressione sacramentale della diaconia che è l'essenza dello stesso in ogni suo grado. Sebbene ogni ruolo di guida nella Chiesa richieda necessariamente un esercizio di potere, questo non è fine a se stesso, ma è servizio. Il servizio dà il colore giusto all'agire ministeriale della Chiesa. I diaconi lo esercitano assumendo le responsabilità che competono loro nella parrocchia e nella diocesi, in stretta collaborazione, nel confronto quotidiano e nell'armonica ricerca di un completamento reciproco con i presbiteri. Allo stesso tempo, fanno riferimento a un preciso mandato che viene dal vescovo, nel caso di assumere responsabilità e uffici a livello di Chiesa locale.
Non sembra quindi interessare ai religiosi diaconi la rivendicazione di una qualche co-presidenza della comunità cristiana a fianco del presbitero, che sarebbe poi da esprimersi nella celebrazione dell'eucaristia. Il rapporto con i confratelli presbiteri appare però marcato dalle caratteristiche della fraternità che si fonda nella comune consacrazione al carisma dell'unità nella carità, ma anche nella condivisione di un unico dono sacramentale, quello del ministero ordinato, espresso in modalità e gradi diversi, ma che ha comunque la sua pienezza e quindi il suo riferimento non nel presbiterato, bensì nell'episcopato. È per questo che si può parlare anche di una complementarietà nell'esercizio del ministero, poiché i presbiteri sono aiutati a non assumere ruoli e funzioni che non competono costitutivamente a loro. Possiamo dunque indicare come particolarmente significativa, nell'identità carismatica della Pia Società San Gaetano, la presenza non solo del religioso diacono, quanto piuttosto del binomio prete-diacono, che apre a orizzonti interessanti di rinnovamento la prassi pastorale ma anche la riflessione teologica circa il ministero.

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Note

1.- Il titolo del documento che orienta la prassi pastorale della congregazione, frutto del lavoro del VI Capitolo Generale (1997), è proprio: Il nostro essere religiosi pastori.
2.- Ib., p. 21-22.




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