Donati a Dio, in ascolto di Lui

torna all'indice



da Come il Padre ha amato me...
365 pensieri per l'anno sacerdotale
1. estate: l'essere


Agosto
19 - Professionisti del sacro?
20 - Perdersi in Dio
21 - Per amarti non ho che oggi
22 - È così bella Maria
23 - Realizzarsi nel "sì"
24 - Due poli d'unità
25 - Al di sopra di tutto e di tutti
26 - Dio e non le opere di Dio
27 - Nel campo gravitazionale di Gesù
28 - Perché raccontare la mia esperienza?
29 - La propria casa dovunque
30 - Non solo per i monaci
31 - Celibato, dono d'amore

Settembre
1° - Il "vuoto colmato"
2 - Solitudine, non vuoto
3 - Verginità: libertà
4 - Come madre e sorella
5 - Dammi il tuo cuore
6 - Nella famiglia "totale"
7 - La nuova "famiglia" dei preti
8 - Maria, tutta Parola di Dio
9 - Verginità ricca di opere
10 - Nella corrente della missione
11 - La novità del Mistero
12 - Santità nella propria condizione
13 - Unificare la vita
14 - Dio fa bene quello che fa
15 - Prendere con sé Maria
16 - Mettere ordine nel lavoro
17 - Cambia tutto in oro
18 - Ti dono la mia anima



_______________



19 agosto - Professionisti del sacro?

Nessuno è così vicino al suo signore come il servo che ha accesso alla dimensione più privata della sua vita. In questo senso "servire" significa vicinanza, richiede familiarità. Questa familiarità comporta anche un pericolo: quello che il sacro da noi continuamente incontrato divenga per noi abitudine. Si spegne così il timor riverenziale. Condizionati da tutte le abitudini, non percepiamo più il fatto grande, nuovo, sorprendente, che Egli stesso sia presente, ci parli, si doni a noi.
Contro questa assuefazione alla realtà straordinaria, contro l'indifferenza del cuore dobbiamo lottare senza tregua, riconoscendo sempre di nuovo la nostra insufficienza e la grazia che vi è nel fatto che Egli si consegni così nelle nostre mani.

Benedetto XVI
Missa Chrismalis, 20 marzo 2008

torna su



20 agosto - Perdersi in Dio

La misura di amare Dio è amarlo senza misura. Questo amore casto e senza misura porta l'uomo alla più intima comunione con Dio, all'incontro e all'abbraccio tra la libera volontà umana e la carità, dono di Dio. Quando si potrà fare esperienza di quest'impulso in base al quale lo spirito, inebriato d'amore per Dio, dimentico di sé, (...) si slanci tutto verso Dio e unendosi con Dio diventi un solo spirito con lui e dica: «La mia carne e il mio cuore sono svaniti; Dio è per l'eternità parte del mio cuore, Dio è parte di me stesso»?
Non esiterò a proclamare beato e santo colui al quale sarà stata concessa una simile esperienza in questa vita mortale magari di rado o anche una volta sola, e questo stesso addirittura di sfuggita, appena nello spazio di un solo istante. Ché perdere in certo modo te stesso, come se non esistessi, e non avere più affatto la sensazione di te stesso e svuotarti di te e quasi annullarti, è già un risiedere nel cielo.

San Bernardo di Chiaravalle
De diligendo Deo, nn. 16.27

torna su



21 agosto - Per amarti non ho che oggi

Tutti i santi e i grandi testimoni concordano sull'importanza del presente. Essi vivono uniti a Gesù ciascun momento della loro vita, secondo il proprio ideale incarnato nel loro essere. Per Ignazio di Loyola è Ad maiorem Dei gloriam, per Elisabetta della Trinità In laudem gloriae, per Giovanni Bosco Da mihi animas, per Madre Teresa è Misericordia. Per Raul Follereau è Gesù nei lebbrosi, per Jean Vanier Gesù negli handicappati mentali...
Impersonando, nell'attimo presente, il loro ideale, i santi vivono una vita che si realizza nella sua essenza. Scrive san Paolo della Croce: «Fortunata l'anima che riposa in sinu Dei, senza pensare al futuro, ma procura di vivere momento per momento in Dio, senz'altra sollecitudine che di far bene la sua volontà in ogni evento».
E Teresa di Lisieux afferma: «La mia vita è un baleno, un'ora che passa, è un momento che presto mi sfugge e se ne va. Tu lo sai, mio Dio, che per amarti sulla terra non ho altro che l'oggi».

Card. François-Xavier Van Thuan
Testimoni della speranza, Città Nuova, Roma 2008[10], p. 75

torna su



22 agosto - È così bella Maria

È così bella Maria nel perenne raccoglimento in cui il Vangelo ce la mostra: «Serbava tutte queste cose nel suo cuore». Quel silenzio pieno ha un fascino per l'anima che ama.
Come potrei vivere io Maria nel suo mistico silenzio quando la nostra vocazione è a volte parlare per evangelizzare, sempre allo sbaraglio in tutti i luoghi ricchi e poveri, dalle cantine alle strade, alle scuole, ovunque?
Anche Maria ha parlato. E ha dato Gesù. Nessuno mai al mondo fu apostolo più grande. Nessuno ebbe mai parola come Lei che diede alla luce il Verbo incarnato. Maria è veramente e meritatamente Regina degli Apostoli.
E Lei tacque. Tacque perché in due non potevano parlare. Sempre la parola ha da poggiare su un silenzio, come un dipinto sullo sfondo. Tacque perché creatura. Perché il nulla non parla. Ma su quel nulla parlò Gesù e disse: Se stesso. Iddio, Creatore e Tutto, parlò sul nulla della creatura. Come allora vivere Maria, come profumare la mia vita del suo fascino? Facendo tacere la creatura in me, e su questo silenzio lasciando parlare lo Spirito del Signore.
Così vivo Maria e vivo Gesù. Vivo Gesù su Maria. Vivo Gesù vivendo Maria.

Chiara Lubich
Scritti spirituali/1, Città Nuova, Roma 1991[3], pp. 31-32

torna su



23 agosto - Realizzarsi nel "sì"

L'unirsi a Cristo suppone la rinuncia. Comporta che non vogliamo imporre la nostra strada e la nostra volontà; che non desideriamo diventare questo o quest'altro, ma ci abbandoniamo a Lui, ovunque e in qualunque modo Egli voglia servirsi di noi. (...)
Nel "sì" dell'ordinazione sacerdotale, abbiamo fatto questa rinuncia fondamentale a voler essere autonomi, alla "autorealizzazione". Ma bisogna giorno per giorno adempire questo grande "sì" nei molti piccoli "sì" e nelle piccole rinunce. Questo "sì" dei piccoli passi che insieme costituiscono il grande "sì", potrà realizzarsi senza amarezza e senza auto commiserazione soltanto se Cristo è veramente il centro della nostra vita, se entriamo in una vera familiarità con Lui. Allora, infatti, sperimentiamo in mezzo alle rinunce, che in un primo tempo possono causare dolore, la gioia crescente dell'amicizia con Lui, tutti i piccoli e a volte anche grandi segni del suo amore, che ci dona continuamente. «Chi perde se stesso, si trova». Se osiamo perdere noi stessi per il Signore, sperimentiamo quanto sia vera la sua parola.

Benedetto XVI
Missa Chrismalis, 9 aprile 2009

torna su



24 agosto - Due poli d'unità


È necessario, con l'aiuto divino, realizzare l'unità nella propria vita. Lottare ogni giorno per salvarla, approfondirla o ricomporla.
Un cristiano deve scegliere due principali e decisivi poli di unità interiore:
- unire la propria vita alla Vita divina della Santissima Trinità che abita in noi;
- essere una cosa sola con Cristo, nel cui Corpo Mistico siamo inseriti fin dal battesimo.
I due poli, successivamente o congiuntamente, possono aiutarci immensamente a salvarci dalla dispersione che nel corso della giornata è solita agire in noi (…).
L'esperienza ci insegna che, malgrado le migliori intenzioni e i più incisivi appelli all'unità, possiamo terminare la nostra giornata da squartati, lasciando qua e là i nostri pezzi col passar delle ore. Senza perdere la serenità e la pace, riconosciamo come naturale che la creatura è creatura e l'argilla è argilla, e proviamo a salvare l'unità prima di addormentarci. Se non ci riusciamo, addormentiamoci tranquilli e fiduciosi nel fatto che, per reincontrarci con la Trinità e soprattutto con Gesù Cristo, sfrutteremo la Santa Messa del mattino dopo.

Dom Helder Camara
Roma, due del mattino. Lettere dal Concilio Vaticano II, San Paolo, Cinisello Balsamo 2008, p. 134

torna su



25 agosto - Al di sopra di tutto e di tutti

Al di fuori del buon Dio... niente è stabile, niente, niente! Se è la vita, passa; se è la fortuna, crolla; se è la salute, è distrutta; se è la riputazione, è intaccata. Passiamo come il vento... Tutto se ne va a grande andatura, tutto si precipita. Ah, mio Dio, mio Dio!, quanto sono da compatire coloro che mettono i loro affetti in ogni cosa!... Ve li mettono perché amano troppo se stessi; ma non si amano di un amore ragionevole; si amano con l'amore di se stessi e del mondo, ricercando se stessi, cercando le creature più di Dio. Per questo non sono mai soddisfatti, mai tranquilli; sono sempre inquieti, sempre tormentati, sempre sconvolti.

San Giovanni Maria Vianney
Primavera nell'anima. 100 pagine del Curato d'Ars, Città Nuova, Roma 2006, p. 34

torna su



26 agosto - Dio e non le opere di Dio

Durante la mia lunga tribolazione di nove anni di isolamento, in una cella senza finestre, a volte sotto la luce elettrica per molti giorni, a volte nell'oscurità, mi sentivo soffocare per il caldo e l'umidità, al limite della pazzia. (...) Non riuscivo a dormire, ero tormentato al pensiero di dover abbandonare la diocesi, di lasciar andare in rovina tante opere che avevo avviato per Dio. (...)
Una notte, dal profondo del cuore una voce mi disse: «Perché ti tormenti così? Tu devi distinguere tra Dio e le opere di Dio. Tutto ciò che hai compiuto e desideri continuare a fare: visite pastorali, formazione dei seminaristi, religiosi, religiose, laici, giovani, costruzioni di scuole, di foyers per studenti, missioni per l'evangelizzazione dei non cristiani... tutto questo è un' opera eccellente, sono opere di Dio, ma non sono Dio! Dio (...) affiderà le sue opere ad altri che sono molto più capaci di te. Tu hai scelto Dio solo, non le sue opere!». Questa luce mi ha portato una pace nuova...

Card. François-Xavier Van Thuan
Testimoni di speranza, Città Nuova, Roma 2008[10], pp. 61-62

torna su



27 agosto - Nel campo gravitazionale di Gesù

La sequela di Gesù Cristo significa che noi dobbiamo e possiamo intraprendere un cammino diretto contro la forza di gravità naturale, contro la forza di gravità dell'egoismo, della ricerca del materiale e del massimo appagamento del piacere, che viene confuso con la fortuna.
La sequela è un cammino attraverso le acque agitate e tempestose e noi lo possiamo percorrere solo se ci troviamo nel campo gravitazionale dell'amore di Gesù Cristo, con lo sguardo rivolto a lui e sorretti dalla nuova forza di gravità della grazia. Questa ci rende possibile il cammino verso la verità e verso Dio, che noi con le nostre forze non potremmo percorrere.

Card. Joseph Ratzinger
Servitori della vostra gioia, Ancora, Milano 2002, p. 81

torna su



28 agosto - Perché raccontare la mia esperienza?

I buoni godono all'udire i mali passati di chi ormai se ne è liberato; godono non già per i mali, ma perché sono passati e non sono più. (...)
Ma quale frutto si ripromettono da questo desiderio [di conoscere la mia storia]? Aspirano a unirsi al mio ringraziamento, dopo aver udito quanto mi avvicina a Te il tuo dono, e a pregare per me, dopo aver udito quanto mi rallenti il mio peso? Se è così, a loro mi mostrerò.
Non è piccolo il frutto, Signore Dio mio, quando molti Ti ringraziano per noi, e molti Ti pregano per noi. Possa il loro animo fraterno amare in me ciò che Tu insegni ad amare, deplorare in me ciò che Tu insegni a deplorare. Il loro animo fraterno lo potrà fare; non così un animo estraneo, dei figli di un altro, la cui bocca ha detto vanità, la cui mano è mano iniqua.
Un animo fraterno, quando mi approva, gode per me; quando invece mi disapprova, si contrista per me, poiché, nell'approvazione come nella disapprovazione, sempre mi ama. Se è così, a loro mi mostrerò.

Sant'Agostino
Le Confessioni, Libro X, 4.5

torna su



29 agosto - La propria casa dovunque

Chi segue Gesù, non lo segue per andare a vivere in un'abitazione (in una canonica per esempio), o al riparo di un recinto: chi segue Gesù segue Dio - e non ha, allora, un posto se non Dio stesso.
Se questo fatto, da un lato, lo si può vedere negativamente, come rinuncia a tutto, dall' altro lo si può vedere anche e soprattutto positivamente; tutti i luoghi del mondo, tutte le case del mondo, diventano nostri perché il Figlio dell'uomo è il padrone dell'universo e la sua casa non può essere una piccola casa di una piccola città. Chi segue Gesù trova la sua casa dovunque, trova la sua città dovunque, e così dovunque trova la sua famiglia e la sua patria.
Questo è un aspetto grandioso della vocazione: noi non seguiamo Gesù per un luogo determinato, per un'abitazione particolare, seguiamo Gesù per essere con lui figli suoi e fratelli suoi in tutto l'universo.

Pasquale Foresi
Problematica d'oggi nella Chiesa, Città Nuova, Roma 1970, pp. 94-95

torna su



30 agosto - Non solo per i monaci

È un fatto che per troppo tempo noi cristiani abbiamo considerato i consigli evangelici come privato appannaggio della vita religiosa consacrata. Si diceva: «Belli, i consigli evangelici, ma per i religiosi; per noi cristiani - o sacerdoti diocesani - che viviamo nel mondo, ci vuole un altro stile, un'altra spiritualità».
Ora, i consigli evangelici non sono affatto una pia pratica o un'invenzione ascetica riservata a qualcuno, bensì punti di passaggio obbligatori e vitali per autenticare con la vita l'invito ad essere, come cristiani, seguaci di Gesù.
Per Gesù non è mai stata una questione teoretica questa. Diceva: «Chi vuol venire dietro a me e non lascia padre, madre, fratelli, sorelle, moglie, figli, campi...; chi non rinunzia a se stesso, alla propria vita, non può essere mio discepolo». (...) È la condizione base che pone per iniziare l'avventura della sua sequela. Se vogliamo essere veri discepoli di Gesù, non possiamo percorrere un cammino che ignori i consigli evangelici.

Silvano Cola
Scritti e testimonianze, Gen's, Grottaferrata 2007, p. 73

torna su



31 agosto – Celibato, dono d'amore

Il celibato sacerdotale è il dono che prepara alla vita nei cieli. Il dono più grande che una persona può offrire a Gesù il giorno in cui diventa sacerdote è un cuore verginale, un corpo verginale. Noi lo chiamiamo celibato sacerdotale. È come l'amore verginale di Cristo per la sua Chiesa, che i sacerdoti rappresentano. La Chiesa è il corpo di Cristo, è la sposa di Cristo.
Il celibato non è soltanto la nostra capacità di dare, ma ancor più la nostra capacità di accogliere il dono di Dio, la scelta di Dio. Meditate devotamente sul fatto che Lui, il Creatore dell'Universo, ha tempo per voi, sue piccole creature.
Il celibato sacerdotale crea un vuoto che ci permette di ricevere l'altro dono meraviglioso che soltanto Gesù può offrire e regalare, il dono dell'amore divino. In primo luogo Gesù offre il prezioso dono di se stesso per un'amicizia con lui personale e fedele che dura tutta la vita, nella tenerezza e nell'amore. Nulla farà venir meno la sua fedeltà. Lui rimane fedele.

Beata Teresa di Calcutta
Solo per amore, Edizioni Paoline, Cinisello Balsamo, 1993, p. 202

torna su



1° settembre – Il "vuoto colmato"

Cari collaboratori di Cristo, voi avete detto "Sì" a Gesù e Lui vi ha presi in parola. La Parola di Dio è divenuta Gesù, il povero. Il vostro celibato sacerdotale è il terribile vuoto che sperimentate. Dio non può riempire ciò che è pieno. Può colmare soltanto il vuoto (…). Non si tratta tanto di quanto affermativamente "abbiamo" da dare, ma di quanto siamo vuoti, in modo da poter ricevere pienamente nella nostra vita e di far sì che Lui viva la sua vita in noi.
Oggi lui vuole rivivere in noi la sua completa sottomissione al Padre; consentitegli di farlo. Non importa quello che provate, ma ciò che egli sente in voi. Distogliete lo sguardo da voi stessi e rallegratevi di non avere nulla, di non esser nulla, di non poter far nulla. Ogni volta questa vostra nullità vi spaventa, fate un gran sorriso a Gesù. (…) Voi e io dobbiamo far sì che lui viva in noi e, attraverso di noi, nel mondo. Stringetevi alla Nostra Signora, perché anche lei, prima di diventare piena di grazia, piena di Gesù, ha dovuto attraversare questo buio. «Come è possibile?», ha chiesto. Ma nel momento in cui ha detto "Sì" ha sentito il bisogno di affrettarsi e di portare Gesù a Giovanni e alla sua famiglia.

Beata Teresa di Calcutta
Solo per amore, Edizioni Paoline, Cinisello Balsamo, 1993, p. 202-203

torna su



2 settembre - Solitudine, non vuoto

È vero: il sacerdote, per il suo celibato, è un uomo solo; ma la sua solitudine non è il vuoto, perché è riempita da Dio e dall'esuberante ricchezza del suo regno. Inoltre, a questa solitudine, che dev'essere pienezza interiore ed esteriore di carità, egli si è preparato, se l'ha scelta consapevolmente e non per l'orgoglio di essere differente dagli altri, non per estraniarsi dai suoi fratelli o per disistima del mondo. Segregato dal mondo, il sacerdote non è separato dal popolo di Dio, perché è costituito a vantaggio degli uomini, consacrato interamente alla carità e all'opera per la quale lo ha assunto il Signore.
A volte la solitudine peserà dolorosamente sul sacerdote, ma non per questo egli si pentirà di averla generosamente scelta. Anche Cristo, nelle ore più tragiche della sua vita, restò solo, abbandonato da quelli stessi che Egli aveva scelti a testimoni e compagni della sua vita e che aveva amati fino alla fine, ma dichiarò: lo non sono solo, perché il Padre è con me.

Paolo VI
Sacerdotalis caelibatus 58-59

torna su



3 settembre - Verginità: libertà

Ci sono due aspetti riguardanti la verginità: l'integrità del corpo e dello spirito, e la libertà che ne deriva e l'accompagna. Com'è evidente, non si tratta soltanto di valori spirituali: esse hanno una in discutibile rilevanza antropologica e psicologica.
Se si pensa all'integrità come "totale presenza a se stessi", nel senso ciceroniano, e "padronanza di sé" nel senso di libertà da condizionamenti dei sensi sia interiori che esteriori, non rimossi bensì coscienti, è facile capire che con esse si raggiunge la piena maturità della persona umana, ossia lo sviluppo nella sua totalità; con esse non si recupera soltanto la visione di Dio, ma si ha una lucidità psichica che fa vedere persone, avvenimenti e cose dall'Uno, perché l'uno si è raggiunto in se stessi e, con l'integrità dell'uno, si acquisisce uno stato di coscienza superiore grazie all'armonizzazione di tutte le facoltà.

Silvano Cola
Scritti e testimonianze, Gen's, Grottaferrata 2007, p. 83

torna su



4 settembre - Come madre e sorella

Per vivere nel celibato in modo maturo e sereno, sembra essere particolarmente importante che il sacerdote sviluppi profondamente in sé l'immagine della donna come sorella (...).
Senza dubbio "la sorella" rappresenta una specifica manifestazione della bellezza spirituale della donna; ma essa è, al tempo stesso, rivelazione di una sua "intangibilità".
Se il sacerdote, con l'aiuto della grazia divina e sotto la speciale protezione di Maria Vergine e Madre, matura in questo senso il suo atteggiamento verso la donna, vedrà il suo ministero accompagnato da un sentimento di grande fiducia proprio da parte delle donne, guardate da lui, nelle diverse età e situazioni di vita, come sorelle e madri (...).
Così, dunque, quelle di madre e di sorella sono le due fondamentali dimensioni del rapporto tra donna e sacerdote. Se questo rapporto è elaborato in modo sereno e maturo, la donna non troverà particolari difficoltà nei suoi contatti con il sacerdote.

Giovanni Paolo II
Lettera ai sacerdoti, Giovedì Santo 1995, nn. 4-5

torna su



5 settembre - Dammi il tuo cuore

Ti sei convinto che la castità è una virtù e che, come tale, deve crescere e perfezionarsi? Non basta, ripeto, essere continenti ciascuno secondo il suo stato: dobbiamo vivere castamente, con virtù eroica. Tale atteggiamento richiede un atto positivo, con cui accettiamo di buon grado la richiesta divina: Praebe, fili mi; cor tuum mihi et oculi tui vias meas custodiant, figlio mio, dammi il tuo cuore, e piacciano ai tuoi occhi le mie vie.
Ti chiedo ora: come affronti questa lotta? Sai bene che, se sostieni la lotta dall'inizio, sei già vittorioso. Allontanati immediatamente dal pericolo, appena avverti i primi segni della passione, e anche prima. Parla subito con chi ti dirige; meglio, parla prima, se è possibile, perché, se apri il cuore spalancandolo bene, non sarai sconfitto.

San ]osemaría Escrivá De Balaguer
Amici di Dio. Omelie, Ares, Milano 1992, pp. 212-213

torna su



6 settembre - Nella famiglia "totale"

L'uomo che è ordinato prete, (...) lascia la casa, e gli diviene casa il mondo: suo padre, sua madre, i fratelli non son più soltanto, o non sono tanto quelli con cui ha comune il sangue, ma quelli con cui ha meno comune la condizione (...): diseredati, ignoti, miseri che nessuno scorge. Si scioglie dalla famiglia particolare per divenire il ministro della famiglia totale.

Igino Giordani
Cattolicità, Morcelliana, Brescia 1938, pp. 215-216

torna su



7 settembre - La nuova "famiglia" dei preti

Come si può esigere dal sacerdote che lasci tutto: padre, madre, fratelli, campi... se non gli si offre una nuova famiglia, la vita di comunione fra i sacerdoti? Gesù non ha agito così!
Sì, ha chiesto ai suoi di lasciare tutto per seguirlo... ma contemporaneamente ha offerto e assicurato loro una vita a corpo, una nuova famiglia che arrivava fino alla comunione dei beni e che si attuava nella convivenza quotidiana con Lui. (...)
Urge far crescere questa comunione fraterna tra i sacerdoti, e in senso tanto concreto: dai soldi alla salute, dalla vita spirituale allo studio, avendo tra loro legami più forti, più vitali e concreti di quelli di una famiglia naturale. Sacerdoti, in altre parole, che vivano con Gesù in mezzo (cf Mt 18,20). (...)
Venendo a contatto con tanti sacerdoti, sentivo un'esigenza fortissima di aiutarli a trovare una casa, un posto dove vivere in famiglia. Mi sembra infatti che, se uno non ha una casa, un posto dove trovarsi in famiglia con altri, necessariamente va incontro a tanti problemi.

Toni Weber
L'ansia di Toni Weber. "Far casa ai sacerdoti", Città Nuova, Roma 1994, pp. 39-40

torna su



8 settembre - Maria, tutta Parola di Dio

Maria, incastonata come rara ed unica creatura nella Santissima Trinità, era tutta Parola di Dio, era tutta rivestita della Parola di Dio (cf Lc 2, 19.51). E se il Verbo, la Parola, è lo splendore del Padre, Maria, sostanziata di Parola di Dio, era pur essa d'una bellezza incomparabile. (...)
Del resto, che la Madonna sia tutta Parola di Dio lo dice, ad esempio, il Magnificat (cf Lc 1,46-55), la cui originalità sta appunto nel fatto di essere una successione di frasi della Scrittura. (...)
Dice san Massimo di Torino: «L'arca conservava nel suo interno la Legge, Maria portava in sé il Vangelo... dall'arca si sprigionava la voce di Dio, Maria recava in sé il Verbo, la Parola vera fatta carne».
L'originalità di Maria era - pur nella sua perfezione unica - quella che dovrebbe essere di ogni cristiano: ripetere Cristo, la Verità, la Parola, con la personalità che Dio ha dato a ciascuno.
Come le foglie di un albero sono tutte uguali eppure ciascuna è diversa dall'altra, così è dei cristiani - come, del resto, di tutti gli uomini -: sono tutti uguali eppure tutti diversi. Ciascuno, infatti, riassume in sé l'intera creazione. Perciò, essendo ciascuno "una creazione", è uguale agli altri e, al tempo stesso, diverso.

Chiara Lubich
Maria trasparenza di Dio, Città Nuova, Roma 2003, pp. 22-23

torna su



9 settemhre - Verginità ricca di opere

I vergini dell'uno e dell'altro sesso offrono un esempio mirabile di virtù ai fedeli presenti e futuri. Tuttavia il solo nome di vergine, se mancano le buone opere, non fa entrare nel regno dei cieli, perché può salvarsi colui che è veramente fedele, mentre non lo può affatto chi è fedele soltanto di nome, mentre in realtà, sulla testimonianza delle sue opere, è infedele.
Dunque nessuno vi seduca con discorsi sciocchi (Ef 5,6): l'uomo o la donna che porta il nome di vergine, non per questo ha messo in sicuro la propria salvezza, se non mostra opere piene di frutti, fulgide e conformi alla verginità. Nel Vangelo, infatti, il Signore chiama stolta una simile verginità che, priva di olio e di luce, resta fuori, esclusa dal regno dei cieli, allontanata dalla gioia dello Sposo e annoverata tra i suoi nemici. Perciò, chiunque ha professato davanti al Signore di conservare la castità, deve cingersi di ogni virtù santa, divina.

Pseudo-Clemente
Lettera ai vergini 2-3, La teologia dei Padri/3, Città Nuova, Roma 1975, p. 398

torna su



10 settembre - Nella corrente della missione

Vediamo se il versetto, che a suo tempo valeva per l'apostolo Paolo, ha validità anche a me: "Ed io gli mostrerò quanto dovrà soffrire per il mio nome" (At 9,16). Essere coinvolti nella corrente della missione significa senz'altro anche per noi essere coinvolti nella passione di Cristo.
Essere coinvolti nella corrente della missione significa anche essere coinvolti nell'ampia corrente di lavoro. Leggano nella Sacra Scrittura quanto questa missione sia stata impegnativa per gli apostoli. Non sono potuti restare con le mani in mano. Dovevano lavorare!
Già le diverse espressioni, le diverse formulazioni per il ministero apostolico e per quello missionario indicano vigorosamente questo: cavalieri di Cristo, soldati di Cristo (2Tm 2,3), lavoratori nella vigna del Signore (Mt 20,1-16), pescatori di uomini (Mt 4,19; Mc 1,17)... Se siamo inviati dobbiamo dunque compiere un serio lavoro, lavoro alle anime, anche se noi stessi dobbiamo lasciarci la pelle. Non è lecito cercare noi stessi.

Josef Kentenich
P. Wolf, Berufen - geweiht - gesandt, Ed. di Schönstatt, Vallendar- Schönstatt 2009, pp. 33-34

torna su



11 settembre - La novità del Mistero

«Non conformatevi alla mentalità di questo secolo, ma trasformatevi rinnovando la vostra mente, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto». Non stimate gli schemi della cultura dominante: bisogna stimare la sete e il grido della ricerca dell'uomo, non lo schema della sua cultura, in cui egli pretende di definire, ritenendosi "arrivato", le cose che lo pungolano. Non accettate gli schemi di questo secolo, ma trasformatevi in una metamorfosi continua, dove la categoria che domina è la novità, cioè l'avvenimento, un avvenimento continuo.
Trasformatevi rinnovando il vostro modo di misurare le cose, la vostra mente, il vostro modo di valutare, la vostra coscienza, onde discernere la volontà di Dio, onde percepire l'input che il Mistero dà al vostro istante, la spinta alla schiena, alle reni, la commozione del cuore che, nell'istante, il Mistero che opera attraverso lo Spirito, vi dà, onde, perciò, presentire e aderire a ciò che è veramente buono, gradito all'Essere, perfetto, fatto nella sua figura vera.

Luigi Giussani
Parole ai preti, SEI, Torino 1996, p. 64

torna su



12 settembre - Santità nella propria condizione

I laici ritengono che la santità consista in ferventi preghiere, nel fare prediche o nel ritirarsi dal mondo: essi si ispirano alle figure di preti o di religiosi dei tempi passati. I preti e i religiosi concepiscono la santità in termini di attività sociale o politica: vorrebbero competere con i laici. Eccoci piombati nel regno del caos!
Il mondo non si rinnova quando le persone concepiscono la santità come qualcosa di diverso dal compiere i doveri del proprio stato.
L'operaio si santificherà sul posto di lavoro, il soldato diventerà santo nell'esercito; il paziente si santificherà nell'ospedale, lo studente attraverso lo studio, l'agricoltore nella fattoria, il sacerdote attraverso il suo ministero, il funzionario nel proprio ufficio. Ogni passo in più sulla strada della santità è un passo nel sacrificio del compimento del proprio dovere.

Card. François-Xavier Van Thuan
Spera in Dio!, Città Nuova, Roma 2008, p. 25

torna su



13 settembre - Unificare la vita

Anche i presbiteri, immersi e agitati da un gran numero di impegni derivanti dalla loro missione, possono domandarsi con vera angoscia come fare ad armonizzare la vita interiore con le esigenze dell'azione esterna. Ed effettivamente, per ottenere questa unità di vita non bastano né l'organizzazione puramente esteriore delle attività pastorali né la sola pratica degli esercizi di pietà, quantunque siano di grande utilità. L'unità di vita può essere raggiunta invece dai presbiteri seguendo nello svolgimento del loro ministero l'esempio di Cristo Signore, il cui cibo era il compimento della volontà di colui che lo aveva inviato a realizzare la sua opera (...). E per poter anche concretizzare nella pratica l'unità di vita, considerino ogni loro iniziativa alla luce della volontà di Dio.

Concilio ecumenico Vaticano II
Presbyterorum ordinis 14

torna su



14 settembre - Dio fa bene quello che fa

Non spaventatevi del vostro fardello; Nostro Signore lo porta con voi. Il buon Dio fa bene quello che fa e, quando ad una giovane madre dà molti figli, vuol dire che la giudica degna di educarli. È un segno di fiducia da parte sua. Fate in modo che i vostri figli si ricordino un giorno molto più di ciò che vi hanno visto fare che non di quello che avete detto loro.
Gesù, unisco i miei dolori ai tuoi, le mie sofferenze alle tue. Fammi la grazia di trovarmi sempre contento nella situazione nella quale mi hai posto. Benedirò il tuo santo nome e tutto quello che mi accadrà.

San Giovanni Maria Vianney
Scritti scelti, Città Nuova, Roma 1975, p. 99

torna su



15 settembre - Prendere con sé Maria

Gesù morente si era rivolto a sua madre e, indicando Giovanni, le aveva detto: «Donna, ecco il tuo figlio» (Gv 19,26). Poi, guardando Giovanni, aveva aggiunto: «Ecco la tua madre» (Gv 19,27).
Lo sappiamo: in Giovanni, Gesù affidava in quel momento a Maria tutti noi cristiani; ma non si può negare che Giovanni era sacerdote. Dunque i sacerdoti hanno avuto da Gesù, in quel giorno, nella persona di Giovanni, un indirizzo, un invito, un comando: vedere in Maria la loro madre, prenderla con loro. (...)
Maria è di casa per i sacerdoti. I sacerdoti lo devono ricordare; ma anche se tristemente essi dimenticassero di prendere Maria con loro, la madre di Gesù non dimenticherà mai, per tutti i secoli, d'assolvere questo desiderio del Figlio suo morente. Maria è il validissimo aiuto che Gesù ha donato ai sacerdoti per il loro servizio alla Chiesa.

Chiara Lubich
Il sacerdote oggi, il religioso oggi, Gen's 12 (1982/6) p. 6

torna su



16 settembre - Mettere ordine nel lavoro

È vero che ci sono momenti e situazioni che esigono interventi urgenti e ritmi sostenuti. Ma ci sono anche altre circostanze e molte, erroneamente giudicate imprescindibili, nelle quali si perde tempo a scapito della vita spirituale e interiore. (...)
Molte anime sacerdotali si lasciano trascinare dalla corrente dell'attivismo, con il pretesto di ritenere doveri quelli che a volte non lo sono, che altre volte si potrebbero tralasciare o differire o, per lo meno, diminuire. Nella vita attiva è molto facile cadere in estremismi che si devono evitare ad ogni costo. È necessario che i sacerdoti non omettano la preghiera nella quale troveranno sempre luce e dalla quale attingeranno il rimedio per molti mali. Devono mettere Me al primo posto; ma per questo devono mettere ordine nella vita di lavoro. (...)
È bello, sì, donarsi agli altri senza misura, ma dopo aver rafforzato l'anima con l'azione dello Spirito Santo e aver ricevuto da Lui la sua purezza, la sua forza, la sua luce e il suo amore.

Conchita Cabrera De Armida
Sacerdoti di Cristo, Città Nuova, Roma 2008, pp. 310-311

torna su



17 settembre - Cambia tutto in oro

Uno che guarda un vetro,
può soffermarsi coi suoi occhi su di esso,
o, se vuole, può guardare oltre
e così scrutare il cielo.

Tutto può partecipare di Te:
niente può essere talmente misero
che con questo tocco: "Per Te"
non diventi luminoso e nuovo.

Un servo con questo spirito
rende divino il lavoro faticoso:
chi spazza la casa per fare ciò che vuoi Tu
rende sublime sia l'azione che la casa.

Questa è la famosa pietra
che muta tutto in oro:
poiché ciò che Dio tocca e gli appartiene
non può essere considerato da meno.

George Herbert
The TempIe. Classics of Western Spirituality, Paulist Press, New York-Ramsey-Toronto 1981, p. 311

torna su



18 settembre - Ti dono la mia anima

Padre mio,
io mi abbandono a te:
fa' di me ciò che ti piace!
Qualunque cosa
tu faccia di me,
ti ringrazio.
Sono pronto a tutto,
accetto tutto,
purché la tua volontà si compia in me
e in tutte le tue creature.
Non desidero niente altro, mio Dio.
Rimetto la mia anima nelle tue mani,
te la dono, mio Dio,
con tutto l'amore del mio cuore,
perché ti amo.
Ed è per me un'esigenza d'amore
il donarmi,
il rimettermi nelle tue mani
senza misura,
con una confidenza infinita,
perché tu sei il Padre mio.

Charles de Foucauld
Preghiera di abbandono


torna su
torna all'indice
home