Amati e chiamati

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da Come il Padre ha amato me...
365 pensieri per l'anno sacerdotale
1. estate: l'essere

Luglio
19 - Un nuovo orizzonte
20 - Non abbiate paura
21 - A mani vuote davanti all' Amore
22 -Il volto di Dio in Gesù
23 - Possiamo essere dei santi
24 - Debolezza e fortezza
25 - Memoria della nostra storia
26 - Lo sguardo d'amore di Dio
27 - Pietra preziosa
28 - Nelle braccia di Gesù
29 - Nulla è mai perduto
30 - La pace tra i fratelli
31 - Luce estesa quanto la vita

Agosto
1 - "Moltiplicare" il tempo
2 - La luce della preghiera
3 - Come in monastero
4 - Che "bella" vita!
5 - A tu per tu
6 - Il dovere più dolce
7 - Chiamati alla santità
8 - "Crearsi" nella preghiera
9 - Quel dialogo ininterrotto
10 - Problemi semplificati
11 - Una lampada per tutti
12 - Voglio te, solo te!
13 - Contare su Dio solo
14 - Dio si è recato all' ''inferno''
15 - Perché la voglio rivedere in te
16 - Solo Gesù è la vita
17 - Prova d'amore
18 - Unificare ogni cosa nella Trinità



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19 luglio – Un nuovo orizzonte

«Dio è amore; chi sta nell' amore dimora in Dio e Dio dimora in lui» (1Gv 4, 16). Queste parole della Prima Lettera di Giovanni esprimono con singolare chiarezza il centro della fede cristiana: l'immagine cristiana di Dio e anche la conseguente immagine dell'uomo e del suo cammino. Inoltre, in questo stesso versetto, Giovanni ci offre per così dire una formula sintetica dell'esistenza cristiana: «Noi abbiamo riconosciuto l'amore che Dio ha per noi e vi abbiamo creduto».
Abbiamo creduto all'amore di Dio - così il cristiano può esprimere la scelta fondamentale della sua vita. All'inizio dell'essere cristiano non c'è una decisione etica o una grande idea, bensì l'incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva (...). Siccome Dio ci ha amati per primo (cf 1Gv 4,10), l'amore adesso non è più solo un "comandamento", ma è la risposta al dono dell'amore, col quale Dio ci viene incontro.

Benedetto XVI
Deus caritas est 1

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20 luglio - Non abbiate paura

Se Dio ci ama tanto, al punto di farci suoi figli, che cosa potremmo volere di più? Se Dio mi ama e mi chiama figlio, tutto il resto per me ha poco valore.
Senz'altro, nessuna sofferenza, nessuna fatica, nessun sacrificio, neppure la morte, possono togliermi questa gioia interiore, questa felicità serena e sicura di sapere che sono figlio di Dio, e che lui mi ama.
Allora, comincio a capire meglio perché Gesù molte volte ha detto ai suoi discepoli: «Non abbiate paura!».

Card. Claudio Hummes
Sempre discepoli di Cristo, San Paolo, Cinisello Balsamo 2002, p. 147

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21 luglio - A mani vuote davanti all'Amore

L'Amore mi ha dato il benvenuto;
ma la mia anima si è tirata indietro,
colpevole di polvere e peccato.
Ma il fervido Amore, vedendomi svogliato
già dal momento che sono entrato,
mi si è avvicinato di più,
ponendo dolcemente delle domande:
se mi mancava qualcosa.

Un ospite, ho risposto,
che sarebbe degno di essere qui.
L'Amore ha detto: Tu sei questo ospite.
lo, il maleducato, l'ingrato?
Ah, mio caro, non riesco a guardarti.
L'Amore ha preso la mia mano,
e sorridendo ha risposto:
chi ha fatto gli occhi se non io?

Vero, Signore, ma essi sono miei.
Che la mia vergogna vada dove merita.
E tu non sai, dice l'Amore, chi ha portato la colpa?
Mio caro, allora ti servirò.
Devi sederti, dice l'Amore, e gustare la mia carne:
così mi sono seduto e ho mangiato.

George Herbert
The Tempie. Classics of Western Spirituality, Paulist Press, New York-Ramsey-Toronto 1981, p. 316

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22 luglio - Il volto di Dio in Gesù

Il Dio di Gesù Cristo non ha nulla a che vedere con ciò che dovrebbe e potrebbe fare un Dio come noi ce lo immaginiamo.
Dobbiamo immergerci sempre di nuovo, a lungo e con molta calma, nel vivere, parlare, agire, soffrire e morire di Gesù per riconoscere ciò che Dio promette e ciò che egli adempie.
È certo che noi possiamo vivere sempre vicini a Dio e in sua presenza, e che questa vita per noi è vita totalmente nuova; che per noi non esiste più nulla di impossibile, perché nulla di impossibile esiste per Dio; che nessun potere terreno ci può toccare senza che Dio lo voglia e che il pericolo e la tribolazione ci conducono solo più vicino a Dio; è certo che noi non dobbiamo pretendere nulla e che tuttavia possiamo chiedere ogni cosa; è certo che nella sofferenza è nascosta la nostra gioia e nella morte la nostra vita; è certo che in tutto questo noi ci troviamo in una comunione che ci sostiene.
A tutto questo Dio ha detto "sì" ed "amen" in Cristo. Questo "sì" e questo "amen" sono il solido terreno sul quale noi stiamo.

Dietrich Bonhoeffer
Resistenza e resa, San Paolo, Cinisello Balsamo 1988, p. 474

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23 luglio - Possiamo essere dei santi

Sì, possiamo essere dei santi, e dobbiamo tutti lavorare a diventarlo. I santi sono stati mortali come noi, deboli e soggetti alle passioni come noi, abbiamo gli stessi aiuti, le stesse grazie, gli stessi sacramenti...
Possiamo essere santi, perché mai il buon Dio ci rifiuterà la sua grazia per aiutarci a diventarlo? Egli è nostro Padre, nostro Salvatore e nostro amico. Egli desidera con ardore di vederci liberati dai mali della vita. Egli vuole colmarci di ogni sorta di beni, dopo averci dato, già in questo mondo, immense consolazioni, pregustazioni di quelle del cielo, che io vi auguro.

San Giovanni Maria Vianney
Primavera nell'anima. 100 pagine del Curato d'Ars, Città Nuova, Roma 2006, p. 75

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24 luglio - Debolezza e fortezza

L'ascetica esige fortezza, e il cristiano trova la fortezza nel Creatore. Siamo oscurità, ed Egli è vivissimo splendore; siamo infermità, ed Egli è vigorosa salute: siamo miseria, ed Egli è infinita ricchezza; siamo debolezza, ed Egli ci sostiene, quia tu es, Deus, fortitudo mea: tu sei sempre, mio Dio, la nostra fortezza.
Non c'è nulla quaggiù che possa opporsi allo sgorgare impaziente del Sangue redentore di Cristo. Ma la nostra piccolezza può offuscarci lo sguardo al punto di non avvertire più la grandezza divina. Ecco dunque la responsabilità di tutti i fedeli, specialmente di coloro che hanno il compito di guidare spiritualmente - di servire - il Popolo di Dio, di non soffocare le fonti della grazia, di non vergognarsi della Croce di Cristo.

San ]osemaría Escriva De Balaguer
È Gesù che passa, Ares, Milano 1992, p. 173

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25 luglio - Memoria della nostra storia

Quel Dio, del quale il mondo odierno si interessa così disperatamente poco, mi ha chiamato. Forse vale la pena, in questo contesto, richiamare brevemente alla memoria la storia della nostra personale vocazione al sacerdozio.
Dio mi ha chiamato, Deo gratias! È questo che voglio ripetermi, quando la mia vocazione comporta difficoltà, quando di tanto in tanto gusterò e attraverserò forti delusioni.
Non sono stato io a chiamarmi, Dio mi ha chiamato! Non è stata una qualsiasi terza voce che mi ha chiamato, no, la mia chiamata proviene da Dio! Deo gratias! Allora sopravvengano pure dure sfide - Dio che mi ha chiamato, rimarrà sempre con me. Non ha forse il Redentore, all'apice della sua vita, pronunciato una simile parola: «Colui che mi ha mandato non mi lascia mai solo! Egli è con me, perché faccio sempre ciò che a lui è gradito» (Gv 8,29)?

Josef Kentenich
P. Wolf, Berufen - geweiht - gesandt, Ed. di Schönstatt, Vallendar-Schönstatt 2009, pp. 30-31

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26 luglio - Lo sguardo d'amore di Dio

La vocazione è una chiamata di Dio, è uno sguardo d'amore di Dio che ha inizio, per noi, in un dato momento della vita, quando ce ne accorgiamo, ma che egli ha sempre avuto, prima ancora che nascessimo; anzi ci ha fatto nascere proprio per questo, per la vocazione, per il disegno che dobbiamo realizzare sulla terra. (...)
Chi sente la vocazione [a seguire Gesù], sente spesso timore, paura, certe volte anche il dubbio e il terrore: ma, quando la scopre, sente anche qualcosa di gioioso.
Il momento più bello, poi, non è quando l'anima scopre la chiamata di Dio, ma quando dice il suo sì, quando attua la chiamata di Dio, quando la sua volontà aderisce a quella di Dio.

Pasquale Foresi
Dio ci chiama, Città Nuova, Roma 2003, pp. 65.70

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27 luglio - Pietra preziosa

Perché tanto interesse dimostra la Chiesa per le vocazioni? Appunto per l'eccezionale valore che ogni vocazione sacra porta con sé. Come potrebbe essere indifferente, o negligente la Chiesa, madre e maestra delle anime, davanti a un tale fenomeno spirituale, in cui le più preziose virtualità d'un'anima si manifestano, ed in cui la grazia dello Spirito Santo viene in azione con modi e misure mirabili?
Noi pensiamo, a questo riguardo, alla parabola della pietra preziosa (Mt 13,46). Ogni vocazione al culto di Dio e al servizio della Chiesa merita la più viva attenzione da parte di chi coltiva o di chi osserva il giardino delle anime; essa realizza in grado eminente la fioritura del regno di Dio nel mondo, sia ecclesiale che profano; è un segno di presenza dell'Amore, che viene dall'alto; è un inizio di colloquio fra Cristo vivo e il popolo - la famiglia, la parrocchia, la diocesi.

Paolo VI
Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni, 1967

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28 luglio - Nelle braccia di Gesù

Dal tempo della venuta di Gesù, la storia della vocazione è storia della sequela. Noi seguiamo la nostra vocazione in quanto ci mettiamo al seguito di Gesù. E tale sequela è questione che riguarda esclusivamente la nostra libertà, la nostra risposta, ma è anche qualcosa di più di un'azione umana pura e semplice, compiuta con le nostre forze. La sequela di Gesù significa: lasciarsi cadere nelle sue braccia, lasciarsi portare da lui, confidare in lui.
Noi possiamo essere in lui e permettere che lui sia in noi. In lui, la vocazione non è più una pretesa eccessiva e opprimente, ma è un'impossibilità trasformata, redenta. La via per lasciarsi trasformare e redimere è indubbiamente la via della comunione con Gesù, del fidarsi di lui e del vivere con lui. Ciò significa, in ultima analisi, che la via della vocazione è la via della croce.
Lo stesso Gesù non lascia dubbio in proposito: «Se qualcuno vuol venire dietro di me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua».

Klaus Hemmerle
Scelto per gli uomini, Città Nuova, Roma 1995[2], p. 37

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29 luglio - Nulla è mai perduto

Non sempre potremo essere all'altezza della chiamata di Dio; in certi momenti si potrà non riuscire a seguire l'amore di Dio in tutta pienezza. Ma ciò non vuol dire che la vocazione sia andata perduta. Pietro rimane l'esempio vivo di quanto diciamo.
Non c'è miseria, non c'è debolezza umana che non consenta il pentimento, il guardare Gesù che passa - come fece Pietro - domandandogli perdono.
La grazia totale della vocazione piena è di nuovo infusa nell'anima e si ritorna discepoli di Cristo.

Pasquale Foresi
Problematica d'oggi nella Chiesa, Città Nuova, Roma 1970, p. 100

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30 luglio - La pace tra i fratelli

La pace tra i fratelli è volontà di Dio
e gioia di Cristo.
È perfezione della santità,
regola della giustizia,
maestra di dottrina,
salvaguardia dei costumi,
disciplina lodevole in tutte le cose.

San Pietro Crisologo
Discorso 53, PL 52, 347

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31 luglio - Luce estesa quanto la vita

Seduto lì [presso il fiume di Manresa, al pellegrino] cominciarono ad aprirsi gli occhi dell'intelligenza: non che avesse una visione; eppure capiva e conosceva molte cose, sia spirituali che di fede e di scienza, con una luce così grande che tutte gli sembravano nuove.
Né si possono descrivere tutti i particolari che allora capì, benché fossero molti; si può solo dire che ebbe una grande luce nell'intelletto. Tale che in tutta la durata della sua vita, fino ai sessantadue anni passati, pur volendo mettere insieme tutti gli aiuti ricevuti da Dio e tutte le cose imparate, sommando tutto, non gli sembra di aver ottenuto tanto quanto in quella sola volta.

Sant'Ignazio di Loyola
Racconto di un pellegrino, Città Nuova, Roma 1993, p. 83

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1° agosto - "Moltiplicare" il tempo

Un'esistenza contemplativa significa: scorgere in ogni cosa la presenza di Dio, farsi toccare e muovere da lui, farsi possedere e riempire dal Dio presente, dal Dio in Dio, dal Dio nel mondo, dal Dio nella Chiesa, nella comunità. In altre parole: dal Dio sopra di noi ed in noi, dal Dio fuori e laggiù, dal Dio in mezzo, nel centro. Quello che conta è non tralasciare nessuna occasione per stare con lui e rimanere presso di lui: attaccato all'"assoluto in mezzo".
Certo, questo "contemplativo" rimanere in Dio richiede del tempo. E sembra che noi non ne disponiamo. Non è però vero piuttosto che il tempo fugge via più veloce, quando riduciamo i nostri momenti dedicati alla contemplazione? Quanto più io ho cose da fare, tanto più ho bisogno di tempo per la preghiera. E allora avviene una sorta di "miracolosa moltiplicazione del tempo": grazie al tempo donato a Dio, vengo ad avere più tempo a mia disposizione o perlomeno un tempo migliore, più disponibile, più denso di amore da donare agli altri.

Klaus Hemmerle
Scelto per gli uomini, Città Nuova, Roma 1995[2], p. 108

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2 agosto - La luce della preghiera

La preghiera, o dialogo con Dio, è un bene sommo. È, infatti, una comunione intima con Dio. Come gli occhi del corpo vedendo la luce, ne sono rischiarati, così anche l'anima che è tesa verso Dio viene illuminata dalla luce ineffabile della preghiera.
Deve essere, però, una preghiera non fatta per abitudine, ma che proceda dal cuore. Non deve essere circoscritta a determinati tempi od ore, ma fiorire continuamente notte e giorno. Non bisogna infatti innalzare il nostro animo a Dio solamente quando attendiamo con tutto lo spirito alla preghiera.
Occorre che, anche quando siamo occupati in altre faccende, sia nella cura verso i poveri, sia nelle altre attività, impreziosite magari dalla generosità verso l'altro, abbiamo il desiderio e il ricordo di Dio, perché, insaporito dall'amore divino, come da sale, tutto diventi cibo gustosissimo al Signore. Possiamo godere sempre di questo vantaggio, anzi per tutta la vita, se a questo tipo di preghiera dedichiamo il più possibile del nostro tempo.

San Giovanni Crisostomo
Omelia 6, PG 64, 462-463

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3 agosto - Come in monastero

Quando immergiamo la mano
nel catino d'acqua,
quando attizziamo il fuoco
con la canna di bambù,
quando allineiamo interminabili colonne
di numeri sul tavolo di contabilità,
quando si è arsi dal sole
e sprofondiamo nel fango di una risaia,
quando dobbiamo lavorare
davanti alla fornace del fonditore,
se non realizziamo esattamente
la medesima vita religiosa
come se fossimo in preghiera in un monastero,
il mondo non sarà salvato.

Mahatma Gandhi
R. Voillaume, Come loro, Paoline, Roma 1963, p.93

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4 agosto - Che "bella" vita!

Se sapessimo quanto Nostro Signore ci ama, moriremmo di gioia! Non credo che ci sono cuori così duri da non amare, vedendosi tanto amati... L'unica felicità che abbiamo sulla terra, è di amare Dio e di sapere che Dio ci ama.
Unione con Gesù Cristo, unione con la croce: ecco la salvezza!
Essere amato da Dio, essere unito a Dio... Vivere in presenza di Dio, vivere per Dio: oh, bella vita... e bella morte... Tutto sotto lo sguardo di Dio, tutto con Dio, tutto per piacere a Dio... oh, quanto è bello!
L'uomo ha una bella funzione, quella di pregare e di amare... Ecco la felicità dell'uomo sulla terra.

San Giovanni Maria Vianney
Scritti scelti, Città Nuova, Roma 1975, p. 82

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5 agosto - A tu per tu

La preghiera personale è insostituibile, perché viene il tempo in cui ciascuno è chiamato a incontrare Dio a tu per tu, in un incontro spirituale. Questo può avvenire nell'intimità della propria stanza, o di fronte al tabernacolo, oppure anche sotto un albero, in cima a un monte, in riva al mare. Anche mentre si guida l'auto può succedere.
Avviene in vari momenti durante la Messa, per esempio mentre si prepara, prima della colletta, dopo le letture o l'omelia, certamente dopo la santa Comunione, e nel ringraziamento che segue la celebrazione eucaristica.
La nostra preghiera personale deve esserlo per davvero: deve sgorgare dal cuore. Si può esprimere a parole o senza; non può limitarsi a ripetere preghiere scritte da maestri spirituali o da Santi, anche se tali formule possono aiutare ad entrare nella preghiera personale.

Card. Francis Arinze
Riflessioni sul sacerdozio, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2008, p. 49

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6 agosto - Il dovere più dolce

Dio ha in noi il suo vivo strumento, il suo ministro, perciò il suo interprete, l'eco della sua voce; il suo tabernacolo, il segno storico e sociale della sua presenza nell'umanità; il focolare ardente d'irradiazione del suo amore per gli uomini. Questo fatto prodigioso comporta un dovere, il primo e il più dolce della nostra vita sacerdotale: quello dell'intimità con Cristo, nello Spirito Santo, e perciò con Te, o Padre (cf Gv 16,27); quello cioè di una autentica e personale vita interiore, non solo gelosamente custodita nel pieno stato di grazia, ma altresì volontariamente espressa in un continuo atto riflesso di consapevolezza, di colloquio, di amorosa, contemplativa sospensione. La ripetuta parola di Gesù nell'ultima cena: «Manete in dilectione mea» (Gv 15,9; 15,4; ecc.) è per noi. In questo anelito di unione con Cristo e con la rivelazione, da Lui aperta sul mondo divino ed umano, è il primo atteggiamento caratteristico del ministro fatto rappresentante di Cristo.

Paolo VI
Ordinazione di duecento presbiteri e diaconi, Bogotà, 22 agosto 1968

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7 agosto - Chiamati alla santità

Non sottolineeremo mai abbastanza quanto la nostra personale risposta alla chiamata alla santità sia fondamentale e decisiva. È questa la condizione non solo perché il nostro personale apostolato sia fruttuoso ma anche, e più ampiamente, perché il volto della Chiesa rifletta la luce di Cristo (cf LG 1), inducendo così gli uomini a riconoscere e ad adorare il Signore.
La supplica dell'apostolo Paolo a lasciarsi riconciliare con Dio (cf 2Cor 5,20) dobbiamo accoglierla anzitutto in noi stessi, chiedendo al Signore con cuore sincero e con animo determinato e coraggioso di allontanare da noi tutto ciò che ci separa da Lui ed è in contrasto con la missione che abbiamo ricevuto. Il Signore, siamo sicuri, è misericordioso e saprà esaudirci.

Benedetto XVI
Ai sacerdoti e diaconi della diocesi di Roma, 13 maggio 2005

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8 agosto - "Crearsi" nella preghiera

La preghiera sorge dalla santità di Dio e nello stesso tempo è la risposta a questa santità. Ho scritto una volta: «La preghiera crea il sacerdote e il sacerdote si crea attraverso la preghiera». Sì, il sacerdote dev' essere innanzitutto uomo di preghiera, convinto che il tempo dedicato all'incontro intimo con Dio è sempre il meglio impiegato, perché oltre che a lui giova anche al suo lavoro apostolico.

Giovanni Paolo II
Dono e mistero, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 1996, pp. 98-101

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9 agosto - Quel dialogo ininterrotto

Gesù non ha solo partecipato al culto divino ufficiale. Forse anche più di frequente gli Evangeli parlano della sua preghiera solitaria nella tranquillità della notte, sulla cima dei monti, nel deserto, lontano dagli uomini.
Quaranta giorni e quaranta notti di preghiera precedettero la sua azione pubblica e prima di scegliere e di inviare i suoi dodici apostoli si ritirò per pregare nella solitudine della montagna. Durante la preghiera sul monte degli Ulivi si preparò a salire sul Golgota e ciò che Egli in questa gravissima ora della sua vita chiese al Padre ci è stato trasmesso in alcune brevi parole, che possono guidarci come stelle nell'ora della nostra agonia: «Oh Padre, se vuoi allontana da me questo calice, ma non la mia, ma la tua volontà sia fatta». Queste parole sono come un lampo che per un momento illumina la vita più intima dell'anima di Gesù, il mistero insondabile del suo essere umano-divino, i suoi dialoghi con il Padre, dialoghi che sicuramente continuarono ininterrottamente per tutta la vita.

Edith Stein
La preghiera della Chiesa, Morcelliana, Brescia 1987, p. 23

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10 agosto - Problemi semplificati

La mia anima è ammalata gravemente. Ieri, appena tornato da Roma, ho sentito solo varie storie difficili: il problema del seminario, il problema della Congregazione dei Martiri, ecc., e ho avuto mal di testa. Mi è venuto in mente che non sono io il vero vescovo di questa diocesi, ma il vero vescovo è Gesù. Siccome lui mi ha dato i problemi, Lui mi darà anche la soluzione.
Certamente anch'io devo fare tutta la mia parte. Devo essere strumento della sua verità, bontà ed amore. La sera, ho rinnovato con decisione il proposito di tendere alla santità. Non devo rilassarmi nella vita di preghiera così come faccio. Devo veramente morire ogni giorno. Devo morire ogni giorno con Cristo.
Se faccio questo proposito e lo metto in pratica, i problemi si semplificheranno. Tendiamo alla santità. Anche il Papa ha sottolineato questo a noi vescovi nel maggio scorso.

Card. Stefano Kim
Fede e amore del card. Kim Sou Hwan/2, Diario 24.10.1984, Seoul 1997, p. 289

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11 agosto - Una lampada per tutti

Come se il mondo invecchiato fosse oppresso dal peso degli anni, si era annebbiata la visione di fede, si era fatta incerta ed oscillante la condotta di vita e languiva il fervore di ogni virile attività...
Ed ecco, Dio che ama gli uomini, dal segreto della sua misericordia provvide a suscitare nella chiesa nuovi Ordini religiosi, procurando per loro mezzo un sostegno alla fede come pure una norma per riformare i costumi. Non esiterei a chiamare i nuovi fondatori, con i loro veri seguaci, luce del mondo, indicatori della via, maestri di vita. (...)
Perciò Dio misericordioso suscitò la venerabile vergine Chiara e in lei fece splendere alle donne una chiarissima lampada; e tu, Padre beatissimo, ascrivendola al novero dei Santi, (...) hai posto questa lampada sul candelabro, perché faccia luce a tutti quelli che sono nella casa. (...)
Seguano dunque gli uomini i nuovi seguaci del Verbo Incarnato; e le donne imitino Chiara, impronta della Madre di Dio, nuova guida delle donne.

Autore anonimo
Legenda di Santa Chiara. Lettera introduttiva per il Papa, Fonti Francescane II, Assisi 1993, p. 1209

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12 agosto - Voglio te, solo te!

Tutti i desideri che mi distraggono
di giorno e di notte
in sostanza sono fasulli e vani.
Come la notte tiene nascosta nel buio
l'ansia della luce
così nel profondo del mio cuore
senza ch'io me ne renda conto
un grido risuona:
Voglio te, solo te!
Come la tempesta cerca la quiete
mentre ancora lotta contro la quiete
con tutte le sue forze
così io mi ribello e lotto
contro il tuo amore
ma grido che voglio te, solo te!

Rabindranath Tagore
Gitanjali (Offerta di canti), Baldini Castoldi Dalai, Milano 2006 [si trova anche su vari siti]

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13 agosto - Contare su Dio solo

Il cristiano conta per tutto su Dio solo, e niente su se stesso. Sì, è per mezzo della preghiera che tutti i giusti hanno perseverato...
Del resto, ci accorgiamo noi stessi che appena trascuriamo le nostre preghiere, perdiamo subito il gusto delle cose del cielo: pensiamo solo alla terra; e se riprendiamo la preghiera, sentiamo rinascere in noi il pensiero e il desiderio delle cose del cielo.
Sì, se abbiamo la fortuna di essere nella grazia di Dio, o faremo ricorso alla preghiera, o saremo certi di non perseverare per molto tempo nella via del cielo.

San Giovanni Maria Vianney
Primavera nell'anima. 100 pagine del Curato d'Ars, Città Nuova, Roma 2006, p. 26

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14 agosto - Dio si è recato all'"inferno"

La cella della fame non decretò la sconfitta di Dio, ma divenne un tabernacolo come se - intrufolatosi nell'umile cuore di un francescano Dio si fosse recato all'inferno. La presenza di Padre Massimiliano nel bunker fu necessaria per gli altri. Egli riuscì a rendere loro la pace ed essi si univano a lui e pregavano a voce alta. Si aveva l'impressione di essere in una chiesa.
I prigionieri morivano uno dopo l'altro e ne rimanevano solo quattro, tra i quali padre Kolbe, ancora in stato di conoscenza. Le SS inviarono un individuo per fare un'iniezione di acido fenico. Un testimone racconta: «Vidi padre Kolbe, in preghiera, porgere lui stesso il braccio... Non appena gli uomini delle SS se ne furono andati, entrai. Gli altri corpi erano stesi sul pavimento, con i volti che mostravano i segni della sofferenza. Padre Kolbe era seduto. Il suo corpo era pulito e luminoso. I suoi occhi erano aperti, il suo volto era puro, sereno, raggiante. Kolbe nell'offrire il braccio aveva detto: "Ave, Maria!"». Furono le sue ultime parole.

Dal racconto di un testimone oculare
E. Pepe, Martiri e Santi, Città Nuova, Roma 2006, pp. 472-473

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15 agosto - Perché la voglio rivedere in te

Sono entrata in chiesa un giorno
e con il cuore pieno di confidenza gli chiesi:
«Perché volesti rimanere sulla terra,
su tutti i punti della terra,
nella dolcissima Eucaristia,
e non hai trovato,
Tu che sei Dio,
una forma per portarvi e lasciarvi anche Maria,
la Mamma di tutti noi che viaggiamo?».
Nel silenzio sembrava rispondesse:
«Non l'ho portata perché la voglio rivedere in te.
Anche se non siete immacolati,
il mio amore vi verginizzerà
e tu, voi,
aprirete braccia e cuori di madri all'umanità,
che, come allora, ha sete del suo Dio
e della Madre di Lui.
A voi ora
lenire i dolori, le piaghe,
asciugare le lacrime.
Canta le litanie
e cerca di rispecchiarti in quelle».

Chiara Lubich
Scritti spirituali/1, Città Nuova, Roma 1991[3], p. 58

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16 agosto - Solo Gesù è la vita

Il successo della vostra azione sarà assicurato a misura che aumenteranno le riserve del vostro spirito. È infatti la vita interiore che darà forza all'apostolato, perché essa è la base della santità dell'operaio evangelico: lo premunisce contro i pericoli del ministero esteriore, rinvigorisce e moltiplica le sue energie, gli dà consolazione e gioia, rafferma la sua purità d'intenzione, è scudo contro lo scoraggiamento, è condizione necessaria per la fecondità dell'azione, attira le benedizioni di Dio, rende l'apostolo santificatore e produce in lui irradiamento soprannaturale. Dio vuole che Gesù dia la vita alle opere. Il Divino Maestro dicendo «Ego veni ut vitam habeant» (Gv 10,10), «Ego sum via, veritas et vita» (Gv 14,6), ha voluto scolpire nella mente dei suoi apostoli un principio fondamentale. Egli solo, Gesù, è la vita; di conseguenza, per partecipare a tale Vita e comunicarla agli altri, essi debbono essere innestati sull'Uomo-Dio.

Paolo VI
Al Pontificio Collegio Pio Brasiliano, 28 aprile 1964

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17 agosto - Prova d'amore

Sull'esempio di Gesù, il sacerdote, "amministratore dei misteri di Dio", è se stesso, quando è "per gli altri". La preghiera gli dà una particolare sensibilità verso questi "altri", rendendolo attento ai loro bisogni, alla loro vita ed al loro destino. La preghiera permette al sacerdote anche di riconoscere coloro «che il Padre gli ha dato». Questi sono, anzitutto, coloro che dal buon Pastore vengpno posti per così dire sul cammino del suo servizio sacerdotale, della sua cura pastorale. (...) Sono coloro che sono spiritualmente vicini, disposti alla collaborazione apostolica, ma anche i lontani, gli assenti, gli indifferenti, in uno stato di riflessione e di ricerca.
Come essere "per" tutti costoro - e "per" ciascuno di essi - sul modello di Cristo? come essere "per" coloro, che «il Padre dà a noi», affidandoceli come un impegno? La nostra sarà sempre una prova d'amore, - una prova che dobbiamo accettare, prima di tutto, sul terreno della preghiera. (...) E quando sembrerà che tale prova superi le nostre forze, ricordiamo ciò che l'evangelista dice di Gesù al Getsemani: «In preda all'angoscia, pregava più intensamente» (Lc 22,44).

Giovanni Paolo II
Lettera ai sacerdoti, Giovedì Santo 1987, nn. 11-12

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18 agosto - Unificare ogni cosa nella Trinità

Il sacerdote deve imitare il Padre, essendo anche lui padre nella sua purissima fecondità e nell'amore verso le anime, e con tutte le qualità di un padre, del Padre che è nei cieli, nel cui intelletto fu generato.
Deve imitare il Figlio, che sono Io, il Verbo fatto Uomo, trasformandosi in Me. Questo vuol dire non solo imitarmi, ma essere un altro Me sulla terra, per glorificare il Padre in ogni atto della sua vita e dare a Lui anime per il cielo. E deve imitare lo Spirito Santo essendo amore, diffondendo amore, facendo sì che le anime s'innamorino dell'Amore; fuso nella carità, compenetrato dall' amore, deve diffondere e testimoniare il Verbo mediante l'amore e unificare tutte le anime nella Trinità, che è totalmente amore, con tutte le infinite conseguenze che ne derivano. Unione: solidarietà nei giudizi, nelle opinioni, nelle decisioni: unificando tutto, intelligenze e cuori, nella Trinità.

Conchita Cabrera De Armida
Sacerdoti di Cristo, Città Nuova, Roma 2008, pp. 68-69


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