XV Domenica del Tempo ordinario


ANNO B - 15 luglio 2009
XV Domenica del Tempo ordinario

Am 7,12-15
Ef 1,3-14
Mc 6,7-13

IL DISCEPOLO SARÀ
UN POVERO TRA POVERI

L'esistenza profetica, come ben mostra la pagina di Amos, è costellata di momenti in cui emerge con drammatica evidenza il fatto che il servizio di YHWH non è mai una auto-candidatura. Il profeta non è tale per sua decisione o volontà. Amos lo dichiara apertamente: egli non era «né profeta, né figlio di profeta» (Am 7,14). Non c'era nulla nella sua biografia o vicenda personale che facesse pensare a un esito del genere. Amos fu preso di dietro al gregge. Era pastore e raccoglitore di sicomori. Il suo ministero è pura obbedienza a un comando di Dio. La sorgente e l'origine della sua missione non stanno dentro ai confini della sua persona. Pertanto solo YHWH può disporre della sua libertà e nessun'altro. Non v'è difficoltà o inciampo o persecuzione che possa fermare l'autentico inviato di Dio. Spesso il nostro ragionamento è opposto. Quanto più un uomo è convinto interiormente della propria scelta, tanto più vi sarà fedele. Ma occorre che sia una scelta davvero sua, nata nel cuore, non imposta dall'esterno. La dinamica della profezia è completamente diversa. La forza del veggente biblico è la forza stessa di colui che chiama e invia.

Se la prima lettura ci ha condotti a un possibile capolinea della missione profetica, il vangelo ci spinge a risalire fino a quell'origine cui abbiamo ripetutamente fatto riferimento. Gesù ha appena sperimentato un rifiuto radicale da parte dei suoi conterranei. La missione a Nazaret è fallita ma il seme della Parola deve essere sparso ovunque, fino a che non incontri un buon terreno. La regione in cui sono inviati i Dodici non è specificata. Non ha importanza. Non v'è luogo che sia escluso a priori dall'annuncio che libera dal male. Gli inviati ricevono infatti anzitutto potere sugli spiriti demoniaci. La loro missione sarà combattimento e lotta. Si compie la chiamata descritta in 3,14-15 dove i Dodici erano stati scelti precisamente per stare con il Maestro ma anche per essere inviati a predicare e scacciare i demoni.
Se nel nostro brano si accosta esorcismo e predicazione (vv. 7.12) è proprio a ragione del fallimento di Nazaret. Là Gesù aveva insegnato a cuori induriti e posseduti dallo spirito di questo mondo. La predicazione deve in qualche modo coincidere con una sorta di esorcismo. Si pensi a come esordisce Marco narrando l'ingresso di Gesù nella sinagoga di Cafarnao (1,21-28). Per questo, nel nostro racconto non si sottolinea l'annuncio del Regno ma piuttosto il combattimento contro le forze del male che impediscono l'ascolto e uccidono la fede.
I Dodici saranno soprattutto un sacramento del Maestro. Così possiamo intendere l'invio a due a due (v. 7). Solitamente il fatto viene motivato in base alla validità di una duplice piuttosto che singola testimonianza (Nm 35, 30 e Dt 17, 6). Ma l'invio a due a due evidenzia il carattere non individuale della missione. Torniamo così alla pagina di Amos. I due discepoli alludono alla presenza di un Maestro, dal quale sono inviati e che rappresentano. Sono un frammento di comunità. Già nel loro stile e reciproco rapporto si dovrà intravvedere quale nuova famiglia costituiscano. Nessuna auto proclamazione, di nuovo. Per essere soldati impegnati in una aspra campagna militare, i Dodici non brillano certo per equipaggiamento. Non prenderanno né abiti che possano tradire il loro status, né denaro e neppure nutrimento. Essi dovranno dipendere da chi li accoglierà e non avranno alcun strumento di persuasione per apparire o conquistare buona fama, quale è il denaro in ogni latitudine o longitudine. Sperimenteranno la nudità del loro Maestro il quale fu rifiutato in patria esattamente per la sua banalità, per la totale assenza di segni di potere. Essi sono inviati.

Possiedono solo ciò che hanno ricevuto da Cristo. Parlano del loro Maestro anche senza dire nulla. Come già detto, la loro semplice presenza sarà sacramento e rinvio a Colui che ha scelto questo modo per entrare nel mondo e nella storia. La fede che domandano ai loro ascoltatori è il midollo della propria missione. Non sarebbero lungo la strada se non per fede in chi li ha chiamati e inviati. Dalla loro povertà inizia la lotta a Satana e ai suoi strumenti di segno esattamente opposto: l'avere, il potere e l'apparire. I Dodici non avranno che sandali e bastoni, probabile riferimento al nuovo Esodo che si andrà compiendo grazie alla Pasqua definitiva in Cristo. Nel proseguo immediato del racconto non mancheranno riferimenti alla nuova manna, con la moltiplicazione dei pani (6,30-44) e a un nuovo attraversamento delle acque là dove Gesù cammina di notte sullo specchio agitato del lago (6,45-52). Occorre allora uscire dall'Egitto con i suoi simboli di potere e la sua logica di dominio. Possiamo comprendere così l'invito a rimanere presso la stessa casa fino a che non si cambi luogo. La missione non dovrà essere occasione di profitto. In caso di rifiuto, i missionari compiranno un gesto sobrio e inequivocabile che non indica minaccia o castigo ma una rottura di comunione tra annunciatore e destinatario dell'annuncio. Questa è la conversione che i Dodici predicheranno (v. 12): rifiuto del satanico e delle sue tipiche dinamiche di violenza e oppressione.



VITA PASTORALE N. 6/2009 (commento di Claudio Arletti,
presbitero della arcidiocesi di Modena-Nonantola)



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