Battesimo del Signore
Is 55,1-11
1Gv 5,1-9
Mc 1,7-11
LA VOCE STESSA DI DIO
Quando un uomo professa la propria fede di fronte all'agire misericordioso di Dio, le sue parole raccontano la grandezza di Colui che è il Salvatore e dicono l'identità di tale Salvatore. Le tante preghiere di lode che possediamo, le tante professioni di fede dell'Antico Testamento sono per noi fonte preziosa e via diretta di accesso al mistero di Dio. Oggi udiamo non la professione di fede di un uomo su Dio, ma la voce stessa di Dio su un uomo, voce che squarcia i cieli e chiama con il proprio nome il figlio diletto: «Tu sei il mio figlio amato». Le parole che il Padre pronuncia per il battesimo del Figlio sono le medesime che riassumono il senso del nostro battesimo. Quelle parole sono anche per noi, resi figli dal Figlio. Quelle parole, dunque, non vogliono parlare direttamente di Dio ma piuttosto sono dirette a noi. Sono il dono battesimale per eccellenza.
Sono parole fontali, sono le radici indispensabili ad ogni bambino che si avvia a crescere fino all'età adulta: «Tu sei il mio figlio amato. In te mi sono compiaciuto». Se ci riaffacciamo alla nostra esperienza, possiamo dare un nome al nostro passato e chiamarlo felice o triste a seconda di quanto le parole che ci erano rivolte e il loro significato si avvicinassero o si allontanassero dalla confessione d'amore che il Padre rivolge al Figlio. Il sale della vita sta nell'affetto che abbiamo ricevuto durante i primi momenti e i primi passi della nostra vita. Il nostro modo di guardare al futuro è nutrito di speranza, proprio nella misura in cui l'accoglienza che abbiamo ricevuto ci ha dato modo di credere alla possibilità di dare e di ricevere amore. È una sorta di debito o di credito che portiamo con noi.
Come sempre il vangelo, e soprattutto questa pagina di vangelo, viene a parlare al cuore dei nostri bisogni e delle nostre vere esigenze. Viene a colmare vuoti che non possono rimanere tali, pena una vita faticosa. Le parole del Padre non si appoggiano su di noi come un'affermazione superflua. Abbiamo bisogno di credere all'amore di Dio più dell'aria che respiriamo. Rinnovare il ricordo del proprio battesimo, allora, è riudire parole che ci conducono alle sorgenti della fiducia e della speranza. È riportare al cuore, ricordare la verità centrale della nostra fede, così come scaturisce dalla Rivelazione: noi siamo gli amati. Anche questa, seppure così desiderata, è una verità da credere. Non è semplice né immediato darvi credito. In fondo, essa cozza contro molte altre voci che, intorno a noi e dentro di noi, ci impediscono di ascoltare la voce celeste del Padre. Dentro di noi esiste un lato oscuro che può spingerci a rifiutare quello che siamo, quello che abbiamo raggiunto. Molta amarezza e molta sofferenza nella vita di un uomo nascono dal rifiuto di sé. Anche la logica competitiva che governa il mondo dello studio o della professione insinua in noi la convinzione che sia amato, sia riconosciuto degno di amore solo chi sovrasta gli altri e si impone per la propria bravura e le proprie qualità. Ogni volta che perdiamo il confronto con gli altri, la voce - che tende a sminuirci e a squalificarci - acquista vigore e forza.
Il nostro cercare successo e affermazione ad ogni costo non ha forse qui la sua radice? È come se inseguissimo affannosamente qualcosa, dimenticando che Dio vuole offrirlo a piene mani a ciascuno. La buona Novella, di cui il battesimo di Cristo rappresenta in qualche modo l'inizio, sovverte completamente ogni logica di merito e competizione: Dio ci ama e basta, al di là delle nostre prestazioni. «Tu sei il mio figlio amato»: è questo il lieto annuncio che deve accompagnare la nostra vita. Nessun fallimento può cancellare questa certezza. Essa in noi è Persona: il dono dello Spirito è il segno concreto e, allo stesso tempo, la voce che sussurra il nostro essere figli ed eredi, salvati per amore.
Ciò che il Padre dice viene come materializzato dalla divina colomba che si posa su Gesù. Dal cielo squarciato esce la voce ed esce lo Spirito. Quando pensiamo a che cosa significhi in noi la presenza dello Spirito santificatore, dal giorno del battesimo, possiamo paragonarla a una dichiarazione d'amore tangibile e concreta. Non solo una parola, ma una parola testimoniata da un fatto. Da Qualcuno che fa di noi un tempio. Il dono dello Spirito è la certezza di essere amati. Il contenuto della nostra fede battesimale, prima di essere una serie di dogmi da accettare e comprendere, è la sostanza della nostra relazione con Dio. Credere è credere di essere amati: questa è la verità fondante da sapere su Dio, da cui ogni altra prende sapore e importanza. Da questa verità, anche la nostra coscienza trae la forza di guidarci a essere figli e non servi, liberi e non schiavi di noi stessi.
VITA PASTORALE N. 1/2009 (commento di Claudio Arletti,
presbitero della arcidiocesi di Modena-Nonantola)
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